La metropolitana di Pechino: pulizia ed efficienza

Martedì 30 luglio 2019, è il giorno tanto atteso della visita alla Grande Muraglia, una delle sette meraviglie del mondo, un’attrazione che da sola che vale tutto il prezzo del viaggio. Siccome ho appuntamento con il tour organizzato alla periferia del distretto centrale di Dongcheng, sulla seconda circonvallazione di Pechino (la capitale è percorsa da cinque anelli di strade concentriche) decido di prendere la metropolitana, che avevo già assaggiato per qualche fermata il giorno prima. Al primo impatto due sono le cose mi colpiscono della metro pechinese: la pulizia pressoché immacolata delle strutture (nei sottopassaggi non si vede nemmeno l’ombra di una scritta con lo spray, così comuni e a me famigliari in Occidente) ed i controlli a tappeto che la polizia effettua ad ogni stazione con il metal detector. Il costo del biglietto della metro è davvero irrisorio (si parte da tre Renminbi Yuan cioè poco meno di quaranta centesimi!) se si pensa che è una delle più efficienti del mondo giacché collega praticamente ogni angolo della capitale, le scritte in inglese poi facilitano le persone come me che sono a digiuno di mandarino ed ideogrammi.

Mappa dell'efficientissima metropolitana di Pechino
Mappa dell’efficientissima metropolitana di Pechino

La Grande Muraglia di Mutianyu

Arrivato dinanzi allo Swiss Hotel, sede dell’appuntamento con il tour organizzato, decido di fare colazione da Starbucks, l’unico posto dove si può consumare una colazione “all’occidentale” (i locali infatti sono abituati a mangiare riso anche a colazione!), il prezzo di un cappuccino e un pezzo di porta è infatti piuttosto salato, sui sessanta Yuan (otto Euro). Durante il viaggio in pullman attraversiamo la periferia pechinese mentre una nebbia fitta che si potrebbe tagliare con un coltello, cala davanti alla nostra strada. La nostra guida Fred, che parla un inglese pressoché perfetto, ci dice di stare tranquilli perché quando arriveremo alla Grande Muraglia di Mutianyu (si trova a circa cinquanta chilometri a Nord di Pechino) il sole splenderà sulle nostre teste. Nei dintorni di Pechino ci sono ben nove tratti della Grande Muraglia visitabili che si estendono per oltre seicento chilometri. Mutianyu è quello più facile da raggiungere nonché meglio restaurato ed inserito in una cornice verde lussureggiante e fascinosa.

Come da accordi abbiamo circa tre ore di tempo per visitare in piena libertà la Grande Muraglia ma il caldo disumano (trentatré gradi e oltre il 90% di umidità!) e la folla rendono l’aria ed il clima decisamente irrespirabile. Assetato e attanagliato dal caldo riesco a percorrere il tratto che va dai torrioni 6 al 16 non riuscendo a raggiungere la vetta (situata sul torrione 23). Bagnato fradicio dal sudore mi calo lungo un simpatico percorso a toboga e raggiungo la base dove la guida, che mi aveva venduto per sbaglio un biglietto per studente (quando ho da anni terminato il mio percorso di studi!) per sdebitarmi mi rimborsa il dovuto e mi offre addirittura il pranzo: riso con pollo al curry! Vengo a conoscenza così per la prima volta in vita mia della generosità d’animo del popolo cinese, davvero grande.

Veduta della Grande Muraglia a Mutianyu
Veduta della Grande Muraglia a Mutianyu

Tienanmen e dintorni

Alle ore sedici faccio ritorno così a Pechino, nella centralissima Piazza Tienanmen, il cuore pulsante della capitale della Repubblica Popolare. Per attraversare questa immensa piazza ci metto quasi un’ora, tra file e gli onnipresenti controlli della polizia. Va detto che la polizia in Cina segue canovacci del tutto diversi da quelli occidentali: mentre da noi i pattugliamenti stradali sono molto frequenti, nella Terra di Mezzo le forze dell’ordine preferiscono rimanere stabili in determinati check point senza “invadere” le strade.

Nell’immensa piazza (880 metri x 550) si respira ancora un’aria un po’ da socialismo reale: i palazzoni in stile sovietico, i monumenti dedicati all’Esercito Popolare di Liberazione e al centro l’immenso mausoleo dove giace il corpo imbalsamato di Mao Zedong sembrano quasi congelare l’ambiente di questa piazza agli Anni Settanta. Il mausoleo è chiuso ma sulla mia guida leggo che ancora oggi si possono vedere persone, soprattutto anziane, commosse in lacrime dinanzi alla salma imbalsamata del Grande Timoniere. Questo conferisce l’idea su che personalità è stata Mao per i cinesi, una sorta di fusione tra Garibaldi e Cavour che nel 1949 ha saputo guidare il suo popolazione alla vittoria dopo cent’anni di tremenda oppressione straniera (prima il colonialismo europeo, poi quello nipponico non meno efferato) ed un’estenuante guerra civile con i nazionalisti di Chiang Kai-shek, poi ritiratisi con i suoi uomini sull’isola di Formosa, l’attuale Taiwan. In Occidente oggigiorno cerchiamo grossolanamente di bollare Mao come un feroce tiranno al pari di un Hitler ma la percezione in Cina è molto diversa: il Grande Timoniere è infatti considerato un simbolo da oltre un miliardo e mezzo di cinesi mentre a Taiwan, Chiang è stato rinnegato non solo da gran parte dei cittadini della Repubblica di Cina (la sua figura è stata addirittura tolta dalle banconote) ma addirittura dai suoi stessi eredi nel Koumintang!

Mentre il sole mi sta cuocendo la testa non mi pare vero che in questa piazza, quasi trentanni prima si era verificato uno degli avvenimenti più importanti della storia contemporanea della Cina. Chissà quale sarebbe stato il futuro della Cina se le proteste del settembre 1989 sarebbero andate a buon fine? In realtà in Occidente la faccenda di Tienanmen è stata sempre abbastanza ingigantita e deformata, e non solo le fonti filo governative a dirlo, comunque da prendere sempre con le molle, ma libri conosciuti e divulgati in tutto il mondo occidentale come ad esempio i Tienanmen Papers (considerato come una sorta di rivelazione definitiva di tutti gli eventi del settembre 1989) che non nutrono simpatia nei confronti del Partito Comunista Cinese. Le proteste popolari ci furono, è innegabile, ma esse furono prima montate e poi veicolate dai servizi segreti occidentali (CIA americana e MI6 britannico) e da un’ala del PCC (vicina al leader sovietico Gorbačëv) che intendeva liquidare il vecchio leader Deng Xiaoping, il successore riformatore di Mao Zedong, e consegnare la Cina definitivamente all’Occidente e alle sue multinazionali. Secondo i Tienanmen PapersI manifestanti erano infatti tutt’altro che pacifici, essendo muniti di armi chimiche, mentre un giornale pechinese (il Quotidiano del Popolo) fu contraffatto ad arte con lo scopo di disorientare le masse. Tienanmen non fu quindi una ribellione spontanea bensì la prima di una lunga serie di “rivoluzioni colorate” fomentate dai servizi occidentali con lo scopo di destabilizzare i paesi che non intendono sottostare ai diktat occidentali e al modello di globalizzazione liberista e capitalista.

L'Esercito Popolare di Liberazione raffigurato a Piazza Tienanmen
L’Esercito Popolare di Liberazione raffigurato a Piazza Tienanmen

Il polmone verde di Pechino (Parco Beihai e laghi Shichahai)

Lasciata alle spalle Tienanmen, mi reco nell’autentico polmone verde di Pechino, situato nelle immediato Ovest della Città Proibita: il parco Beihai e i laghi (Shichahai), composti da ben sei specchi d’acqua lacustri. Questa è la zona dove gli abitanti di Pechino si rilassano dopo un’estenuante giornata di lavoro; abituati a pensare che nella Repubblica Popolare Cinese si lavori con modalità e ritmi da caserma, la realtà parla invece di un monte lavorativo non è dissimile da quello dei paesi occidentali e che si aggira in media sulle sette/otto ore al giorno. Per tutti i quattro chilometri di camminata mi sono imbattuto in gruppi di locali intenti a svolgere le più disparate attività (canto, ballo, ginnastica, jogging, calcio, badminton, giochi da tavolo, pesca, tiro con la fionda…), la cosa che mi ha impressionato è che in tutto questo baccano, in questa frenesia, ci fosse una sorta di ordine armonico nel quale ogni singola persona trovava, all’interno del proprio specifico gruppo d’appartenenza, una suo ruolo ed una sua funzione.

Veduta del Parco Beihai
Veduta del Parco Beihai

Nel cuore della movida pechinese

La zona che si affaccia sugli Shichahai, composta anch’essa dai classici hutong anche se adibiti in gran parte per attività commerciali, è il centro della movida pechinese. Affacciati sul Lago Houhai una serie interminabile di locali ospitano concerti ed esibizioni di musica punk e rock cinese, affollati dalla “gioventù bene” della capitale tutta tatuaggi e capigliature ardite. Non sono un grande intenditore di musica cinese però sentendo alcune melodie mi sembra evidente che anche in questo campo i cinesi abbiano mixato la musica rock e punk occidentale con le loro sonorità tradizionali. Il Kao Rou Ji è un altro ristorante gestito della minoranza musulmana cinese, qui questa volta invece che gustare il montone mi mangio una mezza porzione della famosa anatra laccata “alla pechinese”. La particolarità di questa pietanza è che nella capitale essa è arrostita in un forno a legna alimentato da alberi da frutto (soprattutto il giuggiolo) che le conferisce un sapore croccante ed un colore ambrato molto invitante. Di solito l’anatra alla pechinese viene servita con un’immancabile set di salse (molto buona quella alla soia) ed una sorta di crêpe molto gustosa. Dopo aver trangugiato la buonissima anatra ed aver affrontato la folla attraverso gli hutong della zona, la metropolitana mi riporta in albergo: l’ultimo giorno di luglio sarà anche il mio ultimi giorno nella capitale!

La movida pechinese sugli Shichichai
La movida pechinese sugli Shichichai

(Fine 2a puntata)

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