A colloquio con un cinese
Lunedì 5 agosto è il giorno in cui devo lasciarmi alle spalle Dandong e le avventure sinocoreane per dirigermi a Shenyang, il cuore della Manciuria e capoluogo della regione del Liaoning. Il treno parte alle 10.30 per cui posso svegliarmi in tutta calma, consumare la colazione da Starbucks (salatissima, ma è l’unico posto dove si può consumare una colazione seria) e andare in banca a cambiare ulteriori Yuan. Ci metto circa due ore per arrivare a Shenyang, durante il viaggio sono seduto accanto ad un cinese che ha lavorato per anni in Germania e che ha anche amici che vivono in Italia (a Como se ricordo bene). E’ la seconda volta, da quando sono nella Terra di Mezzo (la prima era sul treno per Dalian), che chiacchiero e mi confronto con un cinese e la cosa mi incuriosisce non poco anche perché la persona che ho al mio fianco conosce bene l’Occidente.
Scopro così che anche lui l’anno scorso era stato a Sinuiju a riassaporare un po’ di socialismo reale nella RPDC (“eh! Molti cinesi vanno in Corea del Nord”), dal dialogo che ho avuto con quest’uomo (di cui non ricordo né il nome né il cognome) è emblematico di come i cinesi percepiscano il loro paese ed il nostro mondo. Sul sistema cinese: “La Cina – mi dice – è un paese dove il capitalismo è in equilibrio con i principi del socialismo e dove lo Stato riesce a garantire tutti i servizi essenziali in modo efficiente”. Sulla sua esperienza in Germania: “In Germania la corruzione era alle stelle e, ad alti livelli, spesso impunita, in Cina invece le punizioni sono immediate e severe. Ho vissuto quasi vent’anni in Germania, ho sempre mantenuto la cittadinanza cinese, non mi sono affatto pentito di essere tornato a casa. In Cina la criminalità è quasi assente e i cittadini si sentono protetti al contrario di quanto succede in Europa” Infine una piccola chiosa sugli Stati Uniti, secondo il nostro cittadino: “Sono il nemico per eccellenza della nostra nazione a prescindere da chi siede alla Casa Bianca!”.
Shenyang: dalla Dinastia Qing al Manciukuò
La città di Shenyang (che significa “la città a Nord del fiume Shen”) divenne importante nel XVII secolo quando fu scelta come la capitale dell’Impero Manciù sotto la dinastia Qing, dopo il 1644 quando anche Pechino cadde sotto controllo mancese, diventa la seconda capitale dell’impero con il nome mancese di Mukden (“la florida capitale”). I manciù, una popolazione di origine tungusa, progressivamente adottarono la lingua e i costumi cinesi tanto che oggidì le persone che parlano questa lingua si contano sulle dita di una mano. Il 18 settembre 1931 la città fu teatro del cosiddetto “Incidente di Mukden“: una bomba collocata da mani ignote fece esplodere un settore ferroviario, fu il casus belli che i giapponesi colsero per annettersi la regione creando lo stato fantoccio del Manciukuò con la collaborazione dei deposti ufficiali della Dinastia Qing. Fu messo così al trono Pu Yi, ovvero l’ultimo imperatore della Dinastia Qing che in realtà era un semplice burattino in mano ai nipponici.
Questo stato fantoccio disponeva anche di un vero e proprio esercito, l’Esercito Imperiale del Manciukuò, che era controllato dalle autorità nipponiche ma aveva al suo interno anche una sorta di suddivisione per gruppi etnici: oltre che da abitanti della Manciuria questo esercito poteva contare su un nutrito stuolo di coreani e mongoli che le autorità nipponiche aizzavano nella loro politica di divide et impera promosso in loco. I mongoli ad esempio venivano impiegati per aizzare e provocare i sovietici nelle zone contese di confine mentre i coreani venivano impiegati nel rastrellamento di quei connazionali (come Kim Il Sung) che in Manciuria stavano organizzando la resistenza contro il Giappone sotto la bandiera comunista. Tra questi coreani, di sentimenti nazionalisti e filofascisti che collaboravano con le autorità imperiali, figurava anche un personaggio semisconosciuto in Italia ma che ha avuto un ruolo importantissimo nella storia dell’Estremo Oriente. Stiamo parlando di Park Chung Hee, un generale che dal 1963 al 1979 è stato il capo assoluto della Corea del Sud e che con le sue politiche ha letteralmente trasformato un paese agricolo e arretrato proprio prendendo a modello l’organizzazione che i nipponici avevano implementato nel Manciukuò, soprattutto per quanto concerne il controllo statale sul processo di industrializzazione. Recentemente la figlia di Park Chung Hee, Park Geun Hye è stata anche presidente della Corea del Sud, segno che questo controverso personaggio goda ancora di molti consensi presso alcuni suoi compatrioti.
Il Palazzo Imperiale, una “Città Proibita in miniatura”
Dopo l’avvento al potere dei comunisti di Mao Zedong, i principali collaboratori cinesi dei nipponici come Xi Qia, Zhang Jinghui furono imprigionati al Centro di detenzione dei criminali di guerra di Fushun mentre i coreani furono installati sotto il 38° parallelo in chiave anticomunista dove tutt’oggi condizionano fortemente la vita del paese asiatico. Sotto l’epoca maoista a Shenyang fu mantenuta l’impalcatura industriale avviata dai nipponici e la città divenne il cuore dello sviluppo dell’industria pesante nel Nord-Est (la cosiddetta “cintura della ruggine”), basti pensare che all’epoca del Grande Timoniere tutta la zona di Shenyang era per essere una delle aree più prosperose di tutta la Repubblica Popolare mentre negli ultimi trent’anni è diventata una delle aree più arretrate della nuova Cina. L’impressione che ricavo da Shenyang non appena esco dalla Stazione Centrale dei treni per dirigermi verso l’albergo è proprio questa: una sorta di Manchester o Sheffield cinese dove i lunghi viali e gli imponenti blocchi di appartamenti in pieno stile socialista la fanno da padrone. Dopo un breve spuntino a pranzo decido di dedicare il mio intero pomeriggio a quella che è l’unica vera attrazione di questa città di circa otto milioni di abitanti, il Palazzo Imperiale, una sorta di Città Proibita in Miniatura costruito nel 1625 sotto la dinastia Qing non appena la città venne scelta come capitale dall’imperatore manciù Nurhachi. Di questo palazzo ricordo che erano particolarmente belli da fotografare erano i tetti “alla orientale” ed i dragoni che ornavano gli stipiti delle porte.
Da città operaia a… città dello shopping!
Shenyang, che all’apparenza sembra una grigia e sonnolenta città operaia, diventa particolarmente spettacolare dopo le sette al calar del sole, quando gli immensi palazzi del centro cittadino si illuminano e le strade si affollano di persone. La centralissima Chaoyang Street, come altre lunghe strade del centro cittadini, è stata interamente pedonalizzata, questa via è letteralmente circondate da centri commerciali di quattro-cinque piani dove si possono trovare prodotti di pregevole qualità (Apple, Nike, Adidas) e ristorantini che possono soddisfare tutti i gusti. Ma non è finita qui: sotto il livello del suolo è stata anche scavata una galleria lunga qualche chilometro dove vengono ospitate le classiche bancarelle che vendono dolciumi o souvenir da pochi Yuan. In Cina il principio del “ciascuno al suo posto” sembra davvero trovare la sua applicazione nella realtà. Anche la metropolitana di Shenyang, seppur molto affollata, non ha nulla da invidiare a quelle che ho potuto ammirare a Pechino o Dalian.
A cena, alla scoperta degli jiaozi (ravioli)
Per cena mi reco in quello che viene considerato il ristorante più antico e famoso della città, il Laobian Dumpling (aperto nel 1829), che tra l’altro si trova a pochi passi dal mio albergo, lo Shenyang Ramada Plaza. Questo locale si trova al secondo piano del Laobian Hotel ed è specializzato nella produzione di ravioli (jiaozi) che possono essere serviti bolliti, al vapore, brasati (in cinese gaotié) oppure all’uovo. Di solito il ripieno è formato da carne tritata (maiale, bovino, agnello, pollo) oppure da molluschi o curry. Questi fagottini sono sempre accompagnati dall’immancabile salsa alla soia che conferiscono a questo pasto un sapore molto particolare ed intenso: per una birra e un piatto di ravioli si paga davvero un’inezia, 35 Yuan (4,5 Euro all’incirca) e parliamo di uno dei ristoranti più rinomati di tutta la città. La serata si conclude con una breve capatina nei numerosi centri commerciali che compongono Chaoyang Street, riesco anche a mangiare due palline di gelato artigianale in cono, una pietanza che in Cina è molto raro trovare e che infatti ho pagato all’incirca lo stesso prezzo che c’è in Italia. Il giorno dopo terminerò di visitare Shenyang e nel pomeriggio inizierò la lunga marcia verso quello che è una sorta di Parco della Vittoria del mio viaggio: il Changbai Shan.
(Fine 9a puntata)
Le puntate precedenti:
- Pechino: alla scoperta degli hutong
- Pechino: dalla Grande Muraglia a Tienanmen
- Pechino: rievocando i fasti imperiali
- Dalian: la città dei record
- Dalian: un circondario che pullula di storia
- Dandong: una finestra sulla Corea del Nord
- Si sconfina nella Corea del Nord
- Si sconfina nella Corea del Nord (2a parte)