Non si conoscono ancora i particolari del delitto che ha portato alla violenza sessuale e poi alla morte della minorenne di Cisterna di Latina, la povera Desirèe Mariottini, la cui vita è stata stroncata alla misera di sedici anni, martedì scorso a Roma, nel quartiere di San Lorenzo.
Le prime testimonianze avrebbero narrato di un gruppo di stranieri composto da almeno tre o quattro elementi, che avrebbero assaltato la ragazza violentandola a turno. A riferirlo alle forze dell’ordine un ragazzo senegalese, che avrebbe ascoltato la storia da un’altra ragazza presente nello stabile abbandonato di San Lorenzo, dove la minorenne si era recata, presumibilmente per una festa.
Le violenze sarebbero state confermate dall’autopsia del medico legale, da confermare invece quanto raccontato dalla ragazza circa la possibilità che la povera Desireé fosse stata drogata prima di essere abusata dai dei delinquenti, ancora oggi ignoti.
Il delitto è stato in queste ore associato a quello che portò alla morte di Pamela Mastropietro, ragazza romana uccisa a Macerata, dove risiedeva per curarsi dalla tossicodipendenza, per mano di un gruppo di nigeriani, che l’avevano colpita alla tempia e poi colpita con delle coltellate al fegato per poi fare il cadavere a pezzi.
È troppo presto per parlare di similitudini, tuttavia bisogna precisare che ancora oggi il movente dell’omicidio di Pamela resta ancora poco chiaro: dall’ipotesi legata alla droga, mai confermata, passando dallo stupro che gli inquirenti non hanno mai potuto verificare a causa dell’opera di pulizia che Oshegale, Desmond e Lucky hanno effettuato sul cadavere, fino all’ipotesi dello scopo religioso: esistono tribù in nigeria che praticano il cannibalismo per oscure pratiche di magia.
Nel caso di cisterna di Latina tuttavia è molto chiaro il movente dello stupro, mentre la droga può essere stata chiaramente un mezzo per poter controllare la minorenne, nel caso di Pamela invece neanche questo punto è chiaro. Tuttavia esiste una similitudine, che resta un campanello di allarme per l’ordine pubblico: Pamela e Desireé non sono state le uniche ragazze cadute vittima di una gang di origine straniera, basta ricordare il caso della turista polacca Rimini assaltata selvaggiamente da due marocchini, un nigeriano e un congolese, tre dei quali minorenni.
Una statistica dello scorso anno ha fatto emergere che ben quattro casi di stupro su dieci, sono compiuti da stranieri, un numero abbastanza elevato, che deve far riflettere sul modo in cui è stato gestito il fenomeno delle immigrazioni di massa negli ultimi vent’anni. Prima sottovalutato, poi sottoposto alle speculazioni dei soliti furbetti, che ne hanno fatto un fruttuoso business. Ma attenzione: governare e regolamentare il fenomeno, per allontanare chi non può integrarsi o ha già la fedina penale sporca, non vuol dire accarezzare idee xenofobi o deliri del genere, significa mettere dei paletti sia per quanto riguarda le richieste di asilo sia per quel che concerne le dinamiche degli irregolari. Una battaglia che l’Italia sta attualmente combattendo da sola, stritolata dal finto e strumentale cosmopolitismo dei paesi ricchi dell’Ue da un lato e dallo sciovinismo di quei populismi del nord e dell’est, che più che interessati alla democrazia all’interno dell’Ue e alla libertà dei popoli, sembrano interessati al loro piccolo nazionalismo da provincia dell’impero, vedasi Kurz e Orban.
Tutto ciò purtroppo non ha evitato il solito sciame politico attorno alla vicenda, che ha condotto già lo scorso febbraio a uno scontro molto teso attorno alla città di Macerata. Oggi tutta la solita pletora di antifa e di gruppi radicale è scesa in piazza per protestare contro l’arrivo del Ministro degli Interni Salvini sul luogo del delitto, che aveva l’intenzione di deporre una rosa in nome della ragazza. Un “antifascismo” cacio sui maccheroni inopportuno e del quale i cittadini che si sono recati alle urne hanno dimostrato di non avere bisogno, e spesso anche di mal tollerare. Una difesa d’ufficio per chiunque non sia italiano che ormai ha ridotto l’ANPI e i movimenti politici che seguono questo andazzo al ruolo di macchietta, o magari di utile idiota. Una difesa d’ufficio sulla quale bisognerà però far chiarezza, se è vero, come si evince dalle parole del ministro dell’Interno che lo stabile abbandonate adibito ai festini e allo sballo a base di tossici fosse di proprietà del fratello di Walter Veltroni, ex segretario del PD e storico dirigente della sinistra italiana.