Al netto di qualche dichiarazione anti-banche dell’opinione pubblica italiana, secondo cui non bisognerebbe spendere soldi per salvare alcuna banca, la realtà invece ci dice che far fallire anche solo una banca non solo fa perdere il posto di lavoro ai dipendenti, ma  il rischio concreto è quello di innescare una crisi di tutto il sistema bancario, a causa delle mancate garanzie di solidità e di fiducia.

Per queste ragioni, nessun governo si prenderà mai questo altissimo rischio e tenterà in tutti i modi di salvare la banca in crisi. Il buon operato del governo, tuttavia, si nota sulle modalità del salvataggio.

Posto che lo sborso di denaro pubblico è inevitabile, la scelta può dunque vertere tra un bail-in, cioè un intervento con i soldi dei risparmiatori, spalmato tra azionisti, obbligazionisti e correntisti, e un bail-out, cioè un intervento diretto dello Stato. È il primo il caso delle famose quattro banche salvate dal governo Renzi alla fine del 2015 con un decreto che anticipò l’applicazione della nuova direttiva europea sui salvataggi bancari, la Brrd, e che comportò l’azzeramento degli azionisti e degli obbligazionisti subordinati, i cui rimborsi sono stati inseriti nella legge di bilancio di quest’anno.

L’intervento statale invece può avere diverse forme, come quella di un prestito, anche a fondo perduto, oppure restituibile negli anni seguenti, utile a ripianare le perdite, ma senza intervenire direttamente nelle decisioni del CdA bancario. Oppure c’è la via della nazionalizzazione, dove lo Stato a fronte di un ripianamento, pretende di entrare a far parte della banca in qualità di socio, con una quota di capitale, maggioritaria o minoritaria.

A detta del Ministro dello Sviluppo Economico, Ministro del Lavoro e Vicepresidente del Consiglio dei Ministri, Luigi di Maio, è quest’ultima la soluzione che il governo intenderebbe attuare per Banca Carige, dopo che nelle scorse ore è stato annunciato l’intervento dello Stato per il salvataggio della banca ligure.

Nel suo intervento su facebook, il Ministro Luigi di Maio rivendica l’intervento del governo, che non andrebbe a favore della banca, ma a favore dei risparmiatori e i correntisti. Promette inoltre che i dirigenti e i responsabili dei buchi di bilancio verranno perseguiti ed eventualmente puniti. Inoltre aggiunge che se lo Stato sarà obbligato a mettere soldi per salvare Carige, ciò sarà fatto esclusivamente tramite nazionalizzazione.

I proclami vanno certamente tenuti in conto, tuttavia devono essere realizzati e dimostrati con i fatti. Cosa che in questo momento al governo gialloverde non riesce molto bene, tenendo conto di quanto accaduto con la legge di bilancio, dove il governo ha dovuto cedere alla Commissione Europea sul deficit, passato dal 2,4% proclamato al 2,04% finale, e sul fronte migranti, dove la linea Salvini è stata cestinata dal premier Giuseppe Conte.

Infatti, la soluzione trovata per Carige è essenzialmente quella trovata nel 2016 per Monte dei Paschi di Siena, la quale attualmente è a tutti gli effetti una banca pubblica.

Lo Stato al momento ha posto solo una garanzia sui nuovi bond emessi da banca Carige. Il governo ha quindi stanziato un fondo di 1,3 miliardi di euro, dei quali 1 miliardo sarà destinato alla sottoscrizione di azioni della Banca a rafforzamento del patrimonio e 300 milioni per le garanzie concesse dallo Stato sulle passività di nuova emissione e sull’erogazione di liquidità di emergenza.

Tutto viene fatto in deroga alla direttiva europea sui salvataggi bancari, secondo le regole adottate nel 2016 in UE e già utilizzate per Mps, appunto. Tutto si svolge quindi nel rispetto delle regole europee, pertanto qualsiasi decisione andrà presa in accordo con le istituzioni europee, prima fra tutte la BCE, che nei giorni scorsi aveva decretato il commissariamento di Carige.

Tutto ciò è stato ben spiegato dal Ministro dell’Economia, Giovanni Tria, al question time su Carige in parlamento.

Dato che tutto si svolge nel rispetto della normativa europea e il Ministro dell’Economia sta seguendo le procedure già usate per Mps, le soluzioni che si presentano anche per Carige sono due: una soluzione di mercato, quindi la vendita delle attività della banca ad altri Istituti di credito, anche internazionali, oppure quella di una nazionalizzazione, ma a tempo, volta a risanare l’Istituto genovese per poi metterla sul mercato.

Altre soluzioni saranno di difficile attuazione, semplicemente perché l’Unione Europea è molto severa riguardo agli “aiuti di Stato”. Uno scontro tra Italia e Europa potrebbe dunque finire alla stessa maniera del tira e molla sulla legge finanziaria.

Ciò non toglie, però, che in questo caso il governo abbia agito bene e con prontezza.

Marco Muscillo