Uno sguardo d’insieme
La direzione e gli obiettivi della politica estera cinese sono stati ribaditi nel 19° Congresso del PCC, tenutosi tra il 18 e il 24 ottobre scorso. Quello che qui ci preme sottolineare sono due macro-obiettivi della leadership comunista: 1) costruire una nuova forma di relazioni internazionali, basate sulla cooperazione e il mutuo interesse, anziché sul dominio e la rivalità politico-militare; 2) dare forma a una “comunità umana dal destino condiviso”.
In entrambi i casi si tratta di obiettivi appartenenti alla storia della Repubblica popolare, che sono andati via via articolandosi in una serie di sviluppi sempre più concreti negli ultimi anni, come si può evincere anche da una disamina delle principali operazioni messe in atto dalla diplomazia cinese nel corso del 2017.
Cominciamo col ricordare che la centralità della visione internazionale cinese ha avuto un ruolo egemone a Davos (WEF), ad inizio anno, ed è stata confermata in ogni summit internazionale: si pensi al G20 di Amburgo a luglio, ma anche ai vertici dell’Apec e dell’Asean svoltisi a novembre. Ciò che va sottolineato è l’assoluta coerenza delle azioni e delle proposte cinesi nell’ambito del quadro normativo delle Nazioni Unite e del consesso del G20.
Inoltre, una particolare menzione la meritano le relazioni con la Russia, che nel 2017 si sono ulteriormente rafforzate in tutte le direzioni, così come i nuovi passi in avanti compiuti con altri vicini asiatici particolarmente strategici: le Filippine, il Pakistan e il Vietnam. Tra i successi diplomatici del 2017 va annoverata anche l’istituzione delle relazioni diplomatiche con Panama, che, oltre alle ovvie implicazioni economiche per un partner commerciale importante in Centro-America, rappresenta un colpo all’ideologia indipendentista di Taiwan (con cui Panama intratteneva rapporti diplomatici), rafforzando la politica di “una sola Cina”.
Più contraddittori sono invece i rapporti con l’Ue, ove la Cina intrattiene soprattutto rapporti bilaterali con i singoli paesi, e gli Usa, il cui comportamento nell’ambito della politica internazionale appare sempre alquanto “liquido”. Gli Stati Uniti continuano infatti a vedere la Cina come un rivale e ciò determina scontri in molte aree sensibili. La Cina, al contrario, suggerisce una visione alternativa, come dimostra in ogni contesto difficile e carico di tensioni. Si pensi al ruolo di mediazione nei rapporti tra Afghanistan e Pakistan (negoziati a tre), oppure nella questione nordcoreana e in Medio Oriente.
Anche se vediamo le prime istallazioni militari cinesi a Gibuti, che già ospitava basi di Francia, Stati Uniti, Giappone, Italia e Spagna, il vero consenso cinese è basato sulla diplomazia, sui successi domestici, sulle risorse finanziarie a sostegno di progetti attraenti, in una parola sul fornire visioni e strategie alternative allo status quo. Quindi, esso non si basa in alcun modo sulla forza militare. Ciononostante, Pechino non può evitare di sviluppare anche il settore militare, almeno fino a quando non si adotti una strategia di maggior rispetto reciproco condivisa al livello mondiale e si interrompano le provocazioni su una serie di paesi presi di assalto per questioni di dominio (energetico, finanziario, territoriale, tecnologico).
Il forum internazionale sulla BRI tenutosi a Pechino nel maggio scorso è stato sicuramente uno dei cardini della diplomazia cinese nel 2017. L’evento ha avuto una gran risonanza internazionale ed in un certo senso ha rappresentato una celebrazione dei primi successi conseguiti sin dal 2013 (anno del suo lancio ufficiale). Si può asserire che questo mega-progetto, dai contorni in costante via di definizione, costituisca la più evidente manifestazione geo-economico-politica del perseguimento dei due macro-obiettivi sopra menzionati. Le nuove via della seta, invero, rappresentano una pietra miliare nelle relazioni internazionali e il 2017 è stato un anno di svolta, per intensità di investimenti ed aumento del numero dei partecipanti.
Alcuni paesi, tuttavia, sostengono che non vi sia un’agenda chiara nella BRI, né garanzia di sicurezza. Al di là dei commenti più tendenziosi che vengono dai maggiori competitors della Cina, in generale queste critiche non colgono la genealogia e il senso della BRI. Non può esserci un’agenda definita a causa del gran numero di paesi coinvolti e delle incertezze e degli imprevisti geopolitici. Come sempre la Cina offre una strategia e via via la affina, sperimentando, adattandosi, raggiungendo compromessi, persuadendo le parti coinvolte in merito ai benefici derivanti da una maggiore interconnessione. La BRI è dunque una proiezione intercontinentale di integrazione ed interconnessione, finalizzata alla coesistenza pacifica tra i popoli, una sorta di testo aperto in cui ciascun partecipante dovrebbe sforzarsi di offrire il proprio contributo per la sua riuscita. In altre parole, non si può pretendere che la Cina faccia tutto da sé, offra il banchetto bello e pronto all’uso.
Criticità
Certamente vi sono ancora numerosi conflitti irrisolti presenti in un esteso arco di destabilizzazione che va dalle regioni di confine indo-pakistane, all’Afghanistan, all’Iraq, alla Siria, allo Yemen, fino a giungere all’Ucraina: parliamo della fascia chiamata Rimland, composta da quegli spazi, marittimi, costieri e continentali, ai confini col cuore dell’Eurasia (Hertland). Nella maggior parte dei casi citati le contraddizioni interne e le rivalità regionali sono state alimentate a dismisura nel quadro della cosiddetta “guerra al terrorismo”, favorendo l’espansione militare del sistema US-Nato e il suo tentativo di contrastare o rallentare l’emergere di un sistema di alleanze contro-egemonico, centrato su Cina, Russia e Iran. Tutto ciò ha acuito i rischi e i problemi in diverse aree strategiche coinvolte nella BRI.
Altri due casi storici ostacolano e rallentano la piena realizzazione della visione strategica cinese: le tensioni intorno alla Corea del Nord e il conflitto israelo-palestinese. Nel primo caso, la Cina ha sempre favorito i negoziati internazionali (il gruppo a sei), riuscendo a contenere di tanto in tanto i progetti nucleari nordcoreani e sostenendo sempre la necessità di riaprire linee di dialogo con il sud della penisola. Proprio in questi giorni – anche grazie alla mediazione cinese e russa – vi sono stati colloqui importanti tra le due Coree per definire i primi incontri di alto livello tra il nord e il sud, a due anni del congelamento delle relazioni. Per di più la Cina sembra spingere per quella che è la proposta più razionale e praticabile per risolvere la questione nordcoreana e le tensioni con Giappone, Corea del Sud e Stati Uniti: continuare il dialogo e lavorare per la denuclearizzazione, tramite l’applicazione della cosiddetta “doppia sospensione” (suspension for suspension), dove l’interruzione dei programmi nucleari nordcoreani possa avvenire solo contestualmente a una interruzione delle costanti e sempre più minacciose esercitazioni militari congiunte di Usa, Corea del Sud e Giappone.
Nel secondo caso – Palestina – la Cina non si muove di un millimetro dall’idea del riconoscimento dell’indipendenza e della sovranità palestinese, adoperandosi per la soluzione, prevista nell’ambito delle Nazioni Unite, dei due stati e del ripristino dei confini del 1967.
Princìpi
Le strategie di proiezione cinese si fondano dunque su una serie di principi: non interferenza, non imposizione, rifiuto dell’uso della forza, cooperazione win-to-win, uguaglianza tra paesi. E questi principi possono trovare applicazione sulla base di un altro principio madre della politica estera cinese: il mutuo rispetto, ovvero la precondizione per una coesistenza pacifica. E’ qui che si deve ricercare il senso profondo della cosiddetta “comunità umana dal destino condiviso”: questa idea è antica quanto gli uomini ed è allo stesso tempo innovativa, è il cuore socialista della Cina, coerente con gli altri principi di politica estera, come recentemente ribadito dal ministro Wang Yi.
La moltiplicazione di eventi internazionali tenuti in territorio cinese nel 2017 ha favorito una più diffusa conoscenza della Cina, generando nel contempo un crescente consenso verso la Repubblica popolare. Il 2018 si prospetta altrettanto ricco di eventi di grande rilievo che saranno ospitati dalla Repubblica popolare: tra questi ricordiamo il forum BOAO (Hainan), quello della SCO (Qingdao) e l’Expo Internazionale delle Importazioni (Shanghai).
Sarà importante continuare su questa strada, in quanto chiara manifestazione di apertura crescente ed opportunità di sviluppare una più profonda conoscenza reciproca.
In questo momento e immagino nei prossimi anni la Cina rappresenta un pilastro necessario e indispensabile insieme alla Russia per la pace nel Mondo.
La predominanza amricana ha fatto e sta facendo solo instabilità guerre per sostenere la sua crisi politica.
Negli anni a venire assisteremo ad un aumento della influenza cinese ed ad una aumento della crisi americana ormai inarrestabile, con le conseguenze che questa instabilità possa tradursi in rischi di guerre.
La Cina saprà realizzare una nuova aggregazione che farà da argine a questi tentativi di un impero in crisi irreversibile.
Il professore Fabio Massimo Parenti e’una persona che conoce la Cina correttamente !
Grazie molte Montri, un caro saluto!