Da tempo, in Ucraina, il conflitto politico che ha portato alla guerra nel Donbass, si intreccia con il contrasto religioso tra la Chiesa ortodossa russa del Patriarcato di Mosca e la Chiesa ortodossa ucraina.
Questo contrasto è stato evidente anche durante la tradizionale celebrazione per il 1030° anniversario della conversione al cristianesimo della Rus’, nello scorso luglio. Recentemente, inoltre, il Patriarca Bartolomeo di Costantinopoli (il capo della Chiesa ortodossa greca) ha deciso di riconoscere l’autocefalia della Chiesa ortodossa ucraina. A questo proposito, abbiamo rivolto alcune domande al monaco del Monte Athos Nilo Vatopedino (al secolo prof. Giorgio Barone Adesi), professore di diritto romano e bizantino presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Magna Graecia di Catanzaro, dove si trova da mesi in cura presso il Policlinico universitario.
I monaci del Monte Athos, come hanno preso la decisione del Patriarca Bartolomeo di Costantinopoli di riconoscere l’autocefalia della Chiesa ortodossa ucraina, che si trova nella giurisdizione ecclesiastica della Chiesa ortodossa russa del Patriarcato di Mosca?
Nel frequente arrivo di devoti pii vescovi, chierici e laici giunti dall’Ucraina, pellegrini alla Santa Montagna, gli aghioriti (i monaci del Monte Athos, ndr) sono stati particolarmente edificati da un umile monaco pellegrino: lo starec Metropolita Onufry di Kiev, emblema degli inseparabili vincoli spirituali che intercorrono, da mille anni, tra il monachesimo delle Russie e la Santa Montagna dell’Athos.
Molti monaci appaiono ancora oggi increduli innanzi alla notizia che il Patriarcato Ecumenico abbia ufficialmente deciso di accordare l’autocefalia agli ortodossi dell’Ucraina. Al di là dell’auspicabile motivazione di volere porre termine agli scismi che separano gli ortodossi in quello Stato, l’iniziativa presenta, infatti, aspetti innovativi, in quanto non conformi, nella fattispecie, al passato.
L’istanza di autocefalia proviene, infatti:
a) né dal Patriarcato di Mosca (nel quale, come in genere risaputo fino adesso, rientra la Chiesa Ortodossa Ucraina), che ha già conferito l’autonoma alla Chiesa Ortodossa Ucraina;
b) né dalla maggioranza dei vescovi della Chiesa Ortodossa Ucraina, riconosciuti da tutto l’episcopato canonico della Chiesa Ortodossa;
c) ma dalle odierne autorità statali ucraine che sostengono entità scismatiche, separate dalla Chiesa Ortodossa Ucraina.
I “vescovi” scismatici e le autorità civili (a caccia di seguaci per rivincere le imminenti elezioni), godono del sostegno non solo dei fedeli scismatici, ma anche di uniati, atei o non praticanti. Tutti i menzionati convergono sulla improrogabile necessità dell’autocefalia ecclesiastica, per separare spiritualmente, quindi definitivamente, la Grande Russia moscovita dalla Piccola Rus’ di Kiev, in conformità alle odierne prospettive geopolitiche antirusse.
Al di là delle discutibili dichiarazioni, o di raccolte di documenti (sfornite comunque di adeguato approfondimento giuridico), in merito all’appartenenza (“eterna?”) della metropolia di Kiev e dell’Ucraina al territorio canonico di Costantinopoli (senza, tra gli altri aspetti, rilevare come anche la disciplina canonica ortodossa abbia recepito la longi temporis praescriptio, la decadenza cioè di diritti non esercitati per lungo tempo), come tutti i fedeli ortodossi, i monaci aghioriti continuano
a pregare per la pace e la fraterna unione della Chiesa ortodossa.
Con questa decisione, il Patriarca di Costantinopoli è intervenuto nella giurisdizione di un’altra Chiesa locale, il Patriarcato di Mosca. Le sue azioni possono creare un precedente per un’ulteriore divisione dell’Ortodossia universale?
L’affermazione ufficiale di esercitare in modo appropriato la sua giurisdizione in territorio ucraino determina o l’esclusione (o, quantomeno, la precarietà) dell’appartenenza della canonica ucraina al Patriarcato moscovita. Le contrastanti posizioni, tra Fanar (il quartiere greco ortodosso di Istanbul, ndr) e Mosca, dividono già quanti si occupano della questione e, pertanto, minacciano seriamente l’unità della Chiesa Ortodossa.
Quali conseguenze per la pace religiosa e politica in Ucraina può avere la decisione del Patriarca Bartolomeo sull’autocefalia della Chiesa ortodossa ucraina? Alcune persone in Ucraina sono francamente spaventate da questa decisione, poiché temono che, dopo i disordini politici, possano scoppiare disordini religiosi ed ecclesiastici. Lei condivide questa visione?
Purtroppo, i contrasti religiosi favoriranno disordini, violenze (peraltro già annunciati da fautori, sia ecclesiastici che laici, dell’autocefalia).
Non è propriamente un segreto che il Patriarca Bartolomeo abbia dei legami politici e finanziari con gli Stati Uniti e con la CIA. Come valuta Lei l’indipendenza e le posizioni del capo del Patriarcato di Costantinopoli?
Spesso i media sostengono che il Patriarca di Costantinopoli patrocina gli interessi americani, e quello di Mosca gli interessi russi. La storia della Chiesa si svolge nel tempo. Certo, non tutti i Patriarchi risultano inseriti tra i santi, in quanto fedeli alla loro missione, come Giovanni Crisostomo a Costantinopoli e Tykon a Mosca. Monaci e fedeli, estranei a prospettive e valutazioni mondane, pregano ogni giorno per i nostri attuali pastori affinché annuncino rettamente la Verità.
Un’altra ragione delle paure del mondo ortodosso, per quanto riguarda le azioni del Patriarca Bartolomeo, è legata al suo ecumenismo, alla sua volontà di sacrificare i dogmi della Chiesa ortodossa per il riavvicinamento al Vaticano. È possibile che si ripresenti un altro “concilio fiorentino”, come accaduto nel 1439? E quali conseguenze potrebbe avere?
La constatazione che, da anni ormai, il dialogo ufficiale cattolico-ortodosso verta unicamente sul primato universale nella Chiesa e, quindi, sulle sue competenze, induce non pochi aghioriti a ritenere non lontana una nuova edizione dell’unione fiorentina (quando papa Eugenio IV annunciò l’avvenuta ricomposizione dello scisma fra le Chiese di Oriente e di Occidente, ndr).
Nel contesto non mancano, in ambito ortodosso, quanti oggi sostengono che il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli è, tra i primati delle 14 Chiese autocefale, il primus sine paribus, ha cioè un potere decisionale superiore agli altri primati con prerogative specifiche, stabilite dai Concili Ecumenici quali, ad esempio, il conferimento dell’autocefalia, benché la disposizione non trovi gli asseriti riscontri. Peraltro, la questione non appare affatto secondaria.
Come può, infatti, proseguire il dialogo ufficiale in corso, tra cattolici e ortodossi se, in ambito ortodosso, non viene precisato conciliarmente (così come il can.28 di Calcedonia ha stabilito nel 451 l’interpretazione autentica del canone 3 del concilio costantinopolitano del 381, per risolvere eventuali futuri contrasti di territorialità canonica mediante la determinazione delle diocesi civili di competenza territoriale costantinopolitana)?
L’odierna moda di banalizzare le posizioni dogmatiche ortodosse, unite al tentativo di introdurre un primato giurisdizionale “alla romana” nella Chiesa Ortodossa non potrà che provocare nuovi scismi.
Come valuta Lei le azioni del Primo ministro greco Tsipras riguardo ai monaci e ai pellegrini russi sul Monte Athos? Alcuni pellegrini russi riferiscono di pressioni da parte delle autorità greche, che non si erano verificate prima. In passato, i russi avevano fatto molto per salvare il Monte Athos dal giogo musulmano turco. Tsipras, che ha rifiutato di inaugurare il suo governo con il tradizionale giuramento sulla Bibbia, potrebbe dunque fungere da cavallo di Troia per disgregare la comunione dei popoli ortodossi greci e russi?
Ritengo che anche oggi un governo non sia in grado di separare i fedeli effettivamente radicati nella Santa Fede Ortodossa. No, i veri fedeli ortodossi non sono separabili, si tratti di ucraini, greci, russi o di altre nazioni. Le odierne prospettive geopolitiche intendono realizzare tutto questo, ma noi monaci sappiamo che le tenebre non prevarranno sul piccolo gregge che rimane fedele alla Una Santa, Cattolica e Apostolica, cioè alla Chiesa Ortodossa di Cristo.
Silvia Vittoria Missotti