
Gli attentati.
Gli attentati in Francia hanno rivelato informazioni interessanti in merito alle capacità operative dei terroristi coinvolti. Dalle parole degli investigatori si scopre che le cellule avevano missioni molto diverse tra loro, con livelli di difficoltà notevoli in alcuni casi, molto semplici in altri. La prima avrebbe dovuto colpire dentro lo Stade de France. Missione altamente difficile a causa degli elevati livelli di sicurezza dettati dalla presenza del Presidente della Repubblica Francese Hollande. Il secondo e terzo commando avevano il compito abbastanza agevole di colpire bar, ristoranti e locali da concerto, zone notoriamente poco sorvegliate e di facile accesso. Proprio per questo motivo, pare che alcuni terroristi siano addirittura riusciti a fuggire dopo aver provocato decine di vittime e oltre un centinaio di feriti.
La conclusione più logica sul perché i Kamikaze abbiano fallito a penetrare nell’impianto sportivo è da imputare probabilmente ad un livello di preparazione degli attentatori elevato, ma di certo non professionale. Erano addestrati, ma fino ad un certo punto.

Perché la Francia
Nel passato decennio fino ad oggi, la Francia è stata molto attiva in termini di politica estera in zone come Nord Africa e Medio Orienta. L’appoggio politico e pratico alle primavere arabe, l’intervento armato in Libia, il sostegno ai Fratelli Musulmani di Morsi in Egitto e il grande rapporto di amicizia con i paesi direttamente coinvolti nella destabilizzazione della Siria: Israele, Giordania, Turchia, Qatar e Arabia Saudita. Situazioni che hanno spinto i servizi di sicurezza francesi ad utilizzare le reti jihadiste domestiche con finalità ben precise in materia di strategie in politica estera. Non più quindi solo sorveglianza e monitoraggio ma complicità e connivenza. Il compito principale divenne facilitare il viaggio verso Siria e Libia di uomini disposti a combattere, spesso inconsapevolmente, per conto della NATO-GCC. A facilitare questo binomio apparentemente inconciliabile tra stato e terrorismo, l’obiettivo comune di liberarsi prima di Gheddafi in Libia e poi di Assad in Siria. Un sodalizio criminale che avrà le sue conseguenze.
Il supporto logistico, di Intelligence, di armi, soldi e uomini fornito da paesi come Turchia, Arabia Saudita, Israele e Qatar, con il passare degli anni ha dato i suoi frutti grazie alla nascita del califfato (anti)Islamico. Un’area che coinvolge porzioni di Siria e di Iraq. Un’area dove è possibile creare reti di proselitismo locali e virtuali reclutando giovanissimi da tutta Europa. Addestrare in maniera sommaria individui all’uso di esplosivi e armi quali AK47. E’ proprio questo fare semi dilettantistico, derivante da addestramenti in Siria e Iraq, che appare sempre più evidente nelle stragi Europee, non ultima quella di Parigi. Oltretutto la complicità dei servizi segreti di mezza Europa ha facilitato l’arrivo in M.O. di oltre 4 mila giovani Europei con passaporto comunitario per rinfoltire le fila dello Stato Islamico e di Al Nusra (AKA Al Qaeda).

Perché L’Europa.
Con l’avanzare dell’Esercito Arabo Siriano nell’Estate del 2015, la Turchia prese la decisione non casuale di sgomberare molti campi profughi sul proprio territorio causando un esodo di massa verso i paesi Europei. Speculazioni di ogni genere hanno ragionato sull’opportunità di una mossa del genere da parte di Erdogan. L’Unione Europea ha protestato vivacemente e i rapporti con Ankara hanno conosciuto momenti di forte tensione. Ragionevolmente le pressione ricevute da Erdogan, da parte di Stati Uniti e GCC, sono risultate troppo forti per essere ignorate. La versione ufficiale della crisi dei migranti vorrebbe che la Turchia abbia deciso semplicemente di non impedire più il transito verso l’Europa ai rifugiati.
L’Unione Europea, totalmente impreparata ad una situazione del genere, si è trovata investita da un flusso umano che ha letteralmente spazzato via il concetto di confine nazionale. Basti dire che la gravità della situazione è tale che grazie ad escamotage burocratiche, legate a regolamentazioni Europee, stati membri preferiscono non identificare i migranti ma favorirne l’immediata uscita dal proprio paese verso altri dell’unione. Questo crea un forte tasso di anonimato tra coloro che transitano sul suolo Europeo. Oltre a questo vanno considerati i limitati controlli ai confini tra paesi europei e le politiche adottate di fronte a questa emerga: accoglienza a tutti i costi. Non è esagerato affermare che la situazione in termini di sicurezza nazionale risulti essere perlomeno critica e compromessa. Radicali Islamisti, facilitati dai servizi segreti nazionali a reclutare ed entrare in Siria, sono potuti facilmente tornare in patria, anonimi ed indisturbati, infiltrati tra i migranti, liberi di continuare a perseguire la loro agenda fanatica senza essere fermati.
Moralmente i morti di Parigi sono sulla coscienza di chi, politicamente e militarmente, ha tentato di utilizzare elementi jihadisti per propri scopi geopolitici.

Il Bivio Europeo.
L’Europa affronta una crisi esistenziale. Minacciata nei suoi tre elementi cardine, da sempre i pilastri portanti dell’UE: sicurezza interna, stabilità economica e coesione sociale. Il Bivio di fronte al quale si trova la leadership europea mette in discussione decenni di politica economica, sociale e militare.
Il deteriorarsi delle relazioni internazionali tra i paesi europei e la Russia hanno avuto effetti tangibili sull’economia di molti paesi, peggiorando sistemi economici già deboli ed instabili. L’inasprirsi del conflitto e dell’instabilità in medio oriente ha portato paesi regionali a reazione scomposte. La mancanza di comunicazione con paesi quali Russia e Iran, da sempre in prima linea nel combattere il terrorismo, ha prodotto un indebolimento in materia di sicurezza interna all’UE. Le politiche militari aggressive in M.O di molti paesi dell’UE hanno ulteriormente accresciuto la rete degli islamisti radicali in Europa, con effetti tangibili, Madrid, Londra e Parigi sono solo alcuni esempi.

Il sentiero in discesa
L’Europa attualmente ha due opzioni ed è obbligata a compiere una scelta di carattere esistenziale. E’ bene rendersi conto che il legame indissolubile con Washington ha prodotto danni irreparabili dai quali è imperativo porre rimedio. La sopravvivenza del vecchio continente passa quindi dall’ineluttabile diminuzione della dipendenza e dell’influenza degli Stati Uniti sull’Europa.
La via d’uscita più semplice imporrebbe di tessere nuove relazioni, su tutt’altro livello, con Russia, Iran e Cina. Le basi comuni da cui ripartire sono evidenti: combattere lo stato Islamico/Al Qaeda, stabilizzare il medio oriente, arginare i flussi migratori, eliminare le sanzioni verso Mosca e Teheran e stabilire nuove partnership commerciali. I risvolti positivi beneficerebbero tutti i protagonisti. Il peso e l’importanza nelle strategie medio orientali dei Wahabiti Sauditi e della fratellanza musulmana di Qatar-Turchia diminuirebbe notevolmente. Ciò darebbe modo per eliminare definitivamente gli elementi estremisti in Libia, Siria, Sinai, Yemen, Iraq, Libano e fermare le reti jihadiste in Europa. La regione medio orientale col tempo acquisirebbe maggiore stabilità favorendo una ripresa economica globale di tutta l’area mediterranea e non. Con la fine flussi migratori, l’emergenza-confini e la prospettiva di un’economia europea con molteplici fattori di diversificazione, non sembrano esserci motivi plausibili per non imboccare questo tracciato.
Il sentiero impervio
Il bivio di fronte a cui ci troviamo vede l’Europa da un lato essere padrona del suo futuro, salvare il proprio destino ed uscire da un incubo che dura da troppi anni. Nell’altra direzione c’è un percorso certo verso l’autodistruzione, impossibile continuare ad essere sudditi e subalterni in questa maniera con tutte le problematiche emerse. Senza una salvaguardia dei propri interessi strategici, l’unione Europea è destinata alla disgregazione e al fallimento.
Nonostante ciò, per fermare l’ingresso in Europea di migliaia di clandestini, l’Unione Europea ha pensato bene di trattare con la Turchia e di proporre un’adesione all’UE che dovrà comunque essere deliberata all’unanimità a Dicembre nel consiglio UE. In più, sono stati offerti 3 miliardi di dollari ad Ankara per costruire ulteriori campi di rifugio per i migranti.
Non è di difficile intuizione, che queste decisioni continueranno ad essere contrari agli interessi Europei. L’agenda di politica estera imposta da Washington è la medesima tracciata 14 anni fa con l’11 Settembre e la fallimentare ‘guerra al terrorismo’. Paura e terrore, come dopo i fatti di New York sembrano essere il tema principale da sfruttare per l’Eliseo e il prolungamento dello stato di emergenza per 3 mesi tende in questa direzione.

La scelta
L’attentato di Parigi verrà probabilmente utilizzato come combustibile, e la retorica del presidente francese lo lascia ampiamente trapelare, per alimentare le incursioni illegali di NATO-GCC in Siria, Francia in testa. Il realismo ci impone di ribadire che Turchia, Arabia Saudita, Qatar, Israele e Stati Uniti non hanno alcuna intenzione di cambiare registro in M.O in termini di aiuto ai terroristi. L’Unione Europea, Francia in testa hanno affermato di voler continuare a coordinarsi con Washington e non Mosca, Teheran o Damasco. Questo significa che dopo i fatti di Parigi, nulla è cambiato, anzi è facile presumere che paesi dell’UE e Stati Uniti aumenteranno l’attività militare, illegali e non autorizzati in Siria, dopo i fatti di Parigi. Le recenti parole di Hollande che ha enfatizzato quale ‘atto di guerra’ gli attentati, sembra un possibile preludio ad un intervento di terra in qualche forma o sostanza richiamando l’articolo 5 della NATO. I raid a Raqqa, roccaforte IS, in coordinamento con gli Stati Uniti a poche ore dagli attentati, sono un’ulteriore conferma della scelta fallimentare della Francia e dell’Europa in generale. Un altro esponente dell’apparato di difesa Europeo ha espresso il suo parare. Il ministro della difesa italiana, Pinotti, parlando della situazione in Siria in relazione con i fatti di Parigi ha proposto di creare un esercito europeo come passo in avanti e come mossa per contrastare il terrorismo. In altre parole un corpo militare sovrannazionale ad uso e consumo della NATO, ancora una volta una scelta contraria agli interessi Europei.
L’inganno devastante alla collettività, perpetrato dai mezzi di informazione, continua ad offuscare la popolazione e a produrre danni profondi. Le strategie fallimentari attuate fino ad oggi in Siria da governi Europei, armare terroristi e spacciarli ribelli moderati, è ciò che ci ha portato fino a questo punto. Eppure continuerà, soprattutto grazie ai mezzi di informazione che colpevolmente sono impossibilitati a raccontare la verità. La loro funzione dopo questa strage consisterà unicamente nel fomentare lo scontro di civiltà nei paesi Europei, e in Francia. Incolpare l’Islam, spingere alla diffidenza e alla paura. Indirizzare l’odio per dividere. I nuovi mantra ricordano tanto la realtà che abbiamo tutti vissuto immediatamente dopo l’11 Settembre 2001. Tutti metodi già visti ed adoperati dai governi nazionali per i propri fini.
Conclusioni
In uno scenario, per l’Europa apocalittico e per il Medio Oriente critico, Russia e Siria hanno la necessità immediata di aumentare gli sforzi e ripulire velocemente il paese dagli elementi Takfiri. Il rischio è di lasciare spazio, dopo gli eventi di Parigi, ad un’escalation dei progetti occidentali che tentano infruttuosamente da 4 anni di minare l’integrità della Repubblica Araba Siriana.
La diplomazia dal canto sui fatica a raggiungere risultati importati tra Vienna (discussioni tra 20 paesi sulla situazione in Siria) e il G20 in Turchia. A parte le rituali dichiarazioni di collaborazione, l’Arabia Saudita ha confermato di voler appoggiare i combattenti anti-Assad fino a quando la situazione politica a Damasco non cambierà. L’approccio alla diplomazia da parte degli Stati Uniti fatica a raggiungere risultati importanti in Siria. Una parte dell’apparato bellico-finanziario Statunitense è ancora convinto di vivere in un mondo unipolare dove l’unico egemone decide, gli altri obbediscono e la diplomazia di conseguenza risulta inutile.
L’Europa non cambierà strategia. Non lo farà per mille motivi, perché incapace, perché impossibile, perché impraticabile. Continuerà a subire, da subalterno, la guida americana. L’Europa non avrà una sua iniziativa o strategia condivisa e comune. Continuerà a risultare completamente in balia degli eventi e delle decisioni prese dei singoli stati, spesso completamente allineati al volere americano ed in palese contrasto con agli interessi Europei.
Federico Pieraccini