Russia 2018, un ritorno a Italia ’90?
I mondiali di Russia 2018 sono stati il trionfo delle fasi difensive e dell’arte del contropiede, sublimata non dall’Italia (che in Russia manco c’era) bensì dagli odiati vicini francesi che per una volta hanno riposto in cassetto il champagne e si sono affidati al sano pragmatismo dell’ex juventino Deschamps. Occorre partire da questo fatto per capire un po’ a quale direzione si sta dirigendo il calcio sia dal punto di vista tecnico che tattico.
Innanzitutto partiamo da un’osservazione che pochi critici hanno fatto: questa rassegna russa è assomigliata molto a quella di Italia ’90, un mondiale che rappresentò una vera e propria cesura nella storia del calcio per svariate ragioni. Nel 1990 eravamo infatti nel pieno della rivoluzione sacchiana, i mondiali italiani furono probabilmente i più difensivisti e speculativi della storia: grandi fase difensive con applicazioni sistematiche della trappola del fuorigioco e del retropassaggio al portiere, giocatori di grandissimo nome che si affrontavano in una trentina di metri in vere e proprie tonnare.
Quei mondiali rappresentarono il trionfo del modulo più difensivista in assoluto, il 5-3-2 (che allora nessuno ipocritamente definiva 3-5-2!), utilizzato dalla Germania campione, dalll’Argentina di Sua Maestà Maradona giunta seconda non si sa come, e addirittura dall’Inghilterra di Sir Bobby Robson che per la prima volta nella storia mise in cassetto il canonico 4-4-2 aggiungendo un libero (Mark Wright) dietro alla linea difensiva a quattro. Solo l’Italia di Vicini restava fedele ai dettami della zona mista che però già assomigliava al 5-3-2, anche se il tornante Donadoni aveva molta più libertà di svariare rispetto ai cursori a tuttafascia della difesa a cinque.
Italia ’90: l’Irlanda fa saltare il banco
Squadra mascotte di quei mondiali fu la simpatica Irlanda, guidata dal genio pragmatico di Jackie Charlton. I verdi irlandesi saltavano sistematicamente il centrocampo con potenti lancioni dalla difesa, in quattro partite non vinsero mai (una sola volta ai rigori agli ottavi contro la Romania di Hagi) mettendo a segno due gol grazie allo schema lancio del portiere e gol in corsa della punta; ai quarti di finale però l’Eire fece vedere i sorci verdi all’Italia ed uscì con molto onore dalla rassegna. L’arma tattica più abusata dagli irlandesi, oltre che la classica palla lunga sulla punta, era il retropassaggio al proprio portiere che con le regole del tempo poteva prendere il pallone con le mani. In un Eire – Egitto della fase a gironi, una delle partite più brutte della storia del calcio, gli irlandesi abusarono troppo del passaggio al proprio guardiano e così la Fifa prese la palla al balzo per apportare qualche modifica per evitare che il football divenisse una sorta di rugby giocato con i piedi.
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Dal 1992 fu così vietato ai portieri di prendere il pallone con le mani su un passaggio di piede di un proprio compagno, furono inoltre introdotti i tre punti a partita per incoraggiare il gioco propositivo e scoraggiare quello speculativo e fu infine modificata la regola del fuorigioco per evitare che le squadre attuassero sistematicamente la trappola dell’off-side provocando così partite noiose e spezzettate con le squadre concentrate in poche decine di metri a centrocampo.
L’importanza della seconda punta
Oggi nel 2018 siamo in una situazione molto simile a quella di ventotto anni fa, con qualche piccolo distinguo. Le attuali regole dell’offside, che hanno debellato del tutto il concetto di “fuorigioco passivo”, non consentono più alle squadre di poter attuare sistematicamente la trappola del fuorigioco, un allenatore maniaco della fase difensiva come Sarri ad esempio ormai può solo limitarsi a insegnare l’elastico ai suoi difensori perché fare la trappola del fuorigioco con le attuali regole significa esporre la propria squadra a potenziali imbarcate.
La conseguenza dell’attuale interpretazione della regola del fuorigioco è che tantissime squadre hanno una paura tremenda a difendere alti, rimanendo schiacciate con il baricentro in area con due linee schiacciatissime di 4+5 ad intasare gli spazi. L’effetto più evidente di questo approccio tattico, inventato a mio avviso da Hiddink ai tempi del Chelsea e poi portato definitivamente alla ribalta da Mourinho nell’anno del famoso triplete interista, è un antidoto potentissimo contro le squadre che giocano “di posizione” con fitte trame di possesso palla.
Contro difese schierate in questo modo, se non si hanno gli Iniesta, i Xavi o i Messi ad inventare calcio diventa molto difficile “aprire la serratura”. Alcuni allenatori intelligenti come Carlo Ancelotti, Diego Simeone e Zinedine Zidane hanno capito che contro squadre che si blindano in questo modo dietro non ha senso giocare con un solo attaccante ed ecco che così è tornata di moda il ruolo della seconda punta, sublimate in modi diversi da Cristiano Ronaldo (nel Real Madrid e nel Portogallo) e da Antoine Griezmann (nell’Atletico cholista e nella Francia).
Non è un caso che le ultime quattro Champions sono state vinte dal Real Madrid, cioé da quando Ancelotti capì che Cr7 doveva giocare al fianco di Benzema e Bale doveva partire più dietro per sfruttare gli spazi in corsa. Non è un caso che l’Europeo del 2016 sia stato vinto dal Portogallo, che aveva sempre Ronaldo seconda punta e che questo mondiale sia andato alla Francia che davanti schierava il tandem Giroud-Griezmann.
Deschamps aveva iniziato il mondiale con i due pesi mosca Griezmann-Mbappé, ma con una squadra che è abituata a schiacciarsi molto in difesa e a fraseggiare poco poteva essere un rischio giocare senza la classica boa. Così alla seconda giornata Didì ha messo dentro Giroud, attaccante che ha scarso feeling con la parola gol, ma che sa fare il classico gioco sporco per i compagni. Sulla fascia sinistra Deschamps ha messo una falsa ala come Matuidi (un po’ come fece Lippi nel 2006 con Perrotta) per consentire una più efficace pressione sui portatori palla avversari (sia terzini che centrocampisti) e consentire a Griezmann e all’enfant prodige Mbappé di avere più spazio vitale in cui muoversi.
Torna il 3-5-2, Croazia unica eccezione
Un’altra novità portata in dote da questo mondiale è la ricoperta della difesa a tre (o meglio sarebbe dire a cinque), utilizzata con successo sia dal Belgio e anche a sorpresa dall’Inghilterra, per i belgi che avevano iniziato il torneo con un spregiudicatissimo 3-4-3 un ritorno alla tradizione quindi (sono stati proprio i belgi a inventare questo modulo) mentre gli inglesi hanno ripetuto la trovata di Robson ai mondiali italiani. Sia belgi che inglesi hanno giocato con un centrocampo estremamente folto e con un’attacco formato da una classica prima punta (Kane e Lukaku) affiancata da una seconda punta/fantasista, Sterling per gli inglesi, Hazard per i belgi (e la differenza si è vista!).
Solo la Croazia seconda classificata, con tutto quel ben d’Iddio a centrocampo (Modrić, Rakitić, Brozović) si è potuta permettere il lusso di giocare con una punta sola, mentre a Spagna che si è ostinata a giocare con il tiki taka dei bei tempi ed il solo Diego Costa isolato in avanti è stata sbattuta fuori dal gran catenaccio dei russi. Che calcio ci attenderà nelle prossime stagioni? Premesso che prevedere il futuro è impossibile, dico solo che è probabile che assisteremo ancora a qualche stagione di calcio difensivo e super fisico in linea con quanto visto ai mondiali russi. Per il resto se ci sarà qualche trasformazione, questa sarà dovuta ad eventuali modifiche della regola del fuorigioco, magari per permettere alle difese di tornare a difendere più alte.
La storia del calcio insegna che i grandi cambiamenti (1925, 1990) sono avvenuti grazie alla modifica della regola dell’offside, per il resto il calcio è rimasto e rimarrà uno sport dove ventidue uomini in maglietta e calzoncini rincorrono un pallone!