Il presidente del Consiglio Presidenziale di Tripoli, Fayez al-Serraj, e il comandante dell’Esercito Nazionale Libico, Khalifa Haftar, grazie alla mediazione del Presidente francese Emmanuel Macron hanno adottato una dichiarazione congiunta che prevede il cessate il fuoco in Libia e nuove elezioni la prossima primavera.
L’incontro tra i due rivali libici è avvenuto nel castello di La Celle-Saint-Cloud, alle porte di Parigi, in presenza dell’inviato speciale dell’ONU Ghassan Salamè. Emmanuel Macron, annunciando l’accordo ha detto che “oggi la pace in Libia ha fatto un grande progresso” e “ora può vincere”.
La dichiarazione congiunta è un documento “storico”, secondo le parole di Macron, che ha espressamente citato “il lavoro svolto dall’UE” e soprattutto dall’Italia “del mio amico Paolo Gentiloni, che si è molto adoperato e con il quale abbiamo parlato molto in preparazione della dichiarazione odierna”. Viene da chiedersi a cosa siano serviti i precedenti incontri, a cominciare da quello di Trieste.
Macron ha pure lodato il premier di Tripoli e il generale Khalifa Haftar, sponsorizzato nella regione da Qatar ed Egitto. Haftar oggi a Parigi è stato definitivamente legittimato dall’Occidente, dopo mesi di spinta per renderlo parte attiva del processo di riconciliazione. “Il coraggio da voi dimostrato oggi con la presenza qui e concordando questa dichiarazione congiunta è un elemento storico, vi assumete il rischio di lavorare insieme per un processo di riconciliazione nazionale e per la costruzione di una pace durevole”, ha infatti sottolineato Macron.
È importante sottolineare come la Francia, finora, abbia sostenuto direttamente il governo di Tobruk, dove l’uomo forte è Haftar, e contemporaneamente anche quello di Tripoli, guidato da al-Serraj, attraverso l’UE. Ha insomma giocato su due tavoli, mentre l’Italia oggi ridotta sempre più al rango di comprimaria s’è sempre limitata a sostenere solo il debole governo di Tripoli, riconosciuto dall’ONU ma da quasi nessuna tribù o potentato della Libia.
Per Macron il processo di riconciliazione che porterà ad “elezioni nella primavera del 2018” deve avere come obiettivo a breve termine di “eliminare traffici d’armi che alimentano il terrorismo, ed il traffico di esseri umani che alimentano le vie migratorie. Le centinaia di migliaia di migranti che si trovano in Libia destabilizzano sia la stessa Libia che l’Europa ed alimentano i traffici i cui soli beneficiari sono i terroristi. Questo è essenziale per tutta l’Europa perché se non portiamo a buon fine questo processo, il rischio terrorismo le conseguenze migratorie, sarebbero conseguenze dirette sui nostri Paesi”.
È molto importante, in questo caso, far notare come Macron si trovi quasi costretto di fronte all’opinione pubblica francese ad agire in tal senso, attribuendo i frequenti episodi terroristici che insanguinano la vita del paese ai traffici in cui è coinvolta la Libia. In questo modo si può così dare una parvenza umanitaria a ben altre mire, visto che la guerra del 2011, voluta proprio dalla Francia, è stata fatta soprattutto per aggiudicarsi le grandi riserve idriche, gasiere, petrolifere ed uranifere della Libia, oltre a togliersi così di torno anche uno scomodo concorrente nella Françafrique, dove la Jamahiriya gheddafiana operava importanti investimenti che erodevano l’egemonia e la supremazia francesi.
Macron ha poi ricordato che Serraj e Haftar si sono “impegnati a rinunciare alla lotta armata, tranne che contro i gruppi terroristici, e ad un processo di cessate il fuoco, essenziale per qualsiasi progresso, con l’accordo poi per andare ad un processo elettorale in primavera, naturalmente nel contesto dell’accordo ONU di Skyrat. Essenziale è il lavoro di riconciliazione politica inclusiva che dia spazio a tutti i gruppi politici che vorranno modificare l’intesa di Skyrat. Tramite questo cammino la pace e la riconciliazione nazionale potranno essere raggiunti. La posta in gioco è grandissima, sia per il popolo libico che per tutta la regione perché se fallisce la Libia fallisce tutta la regione soprattutto i Paesi vicini”.
E qui è evidente anche la grande preoccupazione francese per le sorti del Mali, dove Parigi è stata costretta ad intervenire con l’Operazione Serval voluta da Hollande, e per tutta la Françafrique in generale: un tema del resto già in parte descritto in precedenza.
Insomma, mentre la Francia guarda alla Libia per salvaguardare i suoi nuovi interessi in Africa e per ribadire i suoi storici interessi nelle ex colonie francesi, l’Italia invece coi governi del PD sembra dormire ed accettare passivamente un ruolo sempre più di comparsa, laddove un tempo era invece protagonista assoluta. Si può dire tutto quel che si vuole di Berlusconi, ma a quel tempo la musica era ben diversa e solo con l’asse Fini-La Russa-Frattini-Napolitano-PD il discorso poté cambiare, con l’ex Cavaliere costretto a giocare contro la propria volontà una guerra contro Gheddafi che all’Italia ha procurato solo danni a non finire.
E pensare che nel 1987 l’Italia aveva sottratto persino la Tunisia all’influenza della Francia, prevenendo l’intervento francese che voleva deporre Bourghiba in favore di un suo luogotenente, e promuovendo l’insediamento di Ben Ali, mentre al contempo coltivava rapporti privilegiati con la Libia e l’Algeria, oltre a buoni rapporti con l’Egitto e tutto il Mondo Arabo laico e progressista. Oggi, invece, è tutto cambiato.
Nel desolato panorama libico odierno, forse, solo il fallimento di questa intesa voluta da Macron potrà dare all’Italia nuove prospettive di salvezza o, quantomeno, di sopravvivenza.