
Nello scontro tra Luigi Di Maio e i sindacati, Federcontribuenti si schiera con il grillino. Queste le sue parole che hanno provocato l’immediata reazione del mondo sindacale: “I sindacati si autoriformino o ci pensiamo noi. Più rappresentanza per i lavoratori e meno privilegi per i sindacati, maggiore tutela dei giovani precari e stop agli stipendi da capogiro dei sindacalisti che sfiorano i 300mila euro all’anno”.
La federazione italiana a tutela dei contribuenti e dei consumatori, ha fatto due conti in tasca alle sigle sindacali.
“Oltre il 43% degli iscritti ai sindacati, scrive Federcontribuenti, sono pensionati, circa 7 milioni, e l’importo della detrazione sindacale mensile varia da 2,50 euro fino a 5 euro, il ritorno economico è quindi altissimo senza alcuno sforzo. Intanto a maggio 2017 un tribunale di Roma accusava proprio la CGIL di aver agito in favore dei 1.666 licenziamenti Almaviva”.
“Per ogni pensione fino alle 500 euro, si legge ancora sul portale della federazione che tutela i diritti e le esigenze dei consumatori, la detrazione sindacale è pari a 2,51 euro e arriva a 5 euro per le pensioni oltre le mille euro. Poi ci sono i caf, i patronati che fruttano soldi, tanti soldi e se una volta i sindacati si finanziavano con le tessere oggi le entrate arrivano direttamente e ogni mese sul conto della federazione senza fare niente. A turno tutti i candidati premier attaccano i sindacati e se è vero che la Costituzione difende l’organizzazione sindacale è altrettanto vero che le stesse sigle hanno perso interesse nella lotta di classe”.
Federcontribuenti attacca la triade per la condotta assunta durante la vertenza Almaviva, citando la sentenza RG2342/2017 del Tribunale di Roma contro il sindacato CGIL-Slc, nella quale è ricostruita la notte di trattativa del 22 dicembre durante la quale partirono le lettere di licenziamento: “durante il drammatico confronto ospitato presso il Ministero dello Sviluppo, i delegati aziendali della CGIL – Slc si divisero facendo cadere ogni ostacolo ai licenziamenti di Roma – senza chiedere – alcuna interruzione delle trattative per attendere la consultazione dei lavoratori”, fatto gravissimo e lesivo oltre che contrario alle funzioni sindacali. 1.666 lavoratori hanno visto sfumare il proprio posto di lavoro e sono ancora in causa contro l’azienda.
Per la federazione a tutela dei contribuenti e dei consumatori, “questo sono diventate oggi le storiche sigle sindacali che dopo aver fatto man bassa di iscritti, soprattutto pensionati, dopo aver conquistato tutto il territorio nazionale con i loro caf e patronati, si son dimenticati di svolgere il loro compito primario – difendere i lavoratori; il diritto al lavoro; il diritto ad un salario proporzionato al costo della vita e andare contro le scellerate scelte governative sulle delocalizzazioni. Oggi in Italia la realtà sindacale è inadeguata ai drammi che vivono i lavoratori di ogni settore”.
“Un governo, conclude Federcontribuenti, non potrà riformare le corporazioni sindacali, ma potrebbe rendergli la vita più difficile eliminando qualche privilegio concesso alle grandi sigle sindacali. Chi può riformare un sindacato sono gli iscritti, togliendogli la delega sulle pensioni, tesserandosi con sigle minori e più interessate a difendere i propri lavoratori. Insomma, levandogli il pane dal tavolo. Questa volta Di Maio non ha detto concettualmente una cavolata, ma le tifoserie si sono già schierate e si sa, tra i due litiganti il terzo godrà, i sindacati”.