Il 25 marzo l’Unione Europea festeggerà i 60 anni del Trattato di Roma, col quale nasceva la Comunità Economica Europea. A tre settimane da quella ricorrenza, i capi di governo di Germania, Italia, Spagna e Francia si sono dati appuntamento a Versailles, che il Re Sole, Luigi XIV, volle impreziosire con uno stupendo Palazzo, che sarebbe diventato il simbolo della Monarchia assoluta francese ma che, al tempo stesso, avrebbe anche dato inizio a quei problemi culminati poi nella Rivoluzione.

Versailles è un luogo simbolo per l’Unione Europea, che della “pace” ha fatto una retorica, perché nel 1919, nella cosiddetta Galleria degli Specchi della Reggia, fu firmato uno dei Trattati che pose fine alla Prima Guerra Mondiale, ma, aggiungiamo noi, proprio quel Trattato pose le basi per l’inizio della Seconda.

Proprio qui, quindi, Angela Merkel, François Hollande, Paolo Gentiloni e Mariano Rajoy hanno voluto annunciare “l’Europa a più velocità”, un’Unione Europea a diversi gradi di integrazione che riuscirà a sconfiggere l’avanzata dei partiti populisti. Perché ad oggi, ammettono, l’Unione “non è più sostenibile”.

Dice Hollande che questi quattro Paesi hanno “la responsabilità di tracciare la via. Non per imporla agli altri ma per essere una forza al servizio dell’Europa che dà l’impulso. […] L’unità non è l’uniformità. Ed è per questo – dice – che auspico nuove forme di collaborazione in grado di permettere ad alcuni paesi di andare avanti con più decisione e rapidità, senza che altri restino emarginati o che possano opporsi”.

Sulla stessa linea sembra Angela Merkel, la quale aggiunge: “L’Europa è stata costruita sulla pace, Versailles ne è uno dei simboli. se ci fermiamo ora tutto quello che abbiamo costruito potrebbe crollare. Abbiamo tutti l’obbligo di continuare l’integrazione europea. […] Dobbiamo avere il coraggio di lasciare andare avanti alcuni paesi anche se altri non vogliono seguirli. Un’Europa a più velocità è necessaria per andare avanti. Nessuno deve restare escluso, ma nessuno deve sentirsi obbligato ad aderire a ogni progetto”.

A seguire gli altri c’è anche il nostro Paolo Gentiloni, per il quale è necessaria una UE “più integrata ma che possa consentire diversi livelli di integrazione. È giusto e normale che i Paesi possano avere ambizioni diverse e che a queste ambizioni ci siano risposte diverse, mantenendo il progetto comune. […] Serve un’Europa sociale, che guardi alla crescita e agli investimenti. Un’Europa in cui chi rimane indietro non consideri l’UE come una fonte di difficoltà, ma come una risposta alle proprie difficoltà. E non siamo ancora a questo livello”.

Per le celebrazioni del Trattato di Roma, i 27 Paesi dell’Unione presenteranno una dichiarazione congiunta. Non si sa ancora molto di come precisamente sarà questa “Europa a più velocità”, ma i temi su cui si è fatto perno, oltre al sociale, alla crescita e agli investimenti, riguardano la sicurezza e soprattutto la difesa.

E’ da scartare pertanto l’ipotesi di un “Euro a due velocità” che qualcuno aveva suggerito circa un mese fa, dopo le dichiarazioni di Angela Merkel al vertice di Malta. Vedremo anche come si comporterà l’Italia, visti i problemi economici che ben conosciamo e che sono accentuati e provocati proprio dalla moneta unica e dalle regole di bilancio restrittive dell’Unione. Una maggior integrazione,  fatta seguendo le regole tedesche, sarà sicuramente un male.

In più, basta osservare i leader presenti a Versailles per capire che qualunque progetto di riforma si tenti di portare avanti in questo momento non è sostenuto da una politica stabile e forte.

Hollande presto dovrà lasciare il posto ad un altro presidente, probabilmente non socialista e con l’incognita Marine Le Pen in agguato. Anche Angela Merkel potrebbe non vincere le prossime elezioni tedesche e sarà forse costretta a cedere il posto di Cancelliere al socialista Schultz. Il nostro Paolo Gentiloni è a capo di un governo precario che se ben nelle intenzioni intende arrivare a scadenza di mandato nel 2018, attende soltanto che Matteo Renzi sistemi le cose nel Partito Democratico, ripulito dagli ex DS, per far cadere il governo e andare a nuove elezioni.

L’unico sicuro del proprio posto sembra Mariano Rajoy ed è tutto un dire. Alla fine, come al solito, a tenere in mano l’Unione Europea sono i burocrati non eletti della Commissione, insieme alla BCE che presto cambierà anch’essa il suo capo. Per cui, probabilmente, anche del vertice di Versailles di ieri rimarranno solo le parole.

Intanto, se guardiamo a casa nostra, ci accorgiamo che forse servirebbero da parte dell’Unione Europea, progetti più concreti. Di recente il neo eletto Presidente del Parlamento Europeo, Antonio Tajani, ha visitato le zone terremotate del Centro Italia e ha promesso per la ricostruzione post-sisma, fino a 2 miliardi di euro dalla UE, ovviamente versate in più tranches pluriennali. Allo stesso tempo, la Commissione Europea ha chiesto all’Italia una manovra correttiva sulla Legge di Stabilità 2017 pari a 3,4 miliardi di euro e il governo italiano entro aprile dovrà trovare questi soldi, pena l’apertura della procedura d’infrazione. Avrebbero fatto prima a destinare quei 3,4 miliardi tutti per il terremoto, in aggiunta a quelli già destinati dalla legge di bilancio 2017.

La risposta “populista” arriva dal sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi, il quale ha intenzione di fare del suo comune una Contea. Nascerà quindi la Zona Franca della Contea di Amatrice, per garantire l’esenzione fiscale totale ai piccoli imprenditori e alla popolazione colpita dalla calamità naturale. I motivi di tale scelta? Li spiega lo stesso sindaco in un’intervista al Fatto Quotidiano: “‘L’esenzione fiscale totale è una misura irrinunciabile se si vuole far ripartire l’economia di queste zone’.

Ma non dovrebbe pensarci lo Stato?

‘In Parlamento è in discussione un decreto molto corposo, che probabilmente conterrà anche la richiesta d’introdurre la Zona Franca per alcuni Comuni del cratere sismico. Ma i tempi si stanno dilatando troppo. E poi incombe la scure dell’Unione Europea, che quasi certamente si opporrà considerando queste misure come una forma di concorrenza sleale’.

E allora Pirozzi prova a fare da sé. Alle imprese che erano attive ad Amatrice il 24 agosto, perlopiù piccole attività a condizione famigliare, verrà concesso di non pagare le tasse: sarà il Comune a versare il corrispettivo allo Stato, attingendo ai fondi accumulati grazie alle donazioni volontarie. Nessuna azienda, stando ai calcoli preventivi effettuati dagli uffici comunali, versa in media più di 200mila euro nell’arco di tre anni: ed è questo il de minimis, ovvero la soglia al di sopra della quale qualsiasi aiuto da parte dello Stato viene considerato illegittimo da Bruxelles“.

Marco Muscillo

UN COMMENTO

  1. Questa soluzione non servirà a nulla se non ad accentuare le differenze e i problemi.
    Avremo una Europa di sere A e una di serie B e poi avremo altre serie.
    Non è chiaro cosa siano queste doppie e triple velocità ma credo sia la fregatura per mantenere nel carro, o meglio fuori dal carro ma legati alla corda dei più forti, i paesi dove i “populismi” come vengono chiamati sono in crescita.
    Il risultato sarà una crescita ulteriore dei “populismi” dappertutto.
    Questa “soluzione” non è niente altro che l’anticamera della dissoluzione dell’Unione Europea.
    E’ evidente che non si vogliono esaminare veramente le cause del fallimento dell’ Unione Europea e questo non farà altro che determinarne definitivamente la fine.
    Alle prossime elezioni nei vari paesi vedremo nascere e crescere forze politiche nuove che faranno uscire uno alla volta tutti i paesi da questa unione fasulla e fatta solo per le banche e i grandi capitali.
    Dovremmo iniziare a pensare non ad una unione delle nazioni che ha fallito ( visto che era solo una unione delle banche centrali e capitali finanziari interessati a ridurre o eliminare le sovranità popolari) ma ad una europa dei popoli.
    Sembra una parola “populista” ma invece racchiude significati diversi da quelli fino ad ora portati avanti in questa europa fasulla.

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