Di fronte al mistero della morte, l’uomo dovrebbe sempre provare rispetto e persino timore. Anche perchè, prima o poi, la morte tocca a tutti. E invece, nel caso della scomparsa dell’ormai anziano e malato Lìder Maximo, Fidel Castro, abbiamo visto troppe, decisamente troppe persone prodursi in un’inopportuna danza macabra, in isteriche grida di giubilo o addirittura (è soprattutto il caso della comunità cubana a Miami) festeggiamenti da stadio, neanche si fosse trattato di celebrare la vittoria della squadra del cuore. Ma, a quel popolo d’inconsapevoli, che gioivano di una morte che è comunque anche nel loro destino, facevano da contraltare le dichiarazioni di tanti politici ed opinionisti occidentali che ugualmente, in forma metaforica, insultavano le spoglie mortali di Fidel e vi sputavano sopra, elevando ben più che idealmente i loro calici alla dipartita del “dittatore”. Un gesto che costoro ben s’erano guardati dal fare quando, invece, a morire erano stati i veri dittatori e massacratori del proprio popolo Pinochet e Videla.
Neppure in occasione della morte di Chavez si videro simili “danze macabre” da parte del mondo mediatico e dell’opposizione golpista e antinazionale dei Capriles e dei Carmona. Anche in quel caso, comunque, ne furono fatte e dette di tutti i colori, e soprattutto s’assistì ai tripli salti carpiati d’insigni politologi che assicuravano come, morto il grande capo, tutta l’impalcatura politica che questi aveva messo in piedi sarebbe prontamente crollata in breve tempo.
Si può dire che le loro capacità analitiche fossero decisamente contaminate dal desiderio, come affermano con un loro celebre detto gli anglosassoni, o meglio ancora dalla malafede: sia pur tra mille difficoltà, la Repubblica Bolivariana è sopravvissuta a Chavez ed è ancora oggi in piedi. Lo stesso discorso, a maggior ragione, può essere fatto per lo Stato Socialista cubano, che a guardar bene era già orfano di Fidel come minimo dal 2006, quando questi improvvisamente s’ammalò e dovette sospendere il proprio ruolo politico e direttivo a favore del fratello Raul e della nuova guardia del Partito. Eppure, in questi dieci anni, Cuba è andata comunque avanti, compiendo importanti progressi e soprattutto ardue riforme, che a volte hanno anche contrastato il precedente lavoro di Fidel, sebbene nella maggior parte dei casi lo abbiano invece assecondato e sviluppato. Il paese sapeva che Fidel non poteva essere eterno ed era quindi preparato alla sua inevitabile scomparsa: e l’ha accettata con rispetto, con compassione, in una forma che decisamente ha ben poco a che vedere con l’ineleganza e la stoltezza che invece ha caratterizzato il nostro mondo occidentale.
Da tempo, ormai, Fidel Castro a Cuba si faceva sentire più che altro con le sue “riflessioni”, lunghi articoli in cui questi esaminava la situazione interna ed internazionale, accettando quindi ben più che implicitamente un ruolo di “vecchio saggio” o di “padre nobile” della nazione, che aveva pertanto rinunciato al potere limitandosi solo ad impartire consigli che, dato anche il suo prestigio, spesso ma non obbligatoriamente venivano presi in considerazione. In queste riflessioni spesso Fidel raccontava anche la sua vita passata, da grande rivoluzionario e “oppositore globale” all’imperialismo e al neocolonialismo.
E un racconto ancor più preciso e dettagliato di questa sua carriera di grande rivoluzionario mondiale la si può trovare nella sua biografia “Cento Ore con Fidel”, pubblicata anche in Italia e scritta nel 2005 insieme a Ramonet. In questo libro Fidel Castro racconta non soltanto l’infanzia e la gioventù, ma soprattutto il sostegno dato all’indipendenza e alla libertà di paesi come l’Angola, dove le truppe cubane operarono per ben due volte, nel 1975 e nel 1988, sconfiggendo lo Zaire di Mobutu e il Sudafrica dell’Apartheid, entrambi sostenuti dagli Stati Uniti e dall’Inghilterra e mossi dall’obiettivo di spartirsi l’Angola e d’impedirne il raggiungimento della sovranità nella forma di Stato Socialista. Tanto nel 1975 quanto nel 1988 le truppe cubane ebbero un facile trionfo su truppe decisamente più numerose ed armate, e diedero così uin enorme contributo non soltanto alla libertà dell’Angola, ma anche e soprattutto alla fine del regime dell’Apartheid in Sudafrica, che da quelle sconfitte, soprattutto da quella del 1988, non si riprese mai entrando invece in una crisi irreversibile. E infatti Mandela, per trent’anni prigioniero in un carcere del Sudafrica segregazionista, disse di avere al mondo due soli amici: Gheddafi e Castro, che tanto l’avevano aiutato. Non Bill Clinton, non Tony Blair, che pure millantavano d’avere con lui chissà quale profondo rapporto amicale, ma Gheddafi e Castro.
Fidel Castro diede un grande impulso ai movimenti rivoluzionari di tutto il mondo, che cercarono sempre, talvolta con successo, talvolta no, d’imitare la sua formula basata sulla guerriglia. Nel vicino Nicaragua vi riuscirono, e fu il trionfo della Rivoluzione Sandinista capitanata da Daniel Ortega. Quando il campo socialista collassò, a causa delle mosse suicide di Michail Gorbaciov, che pure Fidel aveva attentamente messo in guardia, Cuba si ritrovò da sola. L’embargo indetto dagli Stati Uniti continuava, ma dall’altra parte non c’era più il COMECON con cui commerciare e da cui ricevere tutto quello che non poteva arrivare dall’Occidente. Il paese inaugurò il doloroso “periodo speciale”, durato dal 1992 ai primi anni del nuovo Secolo, e tuttavia anche in quella grave situazione di ristrettezze il paese riuscì a salvaguardare i suoi eccellenti traguardi in materia scolastica e sanitaria. Il contingente di medici cubani “Henry Reeves” è sempre stato disponibile a tutti i paesi che ne avevano bisogno e che si trovavano in situazioni di calamità, anche nel pieno di quel periodo. Medici cubani andarono in Africa, a Timor Est, in Sud America, in Pakistan, ovunque. Con la “Operazione Miracolo” medici cubani hanno guarito dalla cataratta i malati di mezza America Latina, dai Caraibi ai paesi dell’ALBA.
Persino cittadini statunitensi sono riusciti ad aggirare le sanzioni imposte a Cuba dal loro paese per farsi curare nell’Isola Grande. Molti di loro erano persone che avevano contratto gravi patologie dopo l’11 Settembre, e che la sanità privata del loro paese si rifiutava di curare in modo adeguato. La storia è raccontata anche da Michael Moore nel suo “Sicko”.
La fulminea risposta nell’attacco di Playa Giron, o Baia dei Porci che dir si voglia, dove il tentativo d’attacco statunitense al giovane governo rivoluzionario cubano venne prontamente neutralizzato, il fedele sostegno dato durante il “periodo speciale”, la pazienza manifestata nei numerosi attentati orditi contro il paese dalla CIA (celebre, purtroppo, è il caso dell’aereo di linea cubano fatto esplodere in volo dal terrorista Posada Carriles nel 1976), tutti questi elementi ci aiutano a comprendere quanto il popolo cubano abbia sempre creduto nella propria Rivoluzione e nella figura di Fidel Castro. Anche questo, insieme al fatto d’aver saputo scongiurare in molti casi le trame dell’imperialismo e del neocolonialismo internazionali, spiega l’amore e il rimpianto che in tanti adesso manifestano per Fidel, in tutto il mondo. Chi invece ora festeggia, come abbiamo già detto, manifesta soltanto la sua piccolezza, la sua meschinità.
Fidel Castro e’ stata la prova del fallimento della politica americane nel mondo gia’ dal 1959, non sono riusciti a rovesciare il governo rivoluzionario e non ci sono mai riusciti, nonostante anni di embargo assurdo.
La malafede americana continua a esistere dimenticando la situazione che esisreva a Cuba prima della rivoluzione, con un regime dittatoriale che aveva svenduto il paese a tutte le mafie, che il popolo era poverissimo,senza istruzione e senza servizi sanitari, uno dei popoli piu’ poveri della terra, e tutto a vantaggio di una infima minoranza di cubani che sostenuti dagli americani vivevano da nababbi sulla vita di migliaia di cittadini che erano oppressi oltre che schiavizzati, con un tasso di mortalita’ infantile allucinante.
Nessuno parla della condizioni di Cuba prima di Castro, ma bisognerebbe farglielo ricordare. Il governo di Castro ha retto e continua a esistere ancora per tutti questi anni in barba a tutti i tentativi golpisti effettuati dalla CIA. Castro a ridato dignita’ (una parola che no esisteva prima a Cuba) ai cubani che difesero strenuamente la rivoluzione nel tentativo di invasione americano con il disatro della baia dei porci ( nome adatto a quei cubani che morirono per conto della CIA e di Kennedye che avrebbero voluto restaurare il regime fascista demolito).
Cuba e castro sono stati la dimostrazione vivente del fallimento delle loro politiche gia’ da allora, fallimenti che hanno portato anche paesi come l’Iran a fare le stesse cose, e i tentativi simili di rovesciare governi non graditi sono finiti sempre male, Vietnam insegna.
Ora tutto il sudamerica ha una autonomia politica che non era pensabile qualche anno fa e la presenza di Cuba e del suo esempio ha portato migliaia di sudamericani a comprendere che la dignita’ non si vende per un pugno di dollari.
Un saluto al Lider Maximo . I grandi non muoiono mai e lui lo e’ stato veramente e restera’ nella memoria di tutti quelli che non chinano la testa davanti ai prepotenti e agli imperi oppressori.
Anton Giulio Lotti
Ottimo articolo!