Il 17 luglio, il Cremlino ha annunciato la fine degli accordi di Istanbul sul grano, o accordi del Mar Nero, che garantivano il trasporto di grano ucraino verso altri Paesi. “Gli accordi del Mar Nero non sono più in vigore. La scadenza, come ha detto prima il presidente russo, è il 17 luglio. Purtroppo, la parte dell’accordo del Mar Nero che interessa la Russia non è stata ancora rispettata”, ha annunciato il portavoce Dmitrij Peskov, il quale tuttavia ha aggiunto che “non appena questa parte [dell’accordo] sarà soddisfatta, la parte russa tornerà immediatamente all’attuazione di questo accordo”.
A beneficio del lettore, ricordiamo che gli accordi di cui sopra furono firmati il 22 luglio dello scorso anno a Istanbul, in Turchia, e sono costituiti da un pacchetto di documenti sulla fornitura di alimenti e fertilizzanti al mercato internazionale. Gli accordi, che originariamente avrebbero dovuto avere una durata di 120 giorni, sono stati successivamente prorogati a novembre, a marzo e l’ultima volta a maggio, nonostante la Russia lamentasse il mancato rispetto degli accordi da parte di Kiev.
Va anche sottolineato che Peskov ha fatto notare che la posizione della Russia sulla sospensione della sua partecipazione all’accordo sul grano è stata annunciata prima del più recente atto terroristico sul ponte di Crimea – noto anche come Ponte di Kerč’ -, e che questo attacco non ha dunque influenzato la decisione di Mosca.
Dal punto di vista russo, la responsabilità per la fine dell’accordo ricade completamente sulla parte ucraina e sull’Occidente collettivo. Boris Gryzlov, ambasciatore della Federazione Russa in Bielorussia, ha sottolineato che “le controparti hanno sistematicamente omesso di implementare di proposito tutti i parametri e i termini chiave dell’accordo” e “sono pienamente responsabili della fine dell’iniziativa”. L’ambasciatore ha anche messo in evidenza gli atti ostili compiuti dalla parte ucraina nei confronti della Russia, come gli attacchi terroristici alle condotte dell’ammoniaca Togliatti-Odessa nel mese di giugno e il recente attacco al ponte di Crimea, che, sebbene non siano la ragione della decisione russa, dimostrano la mancata volontà da parte di Kiev di mantenere la pace nel Mar Nero.
Tornando al mancato rispetto degli accordi, la Russia rimprovera all’Occidente collettivo a guida statunitense di non aver mantenuto l’impegno di ricollegare la Banca Agricola Russa (Rossel’chozbank) alla rete di pagamento internazionale SWIFT, riprendere le forniture di pezzi di ricambio per i mezzi agricoli e garantire la logistica e l’assicurazione delle esportazioni di grano. Per queste ragioni, Mosca non ha avuto altra scelta se non quella di notificare ufficialmente alla Turchia, all’Ucraina e al Segretariato delle Nazioni Unite la sua obiezione a qualsiasi ulteriore estensione dell’accordo sul grano. In seguito a questo annuncio, l’accordo ha ricevuto una proroga di sole 24 ore per permettere la fine delle operazioni in corso, ed è stato terminato il 18 luglio.
“Un anno dopo, i risultati del lavoro sull’attuazione degli accordi in questione sembrano deludenti“, si legge nella nota ufficiale rilasciata dal ministero degli Esteri russo, che spiega nel dettaglio le ragioni della decisione. “Nel bel mezzo del […] sabotaggio totale dell’attuazione degli accordi di Istanbul, l’estensione dell’iniziativa del Mar Nero che è fallita di fronte al suo scopo umanitario, non ha senso”, si legge ancora nel testo. “In conformità con la clausola N dell’accordo, la parte russa si oppone alla sua ulteriore estensione”. Ciò significa revocare le garanzie di sicurezza della navigazione, chiudere il corridoio umanitario marittimo, tornare a una situazione in cui le acque nord-occidentali del Mar Nero saranno temporaneamente rischiose da attraversare e sciogliere il Centro di coordinamento congiunto di Istanbul.
“Contrariamente agli obiettivi umanitari annunciati, la fornitura di cibo ucraino è stata quasi immediatamente spostata su una base puramente commerciale e fino all’ultimo momento è stata finalizzata a servire gli interessi mercenari di Kiev e dei suoi sponsor occidentali”, ricorda ancora il ministero degli Affari Esteri moscovita. “Per tutta la durata dell’iniziativa del Mar Nero sono stati consegnati in totale 32,8 milioni di tonnellate di carichi, di cui oltre il 70% (26,3 milioni di tonnellate) sono stati forniti a paesi con livelli di reddito elevati e superiori alla media, compresa l’UE. Etiopia, Yemen, Afghanistan, Sudan e Somalia in particolare, hanno rappresentato meno del 3%, ovvero 922.092 tonnellate”.
Dunque, la Russia accusa la parte occidentale di aver implementato l’accordo a proprio vantaggio, permettendo anche ad un numero ristretto di multinazionali di beneficiare di quella che doveva essere un’iniziativa volta ad evitare crisi umanitarie in Paesi poveri e colpiti da conflitti, come quelli citati nel comunicato russo. Non a caso, la dichiarazione del ministero ricorda anche che le corporazioni occidentali Cargill, DuPont e Monsanto possiedono la maggior parte dei terreni agricoli ucraini: “D’altra parte, gli europei che acquistano cibo ucraino a prezzi ribassati artificialmente, lo trasformano successivamente nelle loro strutture per essere ulteriormente rivenduti come prodotti pronti ad alto valore aggiunto. In effetti, l’Occidente guadagna il doppio sulla vendita e sulla lavorazione del grano. Inoltre, gli Stati Uniti e l’UE aumentano gli incassi creando carenze artificiali di merci e spingono i prodotti agricoli russi fuori dai mercati globali introducendo sanzioni unilaterali illegali”.
La decisione di Mosca non deve tuttavia essere considerata definitiva, ma la Russia potrà prendere in considerazione la ripresa dell’accordo sul grano solo se vedrà risultati reali, non promesse, secondo la dichiarazione: “Se le capitali occidentali apprezzano davvero l’iniziativa del Mar Nero, riflettano seriamente sul rispetto dei loro impegni e sull’effettiva rimozione dei fertilizzanti e del cibo russi dalle sanzioni. Solo con risultati concreti, non con promesse e assicurazioni ricevute, la Russia potrà prendere in considerazione la ripresa dell’accordo”, si legge nella parte conclusiva della nota ministeriale.