Fin dagli albori della televisione pubblica, il Festival di Sanremo si è accreditato come la più seguita manifestazione popolare italiana. Milioni di persone seguono lo spettacolo trasmesso in mondovisione dalla Rai.

Che piaccia o meno, il Festival rappresenta anche sul piano internazionale un aspetto dell’identità culturale del Bel Paese. L’Italia ha lanciato da Sanremo successi planetari che celebrano la vita, la felicità e l’amore.

Abbiamo appreso perciò con incredulità che, in una delle serate clou dell’evento, presumibilmente sabato 11 febbraio, interverrà Volodymyr Zelenskij, capo di Stato di uno dei due paesi che oggi combattono la sanguinosa guerra del Donbass. Una guerra terribile, fomentata da irresponsabili invii di armi e da interessi economici e geostrategici inconfessabili, che ha portato il mondo sull’orlo di un olocausto nucleare per la prima volta dopo la crisi dei missili di Cuba. Una guerra che ha ragioni complesse, tra cui il fatto che la Nato sia andata ad “abbaiare ai confini della Russia” (utilizzando le parole di Papa Francesco), oltre alle conseguenze della brutale repressione del governo nazionalista di Zelenskij contro la popolazione russofona, soprattutto in Donbass.

Una guerra che come italiani abbiamo il dovere costituzionale di “ripudiare”, non soltanto di rifiutare, nel rispetto dell’ Art. 11 Costituzione, ma che invece continuiamo a finanziare, favorendone così in modo diretto e indiretto la letale escalation.

L’Italia non solo invia armi (ed aumenta il budget militare in una fase economica difficilissima per la maggioranza degli italiani), ma lascia che la NATO e gli Stati Uniti utilizzino a loro piacimento il suo territorio, in assenza di qualsiasi forma di controllo governativo, parlamentare e popolare. A causa di questa posizione acritica e supina, l’Italia ha rinunciato a svolgere l’importante ruolo di mediazione geopolitica che corrisponde alla sua vocazione storica, abdicando al contempo al proprio interesse nazionale e al proprio ruolo di fondatrice del processo di unificazione europea, come struttura per assicurare la pace fra le nazioni.

Proprio in queste settimane, mentre la propaganda infuria sui giornali controllati dagli interessi del blocco finanziario che si riconosce nella NATO, è in corso da parte americana la sostituzione dei precedenti ordigni nucleari. Questi già da anni collocati sul suolo italiano (in violazione del Trattato sulla non proliferazione nucleare a suo tempo sottoscritto sia dagli USA che dall’Italia) saranno ora sostituiti con dispositivi di ultimissima generazione, dotati di intelligenza artificiale e piena manovrabilità a distanza.

Un’operazione pericolosissima anche nell’immediato, di cui il popolo italiano, che più volte si è espresso contro il rischio nucleare anche civile, è tenuto all’oscuro.

Riteniamo dunque tragicamente ridicolo e profondamente irrispettoso di un’ampia fetta dell’opinione pubblica che non si riconosce nelle politiche militari dei governi Draghi e Meloni il fatto che Zelenskji sia invitato a Sanremo. Il dramma oggi in corso nel suo Paese non è altro, infatti, che l’epilogo di un conflitto ben più lungo, quale quello del Donbass, che i maggiori Stati della NATO (quegli stessi cui oggi l’Italia è accodata!) hanno contribuito ampiamente a fomentare, limitandosi ad appoggiare militarmente l’Ucraina, nel corso degli anni.

Come intellettuali abbiamo il dovere di comprendere ciò che avviene dietro le quinte, e ci mettiamo perciò a disposizione per parlare al popolo italiano, che a tal fine invitiamo alla mobilitazione sabato 11 febbraio a Sanremo, per partecipare ad una grande assemblea popolare di piazza. L’Italia deve uscire subito dalla guerra interrompendo ogni aiuto diretto o indiretto a una delle parti in conflitto.

L’ Italia non può rassegnarsi a restare un deposito di ordigni nucleari micidiali sotto controllo americano, né luogo di laboratori e centri di ricerca bellici. È necessario liberare il nostro territorio da questa presenza.

Saremo a Sanremo l’11 febbraio per dire al mondo in modo motivato e razionale ma forte e chiaro: Il ripudio della guerra significa ripudio senza se e senza ma.

La sovranità può essere limitata solo per assicurare la pace e la giustizia fra le nazioni (Art. 11 Cost.).

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Ugo Mattei (Generazioni Future/CLN; giurista, professore universitario)
Manlio Dinucci (CAMPAGNA FUORI L”ITALIA DALLA GUERRA, giornalista)
Germana Leoni (Comitato No Guerra No Nato, giornalista)
Alberto Bradanini (ex ambasciatore)
Franco Cardini (storico, professore universitario)
Carlo Freccero (massmediologo)
Joseph Halevi (economista, professore universitario)
Moni Ovadia (regista, drammaturgo)
Paolo Cappellini (storico del diritto, professore universitario)
Franco Guarino (reporter)
Geminello Preterossi (filosofo del diritto, professore universitario)
Roberto Michelangelo Giordi (scrittore, cantautore)
Alessandro Somma (giurista, professore universitario)
Savino Balzano (sindacalista, saggista)
Anna Cavaliere (giurista, professore universitario)
Thomas Fazi (economista, saggista)
Carlo Magnani (giurista, ricercatore)
Pasquale De Sena (giurista, professore universitario)
Alessandra Camaiani (giurista, ricercatrice)
Gabriele Guzzi (economista, presidente de L’Indispensabile)
Giovanni Messina (giurista, ricercatore)
Giulio Di Donato (filosofo del diritto, ricercatore)
Sara Gandini (epidemiologa, biostatistica, professore universitario)
Simone Luciani (editore)
Sirio Zolea (giurista, ricercatore)
Giorgio Bianchi (giornalista, attivista)
Alessandro Di Battista (politico, giornalista)
Giuseppe Mastruzzo (direttore International University College of Turin)