PARIGI – Il corpo di Sallah Ali giace immobile di fronte al commissariato del 18° arrondissement. Dopo un tentativo di aggressione ad arma bianca al grido di “Dio è grande”, l’uomo franco-marocchino che indossava una finta cintura esplosiva è stato freddato dagli agenti di polizia. Per qualche ora, il 7 gennaio scorso, nel quartiere della Goutte-d’Or, la paura e l’insicurezza sono tornate protagoniste. Nel giorno della commemorazione dell’attacco a Charlie Hebdo che nel gennaio 2015 costò la vita a 17 persone, la minaccia terrorista è ancora presente.
Il dibattito pubblico in Francia continua a essere profondamente segnato da eventi di questo tipo: all’indomani delle elezioni regionali (tenutesi lo scorso dicembre) i temi della sicurezza e della lotta alla minaccia terrorista restano centrali. Come spiegato dal ministro francese dell’economia Emmanuel Macron in una recente intervista al quotidiano Le Monde, la crisi economica e sociale che sta vivendo la Francia in questi ultimi anni è fortemente correlata alla proliferazione del fenomeno dell’estremismo jihadista. Una sorta di alienazione di una parte della popolazione appartenente a una fascia sociale svantaggiata che non si identifica più nei valori della République e che invece adotta i modi d’azione di questa ideologia rivoluzionaria inneggiante all’estremismo islamista.
Il tema che occupa le tribune dei quotidiani francesi negli ultimi giorni è quello della decadenza di nazionalità per i bi-nazionali condannati per atti di terrorismo, misura promessa dal presidente François Hollande all’indomani degli attacchi terroristici di novembre e fortemente sostenuta dal premier Manuel Valls. Per il primo ministro, la decadenza di nazionalità rappresenta oggi un dispositivo essenziale per “difendersi da chi attacca gli interessi fondamentali della nazione”. Una posizione molto distante da quella sostenuta dallo stesso Valls nel 2010, quando definì “nauseabondo” il dibattito sulla decadenza di nazionalità lanciato dall’allora presidente Nicolas Sarkozy.
Oggi le posizioni sono molto cambiate e la polemica intorno a questa misura ha provocato una spaccatura in seno al Partito Socialista francese. Christiane Taubira, ministro della giustizia, che rappresenta l’anima più a sinistra del PS, ha preso le distanze dal progetto di legge costituzionale proposto dal suo stesso partito. La guardasigilli ha dichiarato in una recente intervista televisiva che la decadenza di nazionalità non è una misura “auspicabile”, considerando in particolare “l’efficacia irrisoria” che avrebbe un tale provvedimento. Con il ministro della giustizia molti altri eletti nelle file dei socialisti non condividono una tale riforma, mettendo a dura prova la stabilità interna del partito di governo.
L’opinione pubblica dimostra, però, di approvare una tale iniziativa legislativa; secondo un sondaggio di OpinionWay commissionato da Le Figaro la stragrande maggioranza dei francesi, circa l’85%, si dice favorevole alla decadenza di nazionalità. Ciò spiega inoltre il volontarismo del governo PS e del Presidente Hollande di monopolizzare il discorso politico attorno a questo tema sensibile, limitando le opposizioni e cercando di ottenere la simpatia degli elettori di destra. In effetti, il clima d’incertezza sorto all’indomani delle elezioni regionali ha spinto maggioranza e opposizione a riformulare le proprie proposte politiche in previsione della campagna presidenziale.
Con il Partito Socialista che guarda sempre più a destra e il partito dei Repubblicani ostaggio della leadership di Nicolas Sarkozy, il Front National esulta per quella che considera come una misura necessaria. I senatori e i deputati eletti nelle file del partito di estrema destra hanno dichiarato che voteranno la proposta di legge costituzionale del governo, chiedendo inoltre al presidente Hollande di spingersi più in là, semplificando le procedure di espulsione e mantenendo i controlli alle frontiere. Molti osservatori vedono in questo progetto di legge costituzionale sulla decadenza della nazionalità una concessione della maggioranza all’estrema destra e al suo elettorato.
Il dibattito si annuncia quindi lungo e intenso, considerando che tutte le formazioni politiche utilizzeranno questo tema nell’ambito della campagna elettorale per le presidenziali del 2017. La società francese da parte sua si trova ancora una volta di fronte alle proprie contraddizioni. La decadenza di nazionalità, soprattutto se generalizzata nella sua applicazione, costituisce una misura contraria alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite. I principi di universalismo ed egualitarismo, figli della filosofia illuminista, della rivoluzione francese e valori costitutivi della République, sono ancora una volta messi in discussione. L’appartenenza di alcuni cittadini alla nazione francese è sempre più ostaggio di un dibattito ideologizzato: in un paese nel quale il discorso sull’inclusione e l’esclusione è una delle cause dell’attuale disagio sociale, gli stessi termini non possono di certo essere adottati come soluzione alla deriva estremista.
Andrea Radouan Mounecif