Alle elezioni legislative di due mesi fa, i francesi avevano in massa votato per il cambiamento, assegnando al Nouveau Front Populaire, l’alleanza di sinistra guidata da Jean-Luc Mélenchon, oltre il 25% delle preferenze e ben 180 seggi. Certo, il NFP non disponeva dei seggi necessari per governare da solo, ma si pensava che alla fine si sarebbe giunti ad una soluzione nel rispetto del voto popolare. Invece, negli ultimi due mesi il presidente Emmanuel Macron ha dato vita ad una vera e propria levata di scudi contro il NFP, rifiutando tutte le proposte della coalizione di sinistra, compresa la candidatura di Lucie Castets come nuovo primo ministro.
Macron ha dunque deciso di ignorare il responso delle urne, forzando quelli che sono i suoi poteri costituzionali al fine di trovare una soluzione che escludesse del tutto la sinistra dal governo. Questo dimostra anche come l’establishment veda con molto più timore un governo di sinistra anche rispetto ad un possibile sostegno nei confronti dell’esecutivo da parte dell’estrema destra del Rassemblement National, che infatti non ha escluso la possibilità di garantire i voti necessari alla tenuta del governo più impopolare nella storia della Quinta Repubblica.
Pur di evitare un governo di sinistra, Macron ha fatto ricorso ad un vecchio volto della politica francese, pescando nelle file di Les Républicains (LR), il partito del centro-destra tradizionale che alle elezioni ha superato di poco il 5% dei voti. Barnier, 73 anni, vanta una lunga carriera politica nel corso della quale ha ricoperto numerosi incarichi ministeriali sotto le presidenze di Jacques Chirac e Nicolas Sarkozy, prima di diventare commissario europeo a due riprese, ed infine essere nominato capo dei negoziati per la Brexit. In pratica, i francesi hanno chiesto un cambiamento radicale, ma Macron ha risposto rispolverando l’usato sicuro, quello che piace sia alle classi dominanti francesi che agli eurocrati di Bruxelles. Barnier diventa dunque il più anziano primo ministro della V Repubblica, succedendo in questo incarico a Gabriel Attal, che invece era stato il più giovane al momento della sua nomina.
“Questa nomina avviene dopo un ciclo inedito di consultazioni durante il quale, conformemente al suo dovere costituzionale, si è assicurato che il primo ministro e il governo futuro riuniscano le condizioni per essere i più stabili possibile e per avere la possibilità di unire nel modo più ampio”, si legge nel comunicato ufficiale dell’Eliseo, che tuttavia rappresenta solo una parte della verità. Macron avrebbe infatti potuto garantire la stabilità di un governo di sinistra offrendo il sostegno dei suoi parlamentari, ma evidentemente ha deciso di fare altrimenti, immaginando un governo che per il momento è solo teorico, in quanto ben lontano dal raggiungere la maggioranza (i 159 seggi di Ensemble e i 39 di LR da soli non possono garantirla, salvo sostegno esterno dell’estrema destra).
Ovviamente, dopo il “mezzo golpe” di Macron, le reazioni da parte della sinistra francese non si sono lasciate attendere. “Michel Barnier a Matignon [residenza ufficiale del primo ministro francese, ndr] è il candidato minoritario di un partito minoritario, nominato da un presidente sconfitto, al servizio di una politica liberale e antisociale. È un terribile colpo per la democrazia e per il popolo francese”, ha scritto Pierre Ouzoulias, presidente del Parti Communiste Français (PCF), attraverso i social media. “Liberale, europeista, antisociale, Barnier è agli antipodi del messaggio inviato dai francesi alle elezioni legislative”, ha scritto invece il segretario nazionale Pierre Laurent, secondo il quale la scelta di Macron rappresenta “uno schiaffo in faccia ai francesi che aspirano al cambiamento”.
Anche il primo segretario del Parti Socialiste (PS), Olivier Faure, ha espresso il suo disappunto. “Nominando Michel Barnier a Matignon, rappresentante di una forza politica uscita sconfitta dalle elezioni legislative, Emmanuel Macron calpesta il voto dei francesi e va contro lo spirito della nostra Repubblica“, si legge in un comunicato ufficiale rilasciato dal PS. “Un primo ministro proveniente dal partito che è arrivato quarto e che non ha nemmeno partecipato al fronte repubblicano. Stiamo entrando in una crisi di regime”, ha affermato Faure.
Quanto sta avvenendo in Francia ribadisce ancora una volta quello che affermiamo da tempo, ovvero che nelle sedicenti democrazie occidentali i risultati delle elezioni contano solo quando questi sono favorevoli alla classe dominante ed al potere costituito. Quando, invece, il popolo chiede il cambiamento, tutti i principi democratici vengono rapidamente posti nel dimenticatoio, dando vita a governi tecnici e alleanze improvvisate pur di evitare l’ascesa delle forze percepite come “anti-sistema”.
Di fronte al colpo di forza di Macron, i rappresentanti del Nouveau Front Populaire hanno ribadito l’invito a una mobilitazione nazionale prevista per sabato 7 settembre. Eventi sono previsti in oltre 150 comuni disseminati su tutto il territorio francese. La manifestazione principale avrà naturalmente luogo a Parigi, dove proprio in questi giorni si stanno svolgendo i Giochi Paralimpici: partirà da Place de la Bastille alle 14:00 e terminerà a Nation.
La Confédération Générale du Travail (CGT) e altri sindacati legati al mondo della sinistra francese hanno invece indetto uno sciopero per il 1° ottobre al fine di chiedere l’abrogazione della riforma delle pensioni e l’aumento dei salari.