“In Francia vedo uno stato d’emergenza sociale ed economica”, ha esordito un compassato, umile Macron davanti ai microfoni della televisione di Stato francese, apparendo negli schermi delle case di molti suoi concittadini. I consiglieri per la comunicazione gli hanno detto d’adottare, per quest’occasione, uno stile più colloquiale, meno pretenzioso, in contraddizione con quello tenuto fino ad oggi, buono solo a far imbestialire chi già ha buone ragioni per essere arrabbiato per conto suo.

E quindi ha aggiunto: “Ne usciremo bene tutti insieme, lo voglio per la Francia, siamo apripista per noi e per gli altri. Non possiamo restare divisi. Attraversando questa crisi, riconcilieremo i francesi”. “Ma come?”, avranno subito pensato i Gilet Gialli, ascoltando questo discorso dove il fumo sostituiva l’arrosto, “prima ci affami, poi ci bastoni, e poi ci dici pure che usciremo insieme da questa crisi? Ma chi ti vuole? Riconcilieremo i francesi? Quali, noi e i quattro miliardari per cui lavori, che magari poi non sono nemmeno francesi?”.

“Prenderò misure già da questa settimana”, ha continuato, dichiarando che il governo adotterà precise misure di carattere sociali, ma poi ha detto: “La violenza è inaccettabile, saremo intransigenti coi violenti”. E anche qui, probabilmente, i Gilet Gialli avranno detto: “Quale violenza è inaccettabile? Quella dei tuoi militi, che hanno persino tirato le granate a Parigi, costate un occhio ad una ragazza ed un braccio ad un ragazzo, e che non contenti hanno poi buttato giù dalla carrozzella e malmenato un paraplegico, o magari quella dei cosiddetti casseurs che proprio il tuo Ministero dell’Interno ha infiltrato tra di noi per delegittimarci ed autorizzare la risposta violenta delle forze di polizia?”.

“Non dimentico la collera dei francesi. Questa indignazione è condivisa da molti, non posso sminuire la loro collera. Abbiamo risposto all’aumento della tassa sui carburanti che è stata annullata, ma servono misure profonde. La collera è giusta, in un certo senso”. Un discorso, lo vediamo tutti, decisamente molto fumoso: ed infatti i Gilet Gialli hanno dichiarato che continueranno sempre a manifestare, come se il (non loro) Presidente non avesse detto nulla.

Macron ha promesso un aumento degli stipendi di cento euro a partire dal 2019, oltre all’annullamento della contribuzione sociale generalizzata (CSG) per i pensionati che guadagnano meno di duemila euro al mese: siamo praticamente ai livelli del piazzista di paese, quello che arrivava col furgoncino e che, insieme al servizio di pentole, prometteva pure l’abito da sposa. Dire che Macron e tutta la cosiddetta “Eurocrazia” oggi abbia le armi spuntate nei confronti del malcontento popolare, prima di tutto in senso politico, è dire poco.

E’ tempo di “costruire un nuovo compromesso nazionale”, ha poi dichiarato Macron in privata sede, lontano dai riflettori della diretta televisiva nazionale, incontrando i corpi intermedi dello Stato, secondo fonti citate dal canale BFM-TV. Secondo tali dichiarazioni, secondo Macron “in Francia s’è sempre gestito il presente (…) e nessuno ha mai gestito il lungo termine”. La politica draconiana, da lacrime e sangue, purché sempre a costo del popolo, non è dunque abbandonata, ma solo rinviata, ed in ogni caso solo a piccole dosi. Le “riforme” degli ultimi 18 mesi, insomma, non verranno mai messe in discussione: peccato, perché sono tra le tante misure che i Gilet Gialli contestano.

Nel frattempo i deputati della sinistra di Melenchon hanno dichiarato di voler aspettare i prossimi annunci di Macron prima di procedere con la mozione di censura (ovvero di sfiducia) contro il governo. Alla mozione si sono associati anche i deputati del Partito Socialista e Comunista, e stando ai numeri a disposizione non ha praticamente alcuna possibilità d’arrivare a qualsivoglia risultato. La lotta dunque continuerà ancora, come fino ad oggi, sul terreno extraparlamentare.