L’identità di un popolo ha le sue radici nel Patrimonio che, salvaguardato e protetto, racconta il passato. Tanto più il Patrimonio è componente essenziale dell’identità palestinese perché la sua conservazione è parte della sua Resistenza. Fin dal 2008, anno di pubblicazione del saggio di Ilan Pappé “La pulizia etnica della Palestina” (Fazi Ed.) sappiamo delle ferite inferte al patrimonio culturale e oggi prendiamo atto che l’identità culturale palestinese è ridotta in macerie.

A proposito mi sorge spontaneo un confronto con la “distruzione degli idoli” messa in pratica da gruppi fondamentalisti islamici (Talebani e ISis, ad esempio) ad interpretazione del Sacro Corano che condanna le civiltà precedenti (o estranee) alla missione profetica di Maometto come colpevoli di jāhiliyya (ignoranza). La differenza tra fondamentalisti islamici militanti e Stato ebraico in realtà si riduce a poco: i primi distruggono – con le loro mani – i segni del buddhismo o i segni di civiltà precedenti l’Islam conservati in musei e siti archeologici, Israele invece – per decisione governativa di Stato democratico – usa armi tecnologiche per distruggere indiscriminatamente passato e presente del nemico palestinese. Detto ciò continuo ancora a non comprendere i due pesi e due misure con cui il mondo occidentale giudica la distruzione di Patrimonio, a seconda che venga praticata da gruppi terroristi radicali musulmani o da fanatici razzisti, quelli sì antisemiti, abbarbicati al problema della loro sopravvivenza numerica.

Ma parliamo di Patrimonio palestinese di Gaza in cui distruzioni di oggi si sommano a distruzioni passate.

Il patrimonio architettonico complessivo del Governatorato di Gaza ammonta a 195 siti, le dimore storiche ne rappresentano oltre la metà, seguono 39 colline e siti archeologici, 21 moschee e luoghi di preghiera, 13 santuari e zawiya (centri di insegnamento religioso e pratiche di culto), 22 edifici pubblici di valore storico, 9 cimiteri, 5 monasteri e 5 chiese, 5 palazzi, 4 mercati, 2 khan (alberghi caravanserragli), 1 fontana e 1 hammam. Dall’inizio del conflitto, il 7 ottobre, fino alla fine di febbraio è certificata la distruzione o il grave danneggiamento di molti siti in un rapporto del dr. Ahmed Al-Barshi per due Ong (heritageforpeace.org con ANSCH) e un rapporto del Ministero della Cultura palestinese.

Sono stati distrutti completamente: la Chiesa Bizantina a Jabaliya e la Chiesa Ortodossa di San Porfirio, uno dei più antichi monumenti cristiani dell’inizio del 5° secolo (18 fedeli vittime del bombardamento); la Moschea Al-Omari (a Jabaliya); la Moschea Sheikh Sha’ban (a Gaza city); la Moschea Al-Zafar Dmari (a Shuja’iya); Maqam Khalil Al-Rahman (ad Abasan); il Centro per Manoscritti e documenti antichi; Anthedon, l’antico porto ellenistico con ancora in corso ricerche archeologiche. Sono stati danneggiati: Monastero St. Hilarion; Cimitero inglese; Moschea Al-Omari, nel centro della città di Gaza col celebre minareto distrutto; Pasha Palace esempio unico di antico palazzo; il centenario Mercato Al-Zawya e l’hammam di Al Samra, il più antico e unico attivo rimasto a Gaza nel quartiere Zeitoun della Città Vecchia.

Mi soffermo ora su due monumenti che conosco meglio: la Moschea Al-Omari di Gaza e i resti del Monastero di St. Hilarion (Tell Umm el-‘Amr).

La Moschea Al-Omari, uno dei simboli della ‘complicata’ storia di Gaza tra occupazioni e terremoti, è stata danneggiata in modo grave l’ 8 dicembre 2023. In quel sito i primi filistei avevano eretto un tempio in onore di Dagan (divinità cananea della fertilità e del raccolto, padre di Baal), trasformato dai bizantini in una chiesa, che diventò moschea con la conquista islamica. Il minareto fu distrutto da un terremoto nel 1033. In seguito i crociati tornarono a farne una chiesa, ma la struttura fu di nuovo utilizzata dai Mamelucchi come moschea che venne distrutta dai Mongoli e da un nuovo terremoto nel 1260. Riacquistato il suo splendore con gli Ottomani, fu danneggiata in un bombardamento britannico nel 1917.

Situati sulle dune costiere 10 chilometri a sud di Gaza City, i resti di St. Hilarion (Tell Umm el-‘Amr), monastero cristiano tra i più grandi del Medio Oriente, abbracciano più di quattro secoli di storia, dal tardo impero romano al periodo omayyade. Essendo l’unico sito archeologico accessibile al pubblico a Gaza, era una testimonianza preziosa, ma le bombe israeliane hanno colpito anche lì, per fortuna con danni non gravissimi. Il complesso è formato da cinque chiese, un’ampia cripta, stabilimenti termali, e vanta bellissimi pavimenti in mosaico. Il monastero più antico (340 circa) è attribuito a Sant’Ilarione, originario della regione e padre del monachesimo palestinese. Abbandonato dopo un terremoto del VII secolo fu scoperto nel 1997 dagli archeologi palestinesi e da Jean-Baptiste Humbert della Scuola biblica e archeologica francese di Gerusalemme.

Il sito che si trova tra gli uliveti e le abitazioni del paese, era stato incluso nel World Monuments Watch 2012 e classificato come “salvataggio necessario” dal Global Heritage Network nel 2016. A quanto ne so era in restauro nel 2019 – previsione di lavori per almeno altri tre anni – diretto dall’archeologo palestinese Fadel Al-Otol. Il 23 gennaio 2024 in un incontro online Fadel ha dichiarato:“Avrei bisogno di giorni per parlare di tutta la distruzione dei siti archeologici a cui stiamo assistendo. Stiamo documentando ogni forma di attacco su questi siti… L’archeologia di Gaza è una testimonianza della tolleranza religiosa e della cultura umana condivisa. Non ho pianto tanto per la distruzione della mia casa quanto per la completa distruzione della Città Vecchia di Gaza”.

Ma non basta l’attacco a siti e monumenti, i soldati israeliani sono recentemente entrati anche negli archivi archeologici supervisionati dalla Scuola francese di archeologia, contenenti migliaia di importanti reperti rinvenuti e raccolti in 28 anni di scavi condotti dall’Ecole biblique di Gerusalemme. Afferma il Ministero del Turismo e dell’Archeologia: “L’assalto al deposito archeologico di Gaza da parte dell’occupazione israeliana è una grave violazione del patrimonio palestinese, viola le convenzioni internazionali come la quarta convenzione di Ginevra del 1949, la convenzione dell’Aia del 1954 sulla protezione dei beni culturali nell’evento del conflitto armato e i suoi protocolli (1954 e 1999), e la Convenzione del 1970 sulle misure da adottare per vietare e prevenire l’importazione, l’esportazione e il trasporto di proprietà illegali di beni culturali, e la Dichiarazione mondiale dell’Unesco del 2001 sulla protezione della diversità culturale”.

Ed infine altre notizie sulla distruzione di cultura: sono stati totalmente o parzialmente distrutti 24 centri culturali, 5 grandi biblioteche pubbliche, 11 musei, librerie, case editrici. L’esercito israeliano ha utilizzato le strutture del Villaggio delle arti e artigianato, istituito nel 1998 e gestito dal Comune di Gaza, con stanze per il ricamo, la lavorazione del legno e del rame. Distrutto l’ Arab Orthodox Cultural and Social Center. Distrutto il Rashad Al-Shawwa Cultural Center. Distrutta l’Unione generale dei centri di beni culturali, fondata nel 1997 (67 istituzioni culturali affiliate e più di 120 organizzazioni partner). Bombardati il Centro per la Cultura e le Arti di Gaza, noto per il Red Carpet Film Festival, la Fondazione Nawa per la Cultura e Arti, gli Archivi centrali del Comune di Gaza, il Conservatorio nazionale musicale Edward Said.

E poi ci sono Scuole e Università pesantemente colpite: l’Università Al-Azhar (pubblica, senza scopo di lucro e indipendente, istituita nel 1991 da Yasser Arafat) di cui è stato ucciso il rettore Dr. Soufyan Tayeh con la sua famiglia; l’Università Al-Aqsa (università pubblica con campus a Gaza City e Khan Younis, fondata nel 1955); l’Università Al- Quds Open (istruzione a distanza con 60.000 studenti in 19 filiali in Cisgiordania e Striscia di Gaza).

Collaboratore con ANSCH (Arab network of Civil Society to safeguard cultural heritage) an initiative of Heritage for peace in coordination with several Civil society Organizations (CSO’s) in different Arabic countries.

Altre fonti: The Third Preliminary Report on the Cultural Sector’s Damages of Palestine Ministry of Culture

The War on the Gaza Strip October 7, 2023 – January 7, 2024; Francesco Bandarin, “A Gaza muore anche un patrimonio artistico millenario” Il Giornale dell’Arte 11/12/23; Alessandra Mecozzi “Il patrimonio millenario di Gaza cancellato dalle bombe”, Left -1/02/ 2024

Foto I 9 maggiori siti archeologici da: Il giornale dell’Arte, Francesco Bandarin 11 dicembre 2023

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