Il ministro degli esteri tedesco, in un’intervista alla Bild am Sonntag, ha stigmatizzato le manovre NATO che negli ultimi giorni hanno visto le truppe dell’Alleanza atlantica compiere diverse esercitazioni con migliaia di uomini nella regione del Baltico (Lettonia, Estonia, Lituania) e della Polonia, proprio in quel confine orientale, laddove l’Europa ha come vicino la Russia.
“In un momento come questo – ha dichiarato il ministro dell’SPD – c’è bisogno di portare avanti un discorso di dialogo con la Russia e non di surriscaldare gli animi con esercitazioni belliciste. Se qualcuno crede che con delle manovre di guerra si possa fare un passo avanti nella sicurezza, egli si sbaglia“.
Lo stesso presidente russo, Vladimir Putin, durante lo svolgimento del Forum Internazionale di San Pietroburgo aveva stigmatizzato le manovre tutt’altro che pacifiche della NATO sul fronte nord-est dell’Europa, sostenendo di non comprendere il senso delle manovre di espansione della Alleanza atlantica, non essendoci più né l’URSS né il Patto di Varsavia.
Steinmeier a tal proposito ha sottolineato come con la Russia l’Europa abbia bisogno di instaurare un dialogo, coinvolgendo Mosca in questioni nodali della politica internazionale, come la lotta contro l’islamismo radicale e la stabilizzazione del fronte libico. “La storia insegna – ha sostenuto il ministro tedesco – che la disposizione al dialogo è l’arma più efficace per la Sicurezza. Soltanto in questo modo si potrà giungere ad un accordo sul controllo degli armamenti in Europa”.
Parole concilianti, ma che difficilmente avranno un seguito, esclusi colpi di scena. Malgrado il riconoscimento della Russia come potenza internazionale affidabile, si guardi al fronte siriano, non si prospetta al momento nessun passo avanti da parte dell’Europa sulla crisi ucraina, che ha oramai superato i due anni.
Le sanzioni alla Russia, lontane dall’essere revocate dall’UE, rendono il dialogo con i russi molto arduo, quantomeno sul piano politico. La Germania, leader incontrastata di quest’Europa, palesa, tuttavia, la propria difficoltà nel traghettare l’Unione verso una sovranità completa (mancanza di unità militare e mancanza di unità di intenti fra i paesi membri) e le parole di Steinmeier sono indizio del nervosismo che aleggia nel governo di Angela Merkel, che con l’eventuale Brexit potrebbe vedere la comunità europea sfuggirle di mano.
Una comunità europea che a venticinque anni dalla caduta dell’Unione Sovietica vive ancora sotto un’obsoleta tutela NATO e che la vicenda di Euromaidan ha ampiamente dimostrato di non essere in grado di costituire un attore geopolitico indipendente. E non lo sarà finché sposerà vecchi schemi ideologici da guerra fredda: la tesi di un Occidente libero che avrebbe il dovere di contrapporsi ai regimi “totalitari” e “illiberali”.
E anche peggio sarebbe sposare le teorie huntingtoniane, che recitano che l’Occidente, conclusasi l’era delle ideologie, debba avere il ruolo di conservare il proprio status quo nei confronti delle altre civiltà che reclamano il proprio spazio nel mondo globale. Concetto pericoloso, che porterebbe l’Europa ad assumere un comportamento negativo pregiudizievole nei confronti delle economie emergenti e spesso già consolidate, che, al contrario, i paesi europei dovrebbero guardare come un’occasione da sfruttare.
In ogni caso l’Europa, a meno di cambi di passo radicali, che si continui con lo strapotere tedesco e dei suoi satelliti (che però non disdegnano qualche aiutino anche da Washington) o che si torni allo status ante-Unione è destinata al fallimento. In crisi dal punto di vista economico e costretta a lottare con i paesi emergenti per mantenere solidi i propri mercati; annientata dal punto di vista politico.