Il 12 dicembre si avvicina e con esso i preparativi per la relativa retorica da celebrazione. Recente esempio, l’intervista di Generoso Picone a Miguel Gotor pubblicata sul “Mattino” del 4 dicembre scorso. La quale, andrebbe mostrata ad esempio nelle scuole di giornalismo come esempio di informazione “all’incirca”.

Innanzi tutto, Picone presenta Gotor per quello che Gotor non è: «studioso dei casi di depistaggio nella trama nazionale» (non va tralasciato l’italiano alquanto traballante della frase: cosa mai vorrà dire “nella trama nazionale”? Vabbè ma tanto ci siamo capiti, vero Picone? Appunto, “all’incirca”).

Su cosa studi Gotor sarebbe bastata Wikipedia: «Insegna Storia moderna presso il dipartimento di studi storici dell’Università di Torino; si occupa di storia della vita religiosa fra Cinque e Seicento, in particolare di santi, eretici e inquisitori, e di storia degli anni Settanta del Novecento».

E che cavolo, Picone, almeno una sbirciatina a Wikipedia la poteva dare, no?

Poi, dall’intervista a Gotor, Picone ne desume che il 12 dicembre fu «non un tentativo di golpe» né «il giorno della perdita dell’innocenza». Eh già. Chi mise la bomba voleva fare solo un fuoco d’artificio un po’ più grande, vero Picone? In quanto all’innocenza perduta quel giorno: egregio Picone, facendo il giornalista e non l’astrofisico, dovrebbe pur sapere perché il 12 dicembre è stato definito in quel modo. Le risultano altre “stragi di Stato” prima di Piazza Fontana?

Veniamo alle domande. Picone chiede «il 12 dicembre non fu il primo tentativo di colpo di Stato in Italia»? No, Picone, non fu il primo. Non facendo l’astrofisico dovrebbe saperlo: luglio ’64, De Lorenzo. Le risposte di Gotor non sono meno ilari. Poiché anch’esse approssimative, superficiali con l’aria di affermare chissà che sconvolgenti rivelazioni.

Innanzitutto a Gotor non piace la definizione “giorno dell’innocenza perduta”, perché «la categoria dell’innocenza non mi pare quella più adatta a spiegare la quantità e la qualità del conflitto che si è generato». Come dire: io chiedo una limonata e mi si porta un’aranciata perché “tanto sempre frizzante è”.

Egregio senatore, la definizione riguarda quel giorno e non tutti gli anni di piombo; e l’innocenza fu persa perché da quel giorno si capì che lo Stato non era più solo “scontro di piazza” ma intrigo, complotto, depistaggio. Insomma, lo Stato “giocava sporco” con la pelle dei suoi cittadini. Non faccia finta di non capire (e di no ricordare), Gotor: altro che, come lei afferma «definizione autoindulgente»!

Poi, tanto per cambiare, Moro: «era perfettamente consapevole dei meccanismi depistanti e di copertura dispiegati dal governo e dai vertici degli apparati di sicurezza che avevano portato a coprire la pista nera».

Se l’italiano ha un senso, il Gotor pensiero è questo: Moro avrebbe partecipato con “perfetta consapevolezza” al depistaggio volto ad accusare “i rossi”. Solo che, messa come la mette lui, in modo generico, superficiale, si è senz’altro ai limiti della querela per diffamazione. Avesse citato fatti, episodi, colloqui, incontri, sarebbe stato un altro discorso. Ma Gotor non cita niente se non il memoriale. Dove, però, come sa chiunque lo ha letto, Moro non dice assolutamente nulla di preciso, esplicito, circostanziato. Men che mai, su sue personali responsabilità.

E allora, senatore? Lei ha fatto un’accusa precisa: o ce la supporta con qualche fatto preciso, o forse è il caso vada a fare compagnia all’astrofisico di cui sopra.

A margine, va da sé (purtroppo) che il valente giornalista Picone “dimentica” di chiederglielo lui, questo fatto preciso a supporto della sua affermazione.

L’ultima risposta del senatore Gotor è talmente surreale che si stenta a credere l’abbia detta davvero. Per Gotor la libertà di Freda sarebbe una “cocente e imperitura umiliazione”. Si badi bene: per Freda. Non per i parenti delle vittime che lo vedono girare libero; non per lo Stato che in 50 anni e caterve di processi non è riuscito a trovare i colpevoli; non per chi ha speso una vita per cercare la verità (una vita in senso letterale: il giudice Alessandrini). No, secondo il surreale ragionamento di Gotor, l’umiliato sarebbe Freda. E infatti, s’è visto e si vede quanto si senta e si comporti da umiliato, Gotor.

E per di più, il fatto che sia libero, dopo tutto ciò che emerso in fatto di depistaggi, insabbiamenti, coperture, ecc. sarebbe «segno di forza particolarmente educativo». “Educativo” Di che, Gotor? “Segno di forza” di chi, Gotor? Credete che il valente giornalista Picone gliel’abbia chiesto? Ovviamente no.

UN COMMENTO

  1. ” nella tarda mattinata del 12 dicembre Moro ricevette una telefonata che gli suggeriva di fare attenzione nel rientro ZX la telefonata proveniva da ambienti vicini al PCI “

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