
La vicenda che coinvolge il giovane “attivista” Giulio Regeni sembra una scena da film, alla James Bond, ma qui non c’è nessuna finzione cinematografica.
Il 3 Febbraio 2016 ha inizio ufficialmente “il caso Regeni”, i giornali, talk show e politici nostrani non hanno fatto in tempo ad apprendere la notizia che già si annunciavano “ripercussioni”, “embarghi”, accuse verso il governo Al-Sisi, il ritiro dei diplomatici e altre azioni di boicottaggio verso il Cairo.
Regeni da quanto ci viene raccontato dal professor Gennaro Gervasio che teneva i contatti con il giovane studente italiano sarebbe arrivato in Egitto ufficialmente per “studiare il sindacalismo egiziano”, tramite Maha Ahbdelramah, docente a Cambridge, esperta di medio oriente e tutor del ragazzo friulano.
Un anno e mezzo di “battaglie” diplomatiche, inchieste giudiziarie, intanto in Italia fioccano manifestazioni di protesta capeggiate da senatori, associazioni come Amnesty International, trasmissioni d’inchiesta, la condanna contro il governo Al-sisi è pressoché totale.
Ma facciamo una disamina dal punto di vista geo-strategico di questa vicenda, il cadavere di Regeni viene ritrovato nel momento in cui la delegazione italiana capeggiata dal ministro Guidi approda al Cairo per firmare importanti accordi, commerciali, militari e non solo: sul piatto c’è anche il bacino di Zohr, scoperto da Eni nel 2014 e in gestione assieme alla Egyptian Gas Natural company, è il più grande giacimento di gas del mediterraneo.
Dal punto di vista strategico questa scoperta ha allarmato altri colossi dell’energia, in primis British Petroleum e Total, ed ecco che si inserisce la vicenda Regeni, con l’Università di Cambridge che fa da sfondo a “una guerra di spie”, l’ateneo britannico a detta di molti analisti è terreno di conquista per il servizio segreto MI6.
Ma non è tutto, si viene a sapere che lo stesso Regeni tra il 2013 e il 2014 è stato operativo presso la “Oxford Analytica”, struttura d’intelligence che ha nei suoi uomini di punta John Negroponte, ex ambasciatore statunitense e creatore delle milizie “contras” per attenuare l’avanzata sandinista in Nicaragua negli anni 80.
Sappiamo che Regeni aveva contatti con l’opposizione egiziana, con alcuni rappresentanti della fratellanza musulmana che aveva espresso come presidente Mohammed Morsi (condannato a 25 anni di carcere per spionaggio), spodestato dai militari egiziani guidati dal generale Al-Sisi nel 2013.
Altro punto di scontro tra Italia ed Egitto in questi mesi è stata la questione “Libia”, da una parte l’Italia con gli Stati Uniti vicine al governo di Tripoli di al-Serraj, dall’altra Russia e appunto Egitto vicine al generale Haftar, governatore di Tobruk, intanto l’ambasciatore italiano ha già lasciato il Cairo da parecchio tempo.
La vicenda Regeni come vediamo si incunea alla perfezione per minare i rapporti diplomatici ed economici storici che legano le due nazioni mediterranee.
Solamente in questi ultimi mesi notiamo delle inversioni di marcia sul caso Regeni, dovuti forse a un cambio negli assetti politici internazionali. I partiti di opposizione come il M5S e qualche membro dei partiti di governo, come il presidente della Commissione Affari Esteri della Camera Fabrizio Cicchitto, cominciano a parlare di “intromissioni” da parte di agenzie di intelligence estere (una pista che la magistratura italiana aveva già preso in considerazione mesi orsono), ritorna l’ambasciatore italiano in Egitto e si cerca la via della “realpolitik” e con le inchieste congiunte.
Questo mutamento o “trasformismo” tutto italiano lo dobbiamo al fatto che la classe dirigente e politica del nostro paese ha perso del tutto la prospettiva “mediterranea” che aveva portato l’Italia ad essere considerata un partner di prima importanza e stabile per paesi in fase di sviluppo negli anni del dopo guerra come Egitto, Siria, Libia, Algeria solo per citarne alcuni, frutto dell’azione politica dei vari Enrico Mattei, Aldo Moro, Bettino Craxi e Giulio Andreotti.
La vicenda Regeni ci mostra che la classe politica è totalmente dipendente dalla “politica delle cannoniere” (es. Libia 2011) e totalmente inconsapevole dei mutamenti geo-politici e strategici a livello sia regionale sia mondiale.