L’ultimatum di Giuseppe Conte era anche questa volta un penultimatum.
Ventiquattro ore dopo quel furente “il nostro è un no fermo al riarmo. Il M5S si opporrà con tutta la sua forza parlamentare all’aumento sconsiderato delle spese militari”, nelle Commissioni Esteri e Difesa del Senato, riunite in seduta congiunta, è arrivato il via libera all’aumento al 2% delle spese per armi previsto dall’ordine del giorno di Fratelli d’Italia. Tra l’altro senza ricorrere al voto dell’Aula.
La linea di Draghi era chiara: senza il rispetto dell’impegno con la NATO sugli investimenti militari viene meno il patto di maggioranza, che tradotto vuol dire tutti a casa, poltrone e indennità comprese. Un rischio troppo grande per quel che resta del Movimento Cinque Stelle e dell’ex premier gialloverde e giallorosso.
La resa, l’ennesima, si è consumata oggi. Anche se le truppe contiane provano spudoratamente a sbandierare come un successo la diluizione delle spese militari in un arco di tempo più lungo, entro il 2028 invece del 2024.
Il Conte di lotta di appena 24 ore fa, è stato sostituito dal Conte di governo di oggi. Il bi-incoronato leader pentastellato prova ad addobbare alla meglio il pugno di mosche che si è ritrovato in mano: “Anche con me c’è stato un aumento, ma fisiologico. Però pensare in breve tempo di arrivare al 2% significa distrarre risorse finanziarie laddove invece si tratta di tutelare l’interesse dei cittadini, per investirle in equipaggiamenti militari. Questo non lo permettiamo ed è per questo che insistiamo con il governo”.
“L’Italia e il governo devono andare in tutti i consessi internazionali a testa alta e con il nostro pieno sostegno”, aggiunge l’ex ‘avvocato del popolo’.
La farsa dello strappo sulle spese militari, è stata solo l’ennesima giravolta di un partito allo sbando e senza più identità. Prima il voto favorevole alla Camera, poi l’inalberamento, infine l’allineamento. Come nella peggiore tradizione della politica politicante italiana.
“Nel nostro Dna c’è la pace ma siamo stati favorevoli a sostenere l’invio di armi, essendo ben consapevoli che il frastuono delle armi, con la conseguente carneficina che provocano, non è certo lo scenario a cui lavoriamo”. Così parlò Giuseppe Conte, quello che andò per incartare e si incartò. Un “migliore” qualunque.