
ANSA ha riportato, il 19 dicembre scorso, che nel 2015 gli italiani tra i 16 e i 74 anni connessi a Internet sono aumentati di un milione. Un dato importante, certo, considerando che – come riporta sempre ANSA – fino al 2014 gli italiani a non aver navigato le pagine Internet erano più di 21 milioni. ANSA riporta anche, però, l’intervento del Ministro Madia sulla creazione del PIN unico per accedere ai servizi di rete.
Nel mondo elettronico, le identità digitali vengono smontate in un insieme di dati. Da un lato, questi dati vengono ridotti all’atomo e divisi in piccoli pacchetti che le case di telefonia e gli imprenditori dei servizi internet vendono e comprano, lasciandoli perennemente in vendita; dall’altro questi dati costituiscono l’identità digitale dei navigatori. I dati contengono le informazioni bancarie, i servizi di messaggistica e finanche la cronologia delle ricerche e dei siti visualizzati dagli utenti internet.
Sul tema dell’identità virtuale, e in particolare della privacy, si è espresso più volte il giurista Stefano Rodotà, che dice che Internet serve a:
“[…] potersi proiettare nel mondo liberamente attraverso le proprie informazioni, mantenendo sempre però il controllo sul modo in cui queste circolano e vengono utilizzate da altri”.
In altre parole, Rodotà vede impossibile separare l’accesso a internet dal diritto alla privacy del navigante. E lo dice per un motivo molto importante: tra le informazioni virtuali, che vengono continuamente acquistate e cedute sul mercato, circolano anche quelle sanitarie, politiche e sociali dei naviganti. Rodotà quindi nota il passaggio della necessità della privacy da diritto individuale per gli individui i più abbienti (che serve a lasciare i ricchi tranquilli e impuniti) a diritto che invece tutela le classi più basse della società. Non a caso, è nello Statuto dei Lavoratori il primo segno di diritto alla privacy in Italia: sancendo l’impossibilità del controllo a distanza delle prestazioni lavorative, era impossibilitata infatti ogni tipo di indagine sugli orientamenti politici dei lavoratori. Meccanismo che ha funzionato in particolar modo con la FIAT che riceveva vere e proprie schede informative sui propri dipendenti dalla Questura di Torino.
Dice infatti Rodotà: “Senza una forte tutela del “corpo elettronico”, dell’insieme delle informazioni raccolte sul nostro conti, la stessa libertà personale è in pericolo e si rafforzano le spinte verso la costruzione di una società della sorveglianza, della classificazione della selezione sociale(evitare le discriminazioni in base alle opinioni e condizioni di salute): diventa così evidente che la privacy è uno strumento necessario per salvaguardare la “società della libertà”. Senza una resistenza continua alle microviolazioni, ai controlli continui, capillari, oppressivi o invisibili che invadono la stessa vita quotidiana, ci ritroviamo nudi e deboli di fronte a poteri pubblici e privati: la privacy si specifica così come una componente ineliminabile della “società della dignità”
I dati sull’aumento dell’accesso a internet sono quindi positivi, perché Internet è uno strumento utile per implementare le possibilità di informarsi e acquisire criticità rispetto al mondo reale. Non bisogna però tralasciare il problema posto da Rodotà: bisogna tentare di eseguire due operazioni di primaria importanza, specie in un momento in cui gli utenti informatici aumentano.
La prima operazione è quella di istruire i cittadini a un uso responsabile e attento di Internet e di tutte le sue diramazioni (Social Network, Blog), insegnando a giovani e anziani – attraverso ore scolastiche e corsi di apprindimento – a districarsi nel mondo virtuale e non rimanere intrappolati in contenuti che possano metterli a rischio sia sul piano personale che sul piano economico. Sono infatti molti e in continuo aumento i casi di truffa virtuale.
La seconda, invece, è di stampo economico: controllare e tutelare i dati, le interazioni, i contenuti e tutto ciò che forma il pacchetto dell’identità virtuale dei cittadini. Quando le grandi imprese informatiche e telefoniche acquistano dati in blocco, non fanno alcuna distinzione su cosa acquistano realmente. Questo perché, essendo i pacchetti di dati virtuali atomizzati, ridotti all’osso e quindi microscopici, é impossibile controllare ogni acquisto. Per questo, sarebbe fondamentale garantire l’unicità dell’identità virtuale del cittadino, collegandola però a meccanismi di tutela della privacy. Sarebbe, altrimenti, un’arma a doppio taglio: chiunque potrebbe accedere alla vita dell’altro, portando anche a seri problemi reali. (Perdita del lavoro, compromissione della vita privata).
Sviluppare e garantire l’accesso a Internet é un’operazione necessaria e fondamentale in questo secolo. Non dimenticandosi, però, che sarebbe necessario trovare un Enrico Mattei informatico: le più grandi piattaforme informatiche, come Google o Facebook, sono statunitensi. Sarebbe invece necessaria la ricerca di una via indipendente dell’accesso a Internet (come sta cercando di fare la Repubblica Popolare Cinese), che potrebbe anche essere un baluardo protettivo alla messa sul mercato delle informazioni virtuali.
Tete Mir