In questa seconda parte si apprende il ruolo di certe organizzazioni umanitarie, lo sfruttamento dei profughi e come operino determinate associazioni “pro migranti”, presenti nel territorio per tutti gli scopi fuorché quello di aiutare davvero questi disgraziati. Illuminante è scoprire come certi attivisti raggirino i profughi col miraggio del raggiungimento di fantomatiche “terre promesse”, spingendoli a rifiutare l’aiuto qualificato di chi opera con competenza e professionalità. Mere e becere provocazioni che, in molti casi, finiscono in tragedia.
“Questo è un luogo pazzesco”, afferma Kevin Kelly, un commerciante della cittadina di Carlow nel sud – est dell’Irlanda. Kelly è arrivato con gli amici Phil e Mike e il suo camion carico di aiuti umanitari. A Carlow ha fondato un’organizzazione umanitaria chiamata ” The jacket off your back”, più o meno “l’ultima giacca”, in senso lato l’ultima camicia, quella che andrebbe regalata ai bisognosi. “Ho visto molto dolore, ma questo supera ogni cosa”, dice Kelly. In particolare è stato impressionato dalle notti di Idomeni, quando c’è silenzio e all’improvviso scompare, poiché dalle tende si odono i pianti e le tossi dei bambini. Per quanto grande sia la confusione ad Idomeni, Kelly, Phil e Mike si distinguono con i loro cappelli verdi del giorno di St. Patrick. Hanno 5000 paia di scarpe da bambini e più qualche centinaio di stoffa, tutte da distribuire. Così si è sparsa la voce che gli uomini col cappello verde avrebbero avuto qualcosa di prezioso nel loro camion, e si è formata subito una lunga coda. Il Signor Kelly e i suoi amici hanno discusso su come distribuire le scarpe, senza sovraccarichi. Pochi passi più in là i testimoni di Geova diffondono volantini, accanto opera il “Global Hope Network”, la “Rete globale della speranza”. “Aiuto contro l’invisibile e la sofferenza”, grazie ad un generatore a diesel e una stazione di corrente per caricare gratuitamente i cellulari. Nessuno sa esattamente quante organizzazioni e gruppi siano attivi ad Idomeni, quali obiettivi o quali interessi essi perseguano. Il ministero della sanità greco, la croce rossa ungherese, l’Alto commissariato ONU per i rifugiati, i giovani di “Somma Maestra Ching Hai, “Be vegan, make peace”, sono solo alcuni di essi.
E’ totalmente impossibile ottenere una visione d’insieme, circa chi o cosa o per conto di chi, o contro chi stia agendo, ma una cosa è certa di sicuro: non tutti coloro che sono ad Idomeni per far finta di aiutare fanno del bene. A tal proposito, ciò che quindi ad Idomeni non si vede, lo può segnalare in modo molto chiaro Angelo Syrigos. Egli è Professore di diritto internazionale all’Università Panteion di Atene ed è stato dal 2012 per tre anni il Segretario di Stato del Ministero dell’Interno Greco per Migrazione e profughi. Durante quel periodo ha imparato toccando con mano, che diverse “Organizzazioni umanitarie”, “Attivisti per i profughi”, non sono altro che potenti Lobby, che non rifuggono certo da inganni o minacce e che abusano dei migranti utilizzandoli per i loro scopi. Sono gruppi radicali, che si distinguono per un “diritto all’abbattimento dei confini”, ossia un diritto di ignorare i confini e di distruggere le fortificazioni confinarie. “Vogliono dimostrare che i confini non esistono”, è questo il riassunto dell’insieme delle esperienze di Syrigos, e riporta di un caso del novembre 2014, durante il quale letteralmente alcune centinaia di siriani erano comparsi in Piazza Syntagma ad Atene, e lì si sono poi accampati. Chiedevano a gran voce un ulteriore viaggio verso la Germania.
“Il mio primo stupore è stato quando ho appreso che non volevano parlare con i nostri assistenti sociali”, ricorda il Signor Syrigos. Aveva mandato degli interpreti ai siriani per scoprire da dove provenisse il rifiuto. Si è scoperto che gli attivisti radicali avevano già parlato coi siriani prima degli assistenti sociali e li avevano avvertiti di non mettersi in contatto con i rappresentanti delle istituzioni, perché in tal caso ci sarebbe stata la minaccia di espulsione dal Paese. Syrigos ha annotato i nomi delle organizzati: “Rosa” (da Rosa Luxemburg), “Rosinante”, “DIKTYO – Rete per i diritti politici e sociali”. Piccoli gruppuscoli che hanno 200 o al massimo 300 attivisti. Il Segretario di Stato ha stampato dei volantini in greco ed arabo, per informare i siriani che non esistessero possibilità legali per continuare il viaggio verso la Germania. “L’unica soluzione è chiedere asilo in Grecia. I richiedenti asilo hanno il diritto di rimanere in Grecia legalmente, hanno accesso all’assistenza sanitaria e possono lavorare in regola”, questo era il messaggio del volantino. “Così, una volta che noi abbiamo distribuito i volantini, sono stati subito ritirati da degli uomini dietro di noi”, afferma Angelos Syrigos. Questi erano attivisti che non volevano che i siriani ottenessero queste informazioni. Infine ha dovuto chiedere l’intervento della polizia, per poter liberamene distribuire i volantini informativi. Poco dopo, gli attivisti hanno ingaggiato un noto avvocato ateniese attivista per i diritti umani, che ha detto ai siriani di non credere in nessun caso al Segretario di Stato. “Non fidatevi, mente”. Ci sono possibilità di andare in Europa”, diceva l’Avvocatessa. Agiscono con queste modalità determinati attivisti e facilitatori dell’immigrazione clandestina.
“I trafficanti non vogliono che partano le procedure greche di diritto d’asilo, perché l’unica possibilità di guadagno che hanno è che i profughi proseguano verso Germania o Svezia. Se qualcuno si palesa come richiedente d’asilo, per loro è un cliente perso. E gli “attivisti” non vogliono che queste persone ottengano il diritto d’asilo, perché rifiutano per principio stati e confini. Così gli attivisti per i trafficanti sono solo utili idioti”.
Questo tipo di attivisti è presente anche ad Idomeni. Non è ancora chiaro chi si celi dietro il “Kommando Norbert Blüm”, poiché ogni azione porta la firma di quell’organizzazione, per ordire dei crimini ai confini. Il “Kommando Blüm” ha diffuso per Idomeni un foglio dove si esortava ad andare in massa in una stazione al confine, dove, sul lato macedone non era presente alcuna recinzione. E’ stato attraversato un fiume, nel quale sono affogati tre afgani nel tentativo di raggiungere la Macedonia. Tuttavia, il tentativo di proseguire la marcia è fallito anche perché al confine macedone c’era l’esercito. Quest’ultimo ha intercettato tutti i migranti e sono stati rispediti in Grecia.
Ora, le persone sono di nuovo bloccate nel selvaggio “lager” di Idomeni, ma sinora, nonostante le condizioni desolanti del luogo, nessuno è pronto ad allontanarsene. Da quando si è concluso, la scorsa settimana a Bruxelles il vertice tra UE e Turchia, dove si è discusso della futura sistemazione dei siriani dalla Turchia verso l’Europa – ma solo da lì – i migranti non si muovono più da qui. Almeno coloro che hanno ancora del denaro, ripongono le loro speranze in quei trafficanti che in qualche modo li conducono attraverso il confine verso la Macedonia e da lì oltre verso la Germania. Chi parla con la gente, apprende subito che nessuno vuole andare, e nessuno vuol tornare indietro in Turchia. Molti sostengono con probabilità di voler morire ad Idomeni.
In una tenda dell’UNHCR (L’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, ndt), fa pubblicità la “Greece Trafficking Hotline”, con il suo prefisso breve e gratuito 1109. Dietro questo numero effettivamente possono celarsi servizi non richiesti effettuati dai trafficanti, ma magari solo visualizzati in precedenza. “Attenzione, siete esposti al un grande pericolo di essere sfruttati, poiché i trafficanti sono famosi per sfruttare la vostra situazione difficile”, recita un cartello. “Siate sospettosi, quando i trafficanti vi offrono un lavoro. Attenzione a chiunque voglia sottrarvi il passaporto. E a tutte quelle possibilità che suonano bene per essere vere”, vengono ammoniti i migranti.
Dall’altra parte del confine, dietro la recinzione, si avvicinano alcuni veicoli blindati delle unità macedoni per le operazioni speciali. Idranti antisommossa, jeep. Anche un veicolo della polizia austriaca si trova dall’altro lato. Proprio davanti alla recinzione in tenda troviamo Nadeem, un giovane pachistano, che è solo in questo cammino, proviene da una periferia di Lahore nel Punjab e si è buttato nella rotta balcanica non appena è stata aperta. Non voleva andare in Germania, ma in Olanda, perché ad Amsterdam ci sono già dei parenti del suo Paese che vivono lì. Nadeem dice di avere a malapena dei soldi, forse 200 euro. E ora? Aspetta che la sua gente gli spedisca dei soldi da Amsterdam. E poi? “Devo trovare delle persone che mi spieghino come si prosegua”, afferma Nadeem. Indietro, non può tornare.
Fine della seconda ed ultima parte.
di Michael Martens – © Frankfurter Allgemeine Zeitung,
traduzione di Valentino Quintana per Opinione Pubblica.