Il Presidente del Camerun, Paul Biya.

Tra i paesi africani giudicati come “controcorrente” rispetto alle volontà di dominio occidentale, il Camerun del Presidente Paul Biya non può certamente sfuggire alla nostra attenzione. Considerato da sempre come un paese moderato ed equilibrato, rispettoso dell’Occidente e comunque in grado di stringere buone relazioni anche con le nazioni africane più indipendenti o “anticonformiste”, negli ultimissimi anni il Camerun ha cominciato a risentire dei profondi cambiamenti mondiali in atto, sia economici che politici. Di fronte all’apparire di nuove potenze come i BRICS e i loro più prossimi alleati, il Camerun ha iniziato a rivedere sia pur con estrema cautela la propria politica estera, come si suol dire procedendo a passo felpato. Quest’atteggiamento, estremamente pacato e misurato, non si spiegherebbe senza conoscere la personalità del Presidente Paul Biya, leader notoriamente molto saggio e prudente. Dal 1981, anno della sua elezione a Presidente, Paul Biya ha infatti assicurato al suo paese pace e stabilità, condizioni imprescindibili per il benessere e la prosperità, tutte cose che sono state effettivamente raggiunte, perlomeno guardando al non facile contesto africano. Sempre procedendo coi piedi di piombo, Paul Biya ha così lentamente ma sicuramente traghettato Yaoundè fuori dalle secche della Françafrique, verso i più promettenti lidi delle potenze emergenti e quindi dei BRICS.

Ciò, malgrado la condotta estremamente prudente, ha causato al Camerun e al suo Presidente una non indifferente serie di guai, perché ovviamente l’Occidente s’è accorto delle manovre di Paul Biya ed ha architettato di tutto e di più per scongiurarle, fino all’extrema ratio di un colpo di Stato o di una “rivoluzione colorata” che dir si voglia. Ma, prima ancora d’arrivare a questo, i francesi e gli americani hanno soprattutto puntato sul fenomeno del terrorismo islamico, incarnato in quelle terre dagli estremisti di Boko Haram, che nel nord della Nigeria hanno fondato un loro Emirato legato al Califfo al-Baghdadi dell’ISIS. La reazione popolare, civile e sociale del Camerun, di fronte a questo nuovo e grave pericolo, è stata fulminea e soprattutto esemplare per ogni nazione africana: subito si sono costituite squadre di volontari che hanno affiancato l’esercito regolare per dare la caccia agli uomini di Boko Haram ed espellerli dal paese. Prima d’oggi, ben poche altre nazioni, non soltanto africane ma anche occidentali, hanno potuto vantare un simile zelo ed un altrettanto simile coraggio nello sfidare a volto scoperto l’estremismo islamico: tra queste, per esempio, possiamo e dobbiamo citare l’Eritrea che, appena divenuta indipendente, nel 1993, si ritrovò a dover fronteggiare da sola gli uomini di al Qaeda che cercavano d’infiltrarsi dal Sudan, debellandoli oltretutto con successo. Il caso del Camerun si somma a questo prezioso precedente e c’insegna come certe nazioni africane, che noi occidentali purtroppo giudichiamo e guardiamo con sufficienza, avrebbero invece molto da insegnarci proprio su come vincere la sfida rappresentata dal fondamentalismo e dal terrorismo di matrice islamica.

La partita contro il fondamentalismo islamico non è ancora del tutto vinta, ma lo sarà di qui a breve. Il Camerun è unito e determinato nel portare avanti la sua lotta. Ciò, malgrado i ripetuti tentativi di destabilizzazione politica che gli vengono causati dall’Occidente e che sono stati pianificati già ben prima del 2014, quando a Washington si tenne il Vertice “USA – Leader Africani” fortemente voluto da Obama ed in cui furono individuati proprio tredici Capi di Stato africani, fra cui proprio Paul Biya, che dovevano essere immediatamente allontanati dalle loro funzioni perché ritenuti ostili alle politiche egemoniche della Casa Bianca. Questi tentativi sono tutti finora naufragati ed hanno per giunta ulteriormente motivato i nuovi alleati del Camerun ad offrire a questi e al suo Presidente una maggiore protezione, rendendo così ancor più difficile per Washington e Parigi qualsiasi tentativo di recuperare fraudolentemente Yaoundè ai propri interessi. La Russia, per esempio, dopo aver inviato aiuti umanitari al Camerun, ha provveduto a spedire dinanzi alle sue coste anche dei propri vascelli, a dimostrazione che Mosca s’interessa delle sorti del suo nuovo alleato africano e che non è disposta a chiudere gli occhi dinanzi a qualsivoglia tentativo francese o americano di violarne la sovranità. Quel che è già successo alla vicina Costa d’Avorio non è pertanto destinato a ripetersi, con buona pace di coloro che trionfanti compirono quella carneficina.

6 COMMENTI

  1. Grazie veramente dell’analisi. Il mondo deve essere al corrente di queste cose. Ottimo articolo!!! FORZA CAMERUN!!!

  2. Articolo molto interessante. Per fortuna alcuni occidentali sono coscienti di ciò che i loro paesi e poteri esecutivi combinano in Africa cercando di portarci soltanto instabilità. Grazie ancora di informare i vostri popoli. In bocca al lupo lavoro

  3. Complimenti Dott. Bovio per la meticolosa analisi.
    C’è un errore di data però: il Presidente Paul Biya sale al potere nel 1982.
    Boko Haram in Camerun in realtà e un gruppo di criminali che agiscono per delega o procura, per conto dell’ormai moribonda Francia e della pretenziosa USA !! Peccato che migliaia di famiglie camerunesi ne stanno pagando il prezzo !!

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