L’epidemia di Coronavirus, a quanto pare partita dal mercato del pesce della città cinese di Wuhan, ha ben presto innescato non poche preoccupazioni ed allarmismi anche da noi, oltre ad avere pure dei pesanti effetti materiali sia dentro la Cina che nei rapporti fra quest’ultima ed il resto del mondo: attività interrotte, commerci bloccati o ridotti, ecc. Fin qui, tutto anche molto comprensibile o comunque prevedibile, come del resto era già capitato di vedere in occasione di altre “celebri” epidemie del passato, dalla SARS all’Aviaria.
Tuttavia, in un mondo sempre più caratterizzato dalla circolazione incontrollata di notizie altrettanto incontrollate, è anche molto facile cadere in un clima di vero e proprio “procurato allarme”, causato magari da voci e notizie spesso complottiste o catastrofiste, diffuse tramite i social o da media le cui fonti sono ben lontane dal potersi considerare come dimostrate o dimostrabili. Abbiamo per esempio già avuto modo di vedere, in tempi recenti, quanto successo abbia arriso nell’ambito dei social alla cosiddetta “congiura dei vaccini”, che ha addirittura portato moltissime persone a non far vaccinare i propri figli o a falsificare i certificati che dovevano attestarne la vaccinazione; e tutto questo in base a strane teorie che presentavano i vaccini come sistemi di controllo sociale, come veicolo per causare nuove malattie su cui poi le multinazionali del farmaco avrebbero lucrato, e così via.
Non è un mistero che spesso le teorie più estreme, più irrazionali o con la pretesa di apparire come le più “antisistema” trovino maggior credito proprio nell’ambito delle sette o dei seguaci di pseudoreligioni o pseudoidelogie di stampo settario, dalla convinzione che i tumori si possano curare col bicarbonato a quella del Nuovo Ordine Mondiale o delle scie chimiche, e via di questo passo con tanti altri celebri e poco commendevoli esempi. Ultimamente, le sette legate al “macrobiotico” o agli “stili di vita” hanno diffuso convinzioni fortemente errate e pericolose per la salute dei propri adepti in merito al tipo di dieta da seguire, e pure in questi casi non sono mancate, puntualmente, numerose notizie di cronaca a raccontarci di persone che avevano patito gravi abusi, così come di guru processati, di truffe smascherate e così via.
Ecco che, allora, pure il Coronavirus non poteva che incontrare le spiegazioni, talvolta apocalittiche, talvolta pseudoscientifiche, altre volte ancora complottiste, di varie personalità, note e meno note, ma tutte accomunate dal medesimo fanatismo o dalla medesima mancanza di spirito critico. Alcuni, per esempio, citando un sito statunitense, hanno sostenuto che il Coronavirus fosse nato in un laboratorio militare cinese, dedito allo studio di armi batteriologiche e situato addirittura dentro la stessa città di Wuhan, in mezzo a milioni di abitanti; e, per rafforzare questa tesi, che ha per giunta trovato ospitalità e credibilità anche in alcuni programmi televisivi italiani d’informazione ed approfondimento in onda in prima serata, così come su vari giornali del nostro paese, hanno poi ben pensato di corredarla dell’autorevole parere di un “misterioso” ex consulente del Mossad. E, si pensi, è solo una delle tante tesi, forse la più fortunata in termini di diffusione, che in questi giorni abbiamo visto dilagare su molti media occidentali.
Altre testate, pur non mettendosi in contrasto con queste voci, hanno invece ben pensato di rincarare ulteriormente la dose con nuovi argomenti “a latere” che, pur non collegandosi direttamente alla questione del Coronavirus, servono però a dare al lettore italiano ed occidentale una descrizione a tinte ancora più fosche del contesto in cui l’epidemia sarebbe nata e si sarebbe poi diffusa. Per esempio un noto giornale online nazionale, ci racconta di come Wuhan non sia soltanto la città natale del Coronavirus ma pure la sede da cui partirebbero molte “fake news” e notizie di “propaganda” destinate, invece, a contagiare l’informazione dei media occidentali anziché gli organismi dei loro lettori. Tant’è che ben presto l’articolo si estende a parlare dell’arrivo dell’epidemia anche nello Xinjiang, allacciandosi così alla presunta persecuzione di cui sarebbero oggetto i musulmani Uiguri ed altre minoranze turcofone: viene così facilmente in mente, anche se non è direttamente menzionato, l’Holomodor ucraino, ovvero la grande carestia che colpì l’Ucraina negli Anni ’30, e che molti storiografi hanno poi presentato come una misura a quel tempo scientemente assunta e portata avanti da Stalin per sterminare i kulaki, ostili alla collettivizzazione, e tutti coloro che in quei territori si opponevano al potere sovietico o erano a questi sgraditi.
Così, implicitamente, al lettore viene rinnovato un discorso che già altre volte era stato insinuato: Xi Jinping è il nuovo Stalin e la Cina è la nuova Unione Sovietica, ed è tanto minacciosa la prima quanto era minacciosa la seconda: dunque, guai a fidarsi. Inoltre, si fa passare una teoria che, però, è ben lontana dal poter essere dimostrata: ovvero che l’epidemia, per Pechino, sarebbe una gran bella opportunità per sbarazzarsi di un po’ di dissidenti e prigionieri politici. In che modo? Semplice: la morte per epidemia potrebbe divenire una nuova forma di “morte naturale”, che colpisce sempre parte dei carcerati. Dopotutto, chi muore in modo “naturale”, almeno in teoria, dovrebbe destare meno sospetti di chi muore in circostanze misteriose, magari a causa di violenze. Ed ecco che a tal proposito si cita il rapporto annuale sulla persecuzione in Cina da parte della setta “Chiesa di Dio Onnipotente”, secondo cui anche 19 suoi adepti sarebbero morti in prigionia, in gran parte dei casi proprio per “morte naturale”. La Chiesa di Dio Onnipotente, essa sì davvero sempre più “onnipotente” nell’influenzare l’opinione di certi settori religiosi occidentali in marcato odor di sinofobia, quando si tratta di parlare di certe cose non manca mai.
Il punto è che non ci sono prove a fondamento di nessuna di tutte queste tesi: né della fabbrica di “bufale” di Wuhan, né dell’arrivo dell’epidemia nello Xinjiang, né che in questa regione autonoma della Cina interna, fra l’altro ben lontana da Wuhan, sia davvero in atto la “caccia alle streghe” a danno di musulmani e di Uiguri come invece da mesi ormai si sta raccontando, con grande enfasi e finora adducendo solo prove e testimonianze da parte di ambienti trumpiani o persino erdoganiani. Lo stesso dicasi per le inumane condizioni carcerarie, e per le morti che esse provocherebbero, e via dicendo. Non soltanto non ci sono prove ufficiali, ovvero argomenti riconosciuti da organismi internazionali come l’ONU e le sue varie agenzie, ma nemmeno si citano prove di parte che, del resto, sarebbero comunque fini a se stesse.
Fra l’altro la storia ci insegna che di prove, spacciate per certe quando invece erano state maldestramente fabbricate, se ne sono viste fin troppe, tutte sistematicamente ed acriticamente ripetute come veri e propri mantra da giornali e politici occidentali. E’ stato così con le famigerate “armi di distruzione di massa” di Saddam Hussein, con tanto di fialetta di vetro esibita al Consiglio di Sicurezza ONU; con gli “attacchi chimici” di Bashar Assad sulle città siriane in mano ai “ribelli”, poi tutti sistematicamente smentiti nel silenzio generale, dopo che invece erano stati denunciati con gran fragore; delle “fosse comuni” di Muammar Gheddafi, che erano poi le ossa sepolte degli animali morti nel corso degli anni nello zoo di Tripoli; e così via. Queste sono le “fake news”. E allora, visti tutti questi precedenti, visto questo ben poco commendevole curriculum che i media politicizzati costantemente ci ricordano e rinnovano, sarà il caso di smetterla, d’ora in avanti, di credere sempre a tutto ciò che scrivono, manco fosse “oro colato”.