
“Gli italiani perdono le guerre come se fossero partite di calcio e le partite di calcio come se fossero guerre”. La validità di questa frase attribuita a Winston Churchill, si può riscontrare ogni giorno seguendo un qualsiasi telegiornale generalista.
Tutti i servizi di politica e di cronaca vengono trasmessi con un commento di fondo asettico, con dichiarazioni di prammatica e di propaganda da libro stampato. Quando invece si arriva ai servizi sul calcio, il tono dei commentatori diventa fantasioso, colorato, vitale, e la conferma arriva dalle manifestazioni per un cambio di allenatore o di presidenza. Gilet gialli? Lavoro? No grazie, preferiamo manifestare per il calcio.
Tale inusuale utilizzo di termini “vivi” e sanguigni, si è ritrovato anche nella altrimenti curiale politica italiana, oggi unita nel rogo pubblico che ripulisce dai propri peccati. Alla lunga partita di pallone “Istituzioni democratiche – Battisti”, conclusa con la sconfitta finale dell’ ex attaccante dell’ormai bella che defunta squadra dei Nuclei Armati per il Comunismo, ha partecipato ben volentieri tutto il mondo politico, da destra a sinistra. Anche il M5S, purtroppo, ha partecipato all’ esecrazione pubblica del Gran Demonio Battisti, per timore di fare brutta figura senza smoking al party di turno. “Criminale”, “delinquente”, “balordo”, “ergastolo”.
I concetti, in sé, per uno che almeno un omicidio (dei quattro di cui è accusato) lo ha commesso, ci starebbero regolarmente. Quello che non quadra, è, appunto, l’inusuale giubilo che coinvolge tutto l’arco democratico. Inusuale per un Paese senza spina dorsale. Non siamo forse il Paese dove mafie nostrane e d’importazione campano allegramente?
Per l’estradizione di Battisti hanno schierato anche dei cecchini, come se degli ultrassessantenni con la sciatica armati fino ai denti potessero assaltare l’aeroporto per liberare il loro ex compagno di agguati. Fior di criminali escono ed entrano con disinvoltura dal ridicolo sistema giudiziario italiano, corrotti, assassini e pendagli da forca siedono tranquillamente alle loro scrivanie, fra ponti crollati, affari con gli immigrati, sversamenti di rifiuti, con relativo corollario di centinaia di morti sacrificali.
Battisti invece, come peraltro quasi tutti i suoi compagni non pentiti, ha ricevuto ben due ergastoli. Un record ben strano in un Paese che al massimo (ma proprio al massimo) appioppa trent’anni se fai fuori qualcuno nei modi più efferati. Non diciamo che ciò non sia dovuto, ma quantomeno è singolare, e dovrebbe insinuare il dubbio in coloro che non considerano le partite di pallone un dovere istituzionale. C’è una virulenza inusuale nell’unanime schiumare contro Battisti, quasi sproporzionata per i canoni italiani. Quasi come se ognuno avesse qualcosa da farsi perdonare, o da farsi ammirare. Come i cacciatori che tornano a casa con della selvaggina pronta comprata dal macellaio (invece che cacciata con le proprie mani) per fare bella figura.
La verità è che, nei confronti della lotta armata di sinistra, l’ormai normalizzata, atlantizzata e neoliberistizzata politica italiana ha ancora bisogno della “damnatio memoriae” assoluta. Non esiste probabilmente esempio simile di distruzione e furia da parte di uno Stato altrimenti imbelle (se non complice) nei confronti di qualsiasi consorteria criminale. Il comunismo oggi viene visto come il male assoluto anche dalla cosiddetta sinistra neosorosiana, cresciuta ed educata all’interno dei fondamenti neoliberisti comunemente accettati.
Il motivo è semplice: per mantenere il proprio potere, le elites hanno bisogno di stroncare qualunque ideologia (messa in atto con metodi leciti o illeciti) che possa mettere in discussione il proprio potere di sfruttamento e i propri guadagni. Ieri erano i comunisti, oggi sono i sovranisti. E domani chissà cos’altro.
Si dirà: ma Salvini è un sovranista. Forse non ne dovremmo essere così sicuri: al di là della politica sull’immigrazione, egli si muove sempre nell’ orizzonte neoliberista, e non è improbabile che, una volta cannibalizzato il M5S, ritorni all’ovile post-berlusconiano, ma questa è un’ipotesi su cui solo il tempo e i fatti (nonché le scelte dello stesso Salvini) potranno essere di chiarimento. A parte questo, possiamo dire che Battisti è stato “bruciato” in pubblico in questo modo poco composto, non tanto per quello che ha fatto, ma per quello che rappresenta: la narrazione sotterranea parte sempre da luoghi che la maggior parte della gente nemmeno conosce.
Forse il comportamento più dignitoso è stato quello di Torregiani, lavoratore inchiodato su una sedia a rotelle da un “giustiziere proletario” non meno vile e da quattro soldi (visti i suoi bersagli), che ha dichiarato: “Non trasformiamolo in un orco. Ho sentito che qualcuno si è lamentato che non scendesse dall’aereo in manette. Arriva in un aeroporto militare come Ciampino, circondato da 12 persone, vogliamo mettergli anche le catene ai piedi? Mi sembra esagerato. Mi aspetto che venga trattato con tutti i diritti e il rispetto che deve avere un detenuto. Niente benefici ma nessuna ulteriore restrizione rispetto a quelle che la legge prevede”.
Forse anche nella sua testa risuona il canto dell’inganno generale e della distrazione di massa. Che agisce sempre e da sempre, incessantemente, cambiando volto e colore, ma rimanendo sempre la stessa, nascosta nell’ombra.
Filippo Redarguiti