
Il Forum di Boao per l’Asia (abbreviato in inglese come BFA) fu fondato nell’isola cinese di Hainan nel 2001. Col suo quindicennio di storia, questa organizzazione no profit ha creato un luogo di incontro, dialogo e discussione economica per numerosi paesi asiatici e non. I principali Stati a prenderne parte sono la Cina, principale azionista del Forum, insieme ad India, Giappone, Iran, Australia, Kazakistan, Pakistan, Filippine, Corea del Sud, Uzbekistan, Thailandia, oltre ad altri attori minori, tra cui vari Stati africani ed europei che hanno partecipato ad alcune conferenze. Tutti questi Stati, accomunati da un interesse marcato allo sviluppo del commercio congiunto, hanno fatto decollare il Forum fino a rendere le sue conferenze un appuntamento annuale molto sentito.
La forza politica che Boao che ha saputo dimostrare non riguarda solamente l’ampiezza del dialogo che essa può fornire, ma soprattutto la possibilità per numerosi paesi asiatici in via di sviluppo di ritagliarsi una propria vetrina nello spazio diplomatico. Mettendo da parte i mai sopiti conflitti politici e militari del continente, il Forum ha saputo concentrare la sua attenzione unicamente su questioni relative allo sviluppo economico, la chiave di volta per la modernizzazione dell’Asia e sicuramente per una migliore capacità risolutiva delle crisi regionali. Le prospettive, soprattutto per vari paesi ancora depressi del sud e sudest asiatico, sono enormi, anche perché convergenti con gli interessi commerciali della Cina, che punta ad uno sviluppo coordinato delle forze economiche degli altri Stati asiatici.
Come già da routine negli ultimi anni, le conferenze del Forum di Boao si tengono ad intervalli sempre più ristretti. Quest’anno la conferenza si è tenuta dal 22 al 25 marzo, in un momento abbastanza delicato per la Cina e per l’economia mondiale: infatti il titolo della conferenza è stato “Una nuova visione dinamica congiunta per l’Asia”. Alla cerimonia di apertura ha presenziato Li Keqiang, Primo Ministro cinese, insieme a circa 2.000 delegati provenienti da 62 paesi asiatici, africani, europei. Tra i punti fondamentali del discorso di Li, cinque hanno avuto una grande rilevanza: – la salvaguardia congiunta della pace e della stabilità; – la promozione di uno sviluppo economico congiunto; – uno sviluppo maggiormente integrato, con particolare riferimento all’iniziativa del governo cinese “Una cintura, una strada”; – apertura ed inclusività, soprattutto per le comunicazioni tra Stati; – stimolo costante dell’innovazione.
Li Keqiang non si è però dimenticato della “fase cruciale” nella quale versa l’economia mondiale, e il rallentamento subìto dal colosso cinese: due problemi di portata decisiva per ogni Stato in via di sviluppo, in special modo asiatico. Danneggiata da fattori tanto esterni quanto interni, la crescita cinese rischia di condizionare la politica e le scelte economiche di molti Stati asiatici. Forse è proprio la discussione di nuove soluzioni al “problema cinese” che il Forum ha trovato il suo punto chiave; un argomento scottante, essenziale per paesi con una crescita rapida come il Vietnam o la Corea del Sud, ma, fino ad ora, non sufficientemente discusso dalla Cina con altri paesi asiatici in via di sviluppo.
Leonardo Olivetti