Il regime c’era ma non si vedeva. Aveva toghe e poltrone pesanti. Era tentacolare ma ben mimetizzato e protetto da una fitta coltre di ipocrisia spacciata per illibatezza. Dall’inchiesta perugina sta uscendo fuori di tutto: cene, politici, donne, vacanze, ristrutturazioni, indagati che decidono le nomine dei giudici, i giudici che si preoccupano di indagare i loro colleghi concorrenti ma anche giornalisti non liberi al servizio del magistrato “amico”.
Luca Palamara, ex membro del CSM ed ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati, avrebbe ottenuto soldi e regali da alcuni lobbisti vicini a importanti imprenditori per influenzare delle sentenze. Palamara, di cui è celebre lo scontro con l’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga, sarebbe poi venuto a conoscenza dell’indagine a suo carico “grazie” alle sue amicizie tra i colleghi. A quel punto avrebbe cercato di influenzare la nomina del prossimo procuratore di Perugia, in modo da avere un alleato a capo dei magistrati che stavano indagando su di lui. La tanto decantata indipendenza dell’organo di autogoverno dei giudici e la separazione dei poteri e l’equilibrio fra di loro, appaiono adesso alla stregua di barzellette da “Bar Sport”.
Deferimento ai probiviri per i magistrati investiti dalla bufera scaturita dall’indagine della procura di Perugia, a partire da Luca Palamara e compresi i consiglieri del Csm e il deputato del Pd Cosimo Ferri, che non ha mai lasciato la toga. Lo ha deciso il Comitato direttivo centrale dell’ dell’Associazione nazionale dei magistrati, il potentissimo “sindacato” delle toghe.
Il comitato “deferisce al collegio dei probiviri, cui spetterà di verificare la sussistenza di violazioni del codice etico, i colleghi Palamara, Ferri, Spina, Lepre, Cartoni, Criscuoli e Morlini, riservandosi di deferire altri colleghi che risultassero coinvolti nella medesima vicenda o in altre simili. A tal fine richiede la trasmissione degli atti ostensibili del relativo procedimento penale alla Procura Generale della Corte di cassazione e al Consiglio Superiore della Magistratura”. È quanto si legge nella delibera approvata all’unanimità.
“Le notizie di stampa, ha detto Pasquale Grasso, presidente dell’Associazione nazionale dei magistrati, delineano una situazione che, ove pienamente confermata, disegna uno dei più gravi momenti di crisi della magistratura della storia repubblicana, per il nocumento arrecato all’organo di autogoverno della magistratura”.
“Degenerazioni correntizie“, “giochi di potere” e “traffici venali”. Il Consiglio superiore della magistratura è a pezzi: quattro consiglieri togati (Gianlugi Morlini, Paolo Criscuoli, Antonio Lepre e Corrado Cartoni) su sedici si sono autosospesi. Uno, Luigi Spina, che invece è indagato per favoreggiamento e violazione di segreto, si è già dimesso da qualche giorno. Volano accuse incrociate pesantissime e su Palazzo dei Marescialli spira aria di bufera.
“Siamo di fronte a un passaggio delicato: o sapremo riscattare con i fatti il discredito che si è abbattuto su di noi o saremo perduti”, ha avvertito David Ermini, il vicepresidente del Csm riferendosi all’inchiesta della procura di Perugia.
Pesantissime le parole di Giuseppe Cascini, consigliere eletto da Area, la corrente di sinistra delle toghe, secondo cui “l’unica vicenda assimilabile, sotto più aspetti a quella che stiamo vivendo in questi giorni è quella dello scandalo P2 dei primi anni ’80 del secolo scorso”.
Rigore e intransigenza esibite di giorno e pulsioni irrefrenabili di potere sfogate durante gli incontri notturni, molto spesso in albergo, qualche volta a casa della sorella di Cosimo Maria Ferri, sottosegretario alla giustizia nei governi Pd. Almeno tre documentati, specie dal 7 al 16 maggio, per decidere a tavolino le nomine dei procuratori capi, spostando voti all’interno del Csm con l’obiettivo di individuare ed eleggere magistrati controllabili politicamente. Luca Palamara a dirigere l’orchestra. Tra i “presenti” figurerebbe anche Claudio Lotito, amico di Palamara, presidente della Lazio ed elargitore di biglietti in tribuna vip per le partite dei biancocelesti, come la finale di Coppa Italia del 15 maggio scorso, a cui assiste Luigi Spina dalla tribuna autorità. L’ultimo incontro in un hotel, in cui Palamara con gli altri “fa la conta dei voti per il procuratore di Roma”, dopo l’uscita di Pignatone, per centrare il suo obiettivo: mettere Marcello Viola, procuratore generale di Firenze, a capo dell’ufficio della Capitale.
Non solo lusso ma anche sconti e “carinerie”, come la ristrutturazione della casa romana in cui vive in affitto Luca Palamara, con i avori affidati ad una ditta di Fabrizio Centofanti, lobbista, nonché colui che pagava week end e regali all’ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati.
Franco Roberti, ex capo della Direzione nazionale antimafia, da poco eletto al Parlamento europeo tra le file del Pd, dopo aver imputato a Renzi e al suo Governo la responsabilità di aver contribuito ad ulteriormente politicizzare le nomine degli uffici giudiziari e l’errore di aver abbassato solo per questioni di poltrone l’età pensionabile, ha rivolto un duplice appello: alla libera informazione ha chiesto “di non perdere l’attenzione su questo scandalo”; al Partito Democratico, “finora silente, di prendere una posizione di netta e inequivocabile condanna dei propri esponenti coinvolti in questa vicenda, i cui comportamenti diretti a manovrare sulla nomina del successore di Giuseppe Pignatone sono assolutamente certi, se vuole essere credibile nella sua proposta di rinnovamento e di difesa dello Stato costituzionale di diritto dall’aggressione leghista”.
Molto vago e inconcludente Nicola Zingaretti, segretario del Pd. “Sulla vicenda del Csm, dice, va fatta al più presto chiarezza e le indagini dovranno accertare la verità e le responsabilità individuali affinché non rimangano ombre su temi così delicati. Capire che cosa è accaduto è indispensabile, anche per pensare ad anticorpi e possibili riforme a tutela del miglior funzionamento della giustizia e del Csm”. Zingaretti si limita “all’auspicio che tutti coloro che in qualche modo sono rimasti coinvolti, collaborino ad accertare la verità”.
Qualche ultima considerazione, di carattere tecnologico, sulle intercettazioni effettuate con i ‘Trojan’, rivelatesi importantissime anche nella vicenda che riguarda il Csm. “Se oggi gli inquirenti possono utilizzare con maggiore incisività i captatori informatici è grazie al MoVimento 5 Stelle, che bloccando la riforma Orlando (PD) ne ha preservato ed esteso l’impiego”. E’ quanto scrive il Blog delle Stelle.
“Il PD di Renzi e Orlando, aggiunge il M5S, voleva depotenziare questo mezzo di indagine straordinario, noi, con la legge ‘spazzacorrotti’, lo abbiamo reso ancora più potente. Per farlo abbiamo dato al Paese un pacchetto di norme coraggiose e avanzate al punto di prevedere l’attivazione dei ‘captatori informatici’ sui telefoni degli indagati per corruzione, esattamente come avveniva già per i mafiosi e per i terroristi”.
La bufera giudiziaria che ha travolto Palamara e soci, dovrebbe suggerire a molti una riflessione seria e profonda sul ruolo delle toghe negli ultimi trent’anni della politica italiana, a partire da quel “Mani pulite”, mito fondante di un sistema di potere caratterizzato da logiche spartitorie, sete di notorietà e connessioni opache, in molti casi in combutta con la partitocrazia più famelica.