C’è tutta una serie di leggende metropolitane e di falsi miti di cui s’abbevera il pubblico occidentale e che è bene sfatare, non fosse altro per semplici ragione di decenza. Esattamente com’è indecente, infatti, andare in giro coi pidocchi o senza essersi fatti la doccia, così è pure indegno coltivare idee e convinzioni che non stanno né in cielo né in terra. Ormai è proprio una questione di salute pubblica.

Una di queste è sicuramente il sentimento anticinese, che sempre più sta attecchendo in Occidente e nel nostro paese in particolare. Sappiamo benissimo come funzionano certe cose e queste cose in particolare: si comincia con la diffidenza, col razzismo, col qualunquismo, e alla fine s’approda alle peggiori ideologie suprematiste e xenofobe che già hanno sparso fin troppo sangue nel corso del Novecento. Non è il caso di ripetere certe esperienze, per cui è bene bandire questi fenomeni fin dal loro primo apparire, stroncandoli sul nascere ed eliminandoli alla radice.

Sono in tanti a nutrire, nei confronti della Cina e del suo popolo, un odio sordo e sordido, del tutto illogico ed incondivisibile. Ho sentito con le mie orecchie persone che inveivano contro i cinesi, dicendo che sono persone sporche, sleali ed indesiderabili. Molte di queste persone hanno maturato simili idee a causa della propaganda anticinese alimentata dai nostri media, che soprattutto riguardo la questione dello Xizang o Tibet tendono a fornire una versione dei fatti a dir poco distorta.

Tempo fa in una sezione del Club Alpino Italiano di Pisa hanno per esempio proiettato una pellicola di propaganda anticinese, in cui Pechino veniva dipinta come una sorta di potenza coloniale che aveva invaso, angariato e spersonalizzato il Tibet. Vi si parlava di cose assolutamente inesistenti, ad esempio che i cinesi avessero distrutto seimila templi tibetani, che in realtà non erano mai esistiti e di cui pertanto non era possibile dimostrare né l’esistenza né tantomeno la distruzione. Oppure che vi fossero aree controllate esclusivamente dall’Esercito Popolare di Liberazione e per tanto non accessibili in alcuna forma ai civili. Il fatto che il nostro paese abbia invece 131 basi americane sul suo territorio, analogamente non accessibili ai civili ed in molti casi nemmeno ai militari italiani, è evidentemente del tutto normale, trascurabile e forse persino giustificabile e difendibile. Il fatto che quelle presunte aree militari “off limits” siano controllate dal governo e dall’esercito di quella stessa regione non ha importanza, anche perché sennò bisognerebbe spiegare perché le 131 basi presenti in Italia siano invece controllate da una potenza straniera.

Ma era talmente ben fatto quel filmetto di propaganda che tutti coloro che l’hanno visto, poiché non disponevano di fonti alternative e men che meno di un adeguato spirito critico, hanno ciecamente finito col credervi. Mi sono ritrovato al centro di una dura discussione con coloro che avevano visto quel film: impossibile, semplicemente, far intendere loro ragione. La morale di tutta la favola era che i cinesi fossero un popolo maledetto che doveva essere bruciato nei forni, perché avevano osato far del male alla popolazione più buona del mondo, quella tibetana. Che in Tibet, con l’arrivo dell’esercito cinese e la fuga del Dalai Lama, fosse stata fatta la riforma agraria, introdotta la libertà religiosa, fondate scuole ed ospedali, che vi fossero scuole, giornali e radio in lingua tibetana, che la popolazione fosse aumentata di sei volte in sessant’anni, che il Dalai Lama stesso fosse fuggito dopo aver maldestramente tentato insieme ai nobili di dar vita ad una rivolta contro il governo di Pechino con cui collaborava e di cui faceva persino parte, e che addirittura si fosse portato via il tesoro nazionale custodito nel Palazzo Potala di Lhasa, tutti questi erano solo dettagli insignificanti e trascurabili. Anche il fatto che il Dalai Lama ed il suo governo in esilio prendessero soldi dalla Cia e dalla National Endowment for Democracy, altro organismo della Cia, e che i sostenitori europei della causa del “free Tibet” non si fossero fermati neppure dinanzi ad un’atleta paraplegico in occasione delle Olimpiadi di Pechino, cercando di strappargli la fiaccola a Parigi durante la staffetta olimpica, non aveva e non sortiva alcun effetto, men che meno d’indignazione.

Forse i nostri santoni dei “diritti umani” e del “free Tibet” dovrebbero riflettere con un po’ più di serietà e d’umiltà sui dannosi effetti di questa loro propaganda. Hanno dato vita a dei mostri, a dei militanti che abbracciano l’odio razziale nei confronti dei cinesi come reazione diretta a tutte le falsità che sono state loro raccontate sul Tibet. Questo sentimento è profondamente pericoloso e non è poi tanto diverso da quello di chi, in odio all’Occidente o all’America, sposa stupidamente la causa dell’estremismo e del fondamentalismo islamici.

Ma, prima ancora d’arrivare a tante e simili raffinatezze, c’è anche il razzismo spicciolo di chi non tollera di vedere i cinesi in giro per le strade, o concentrati nei loro quartieri, dove si trovano le loro abitazioni e negozi. Certamente ci sono problemi di criminalità e d’ordine pubblico legato a questo tipo d’immigrazione, ma non mi risulta che altre etnie presenti nel nostro paese siano da meno. Mi fa onestamente sorridere una certa sinistra “radical chic” sempre pronta a difendere i Rom in quanto “migliori di noi”, persino disposta a negare l’evidenza e a dire che non è nemmeno vero che rubino o che borseggino, prodursi poi in accuse infuocate contro la Cina e i cinesi, colpevoli d’occupare il Tibet o, più semplicemente (ma questo non l’ammetteranno mai apertamente, limitandosi soltanto a farlo capire tra le righe) di star soppiantando gli Stati Uniti, il loro paese ideale, nella classifica di prima superpotenza al mondo.

Mi fa semplicemente sorridere tutta questa gente che biasima la Cina e i cinesi e che poi, quando si guasta il cellulare, vengono subito a chiederti se per caso conosci uno di quei negozietti gestiti da cinesi dove con trenta euro il cellulare te lo rifanno nuovo. Odiano la Cina ma poi si comprano l’iPhone che, notoriamente, non è prodotto a San Marino. Ipocriti, spesso persino inconsapevoli d’esserlo: vale davvero la pena farsi il sangue amaro per loro? Sono ipocriti ed inconsapevoli, certo; ma quant’è brutta l’ignoranza.

UN COMMENTO

  1. un articolo degno dei radical chic di certa sinistra che nell’articolo si critica apertamente, vero è che la questione tibetana è molto falsata in occidente infatti il popolo tibetano non è mai stato “pacifico” come si crede ha fatto le sue guerre e fino alla riannessione alla cina vi era praticata la schiavitù e la legge del taglione, ma è altrettanto vero come durante la rivoluzione culturale le guardie rosse abbiano distrutto templi palazzi e altro, ma di certo non solo in Tibet ma in tutta la cina difatti la maggior parte dei templi monumentali e palazzi storici cinesi sono stati ricostruiti negli ultimi 15 anni, un po come se avessimo una torre di pisa o un colosseo di calcestruzzo stile las vegas…..
    per il resto consiglio vivamente l’autore di recarsi in cina e toccare con mano e pure fare lo stesso in italia, si accorgerebbe di aver scritto molte inesattezze

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