
Il quotidiano statunitense ‘Washington Post’, citando non meglio precisati “documenti filtrati” (‘leaked documents’), dichiara che l’amministrazione USA avrebbe chiesto al Cremlino di mantenere stretto riserbo sui termini della risposta scritta inviata da Washington a Mosca in oggetto alle richieste di Vladimir Putin per la sicurezza in Ucraina e nello spazio dell’Ex-Patto di Varsavia.
Lo ‘scoop’, se confermato, vorrebbe dire solo e semplicemente una cosa: che la “partita di poker” tra lo ‘Zar’ Putin e il balbettante ‘nonnino’ Biden si è conclusa con un totale ‘fold’ dell’aquila calva di fronte al ‘rilancio’ dell’orso russo. Rilancio sostenuto dalla capacità di scatenare contro Mariupol, Dnepropetrovsk, Zaporozhe, Odessa e probabilmente contro la stessa Kiev, una tempesta di fuoco come non la si vedeva nella regione dall’estate 1944, quando la RKKA (l’Armata Rossa) espulse definitivamente l’invasore tedesco (sostenuto ed aiutato all’epoca dai ‘bisnonni’ di Svoboda e Pravi Sektor, i collaborazionisti paranazisti di Stepan Bandera e della Divisione SS ‘Galicjia’).
Una debacle nell’arte della “brinkmanship” che, evidentemente, il Dipartimento di Stato e quello della Difesa vorrebbero tenere sotto “chiave e lucchetto” in quanto disastrosa per il prestigio a stelle e strisce, già ampiamente scosso e offuscato dall’umiliante smacco afgano. Smacchi su smacchi che sono (o sarebbero, se rivelati nei dettagli) ‘veleno puro’ per un’amministrazione Biden sotto scacco su tutti i fronti: lotta al Covid, crisi migratoria, crimine rampante, inflazione alle stelle, problemi di approvvigionamento e logistica delle merci.
Evidentemente “qualcuno” tra gli ‘spin doctor’ di Biden aveva pensato che ‘accendere’ una crisi politico-militare nelle steppe ex-sovietiche avrebbe potuto giovare alla popolarità del POTUS, coalizzando a suo sostegno anche l’ala “neocon” del Partito Repubblicano e solleticando i pruriti sciovinisti dell’America Profonda, ancora pesantemente condizionata dai numerosi decenni di propaganda antisovietica e anticomunista, tramutatasi, dopo il 2001, in pura e semplice russofobia.
All’orizzonte poi, negli USA, ci sono le elezioni del medio-termine che, dai sondaggi che circolano, dovrebbero vedere sia Camera dei Rappresentanti che Senato non solo tornare in mano repubblicana (il che, comunque, sarebbe già un bel problema per il Presidente), ma, addirittura, sotto il controllo quasi totale dell’ala ‘trumpista’ del GOP, quella dei sostenitori più o meno velati delle teorie complottarde dello “steal” elettorale, delle narrative di “Qanon” e che strizza l’occhio agli arrestati e indagati dell’invasione del Campidoglio del 6 gennaio 2021.
Un Presidente che dopo due anni di governo perda il sostegno parlamentare nel ‘parley’ politico statunitense si dice “lame duck”, anatra zoppa; Biden, se i suoi peggiori timori dovessero inverarsi, sarebbe un’anatra completamente immobile e mutilata, senza alcuna speranza di fare avanzare la propria agenda politica e col serio rischio di non potersi nemmeno credibilmente proporre per una corsa alla rielezione nel 2024, alla quale, ormai, mancano ‘solo’ trentaquattro mesi.