
Nel più assordante silenzio dei mass media occidentali, dal 13 al 18 settembre si è tenuto in Venezuela il XVII vertice del Movimento dei Paesi Non Allineati (MNOAL in spagnolo). Scenario del vertice è stata la città di Porlamar sull’Isola Margarita appartenente allo stato insulare di Nueva Esparta, nel nord-ovest del Venezuela. L’ultima riunione dei Non Allineati aveva avuto luogo nell’agosto 2012 a Teheran: tradizionalmente, i vertici si tengono ogni tre-quattro anni e il Paese ospitante assume la presidenza del consesso e il capo di Stato o di governo ne diventa il segretario generale. È così avvenuto il passaggio di consegne tra l’Iran del presidente della repubblica islamica Hassan Rohani (prima di lui Mahmud Ahmadinejad) e il Venezuela del presidente Nicolas Maduro.
Storia dei Non Allineati
Il Movimento fondato ufficialmente nel 1961 dall’indonesiano Sukarno, lo jugoslavo Tito, l’egiziano Nasser e l’indiano Nehru come terza via tra il blocco statunitense e il blocco sovietico, è la seconda associazione politica di Stati più grande al mondo dopo le Nazioni Unite, contando 120 nazioni (il 55% della popolazione mondiale) di tutti i continenti, tra membri e osservatori (tra questi la Cina, l’Argentina, il Brasile, il Messico, il Kazakistan e la Serbia). Attualmente l’unico Paese europeo membro è la Bielorussia, dopo il ritiro dell’Ucraina in seguito alla sedicente “rivoluzione” filo-occidentale di Maidan 2014.

Fin dagli storici vertici di Bandung, Belgrado e Lusaka, il movimento non allineato ha giocato un ruolo fondamentale nella lotta anti-colonialista in Asia e Africa e per la definizione di nuove politiche economiche mondiali. Statisti di primo piano, come i già citati fondatori, cui si aggiunge la Cina maoista e i leader dei neonati paesi africani cercarono di promuovere una visione delle relazioni internazionali non necessariamente ingabbiata nel duopolio USA-URSS (nonostante con gli anni alcuni Paesi si avvicinarono al modello statunitense, mentre altri, come Cuba o la Libia, ruotarono intorno alla sfera d’influenza sovietica). Con la fine della Guerra Fredda e l’inizio dell’unipolarismo americano il ruolo dei Non Allineati inizia a venire meno e diventa molto meno incisivo ed ideologico, anche se di volta in volta, fino ad oggi, si è cercato di rivitalizzarlo in direzione della difesa delle sovranità nazionali, della pace e dello sviluppo e del contrasto all’imposizione violenta della globalizzazione di stampo statunitense, che in certi casi non è che un nuovo colonialismo.
Un’occasione per il Venezuela in crisi
Il vertice è stato anche un’occasione di rilancio e di visibilità internazionale per il Venezuela e per il presidente Maduro, che stanno affrontando una crisi economica dovuta al crollo del prezzo del petrolio, proprio mentre l’opposizione (vincitrice delle elezioni parlamentari dello scorso anno) chiede un referendum revocatorio per la destituzione del presidente che, presumibilmente, si terrà nel 2017. Per il governo socialista è stata quindi un’occasione per mostrare al mondo (stante l’agguerrita campagna mediatica ingaggiata contro il Venezuela dalle principali agenzie nordamericane ed europee) i progressi fatti dal Paese nel superare le difficoltà economiche e nel rilanciare il progetto bolivariano a livello continentale.
I principali capi di Stato presenti al vertice erano Evo Morales (Bolivia), Rafael Correa (Ecuador), Raul Castro (Cuba), Salvador Sanchez Ceren (El Salvador), Hassan Rohani (Iran), Robert Mugabe (Zimbabwe) e Mahmoud Abbas (Palestina). Inoltre erano presenti delegazioni di alto livello di India, Siria, Corea del Nord, Indonesia, Serbia, Qatar, Repubblica Dominicana , Panama, Eritrea, Burundi, Angola, Camerun, Kuwait, Algeria, Mauritania, Laos e Afghanistan. Durante i lavori ciascun capo di Stato e ministro degli Esteri dei rispettivi Paesi ha compiuto discorsi e relazioni in merito alle principali sfide da affrontare e alle soluzioni messe in campo.
La riforma dell’ONU
I principali punti della discussione sono stati la riforma del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, la promozione di una cultura di pace, la decolonizzazione e il rispetto per la sovranità dei popoli. Le cancellerie di Zimbabwe e Iran hanno premuto affinchè il Consiglio di Sicurezza garantisca che siano protetti gli interessi di tutte le nazioni e per il cambiamento dell’attuale struttura finanziaria internazionale per dare una maggior voce ai Paesi in via di sviluppo.
Palestina
Dalla dirigenza palestinese sono arrivati i consueti appelli a far cessare l’occupazione illegale da parte di Israele, ma anche la solidarietà al popolo venezuelano nella lotta contro il boicottaggio economico messo in atto dalle oligarchie imperialiste. Il ministro degli Esteri dell’Autorità Nazionale Palestinese, Riyad al-Maliki ha denunciato che le aspirazioni alla pace e alla sicurezza del popolo palestinese “sono continuamente frustrate dalla violenta occupazione israealiana”, e ha poi aggiunto senza mezzi termini: “dal comportamento insolente e umiliante dei coloni ebrei che hanno portato a una drammatica escalation sul territorio”, Il governo palestinese ha inoltre ringraziato il sostegno mai fatto mancare dal presidente Hugo Chavez.
Indonesia
Dall’Indonesia è arrivato un invito a rafforzare i compiti strategici del Movimento Non Allineato in un contesto multilaterale e riformare il funzionamento dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
A tal proposito, il ministro degli Esteri venezuelano Delcy Rodriguez ha dichiarato che “la sfida dei Paesi Non Allineati è quella di garantire la pace e la sovranità dei Paesi aggrediti dagli Stati Uniti e dalle menzogne dei media come il Venezuela” a riprova di quanto sia sentito a Caracas il momento non felice del paese.
Il Sud America
Come sempre, un grande apporto ideale e concreto è arrivato dalle nazioni sudamericane ancora governate dai partiti di sinistra come l’Ecuador e la Bolivia. Pregno di contenuti è stato il discorso del presidente boliviano Morales che ha concentrato la sua attenzione sul conflitto tra un modello economico sociale nazionalizzatore e quello capitalista privatizzatore, che sfrutterebbe, secondo il leader boliviano, persino il narcotraffico per trarre profitto. Poi ha ricordato il contributo dato da Fidel Castro e Hugo Chavez nella liberazione del continente latino-americano e si è detto “soddisfatto di vedere il MNOAL in buone mani sotto la presidenza di un paese anti-imperialista come il Venezuela”, presidenza che durerà fino al 2019.
Importantissimo il contributo del presidente ecuadoriano Correa, che ha denunciato l’esistenza di un nuovo Piano Condor contro i governi di sinistra nel continente sudamericano, con particolare riferimento al Brasile, dopo la destituzione di Dilma Rousseff e i tentativi di screditare l’ex presidente Lula per impedirgli una candidatura che nel 2018 lo vedrebbe ampiamente vincitore.
Correa ha ricordato il golpe parlamentare ai danni della Rousseff e la persecuzione di Lula con false accuse propiziate dalla destra brasiliana. Inoltre ha menzionato l’Argentina tornata sotto un governo chiaramente neoliberista e la situazione dell’embargo economico che ancora attanaglia Cuba. Per Correa il Movimento dei Non Allineati “si caratterizza per la difesa dei grandi ideali di uguaglianza e di rispetto tra i popoli e le nazioni”. Infine il leader ecuadoriano ha proposto l’istituzione di una Corte di giustizia internazionale per la difesa dell’ambiente per punire le multinazionali che non rispettano l’ecologia e i diritti umani, nonché una forte presa di posizione internazionale contro i paradisi fiscali che sarebbero espressione di un capitalismo selvaggio senza volto, senza nazionalità e senza responsabilità.
Il presidente cubano Raul Castro ha ribadito che la volontà di riallacciare normali rapporti con gli Stati Uniti non comporterà l’abbandono dei principi rivoluzionari ed anti-imperialisti dell’isola caraibica; ha poi avvertito che la mancata chiusura del carcere di Guantanamo ostacola le relazioni con Washington. Castro ha anche denunciato il carattere ingiusto della globalizzazione – lamentando la morte per fame di 1.7 milioni di bambini ogni anno – e la politica manipolatoria, fatta di “due pesi e due misure”, messa in atto dagli Stati Uniti e da alcuni paesi europei.
Il Medio Oriente
L’Iran è stato uno dei protagonisti del vertice: il presidente Hassan Rohani ha parlato a tutto campo sull’importanza della solidarietà e della cooperazione e del ruolo fondamentale che hanno i Paesi Non Allineati, che rappresentano i 2/3 di tutte le nazioni del mondo. Rohani ha ricordato che l’Iran è in prima fila nella lotta contro il terrorismo e che per questo motivo ha costituito un fronte unito contro i gruppi estremisti, insieme alla Siria e alla Russia, mentre alcuni Paesi occidentali supportavano i terroristi. Rohani ha anche esortato tutti ad essere vicini alla nazione palestinese che si vede levare diritti e imporre l’apartheid “dal regime di occupazione sionista”.
Fondamentale anche l’apporto della delegazione siriana, guidata dall’ambasciatore di Damasco all’ONU Bashar Jaafari, che ha denunciato il gravissimo atto di guerra da parte degli Stati Uniti e della coalizione internazionale da essi guidata in Siria, i cui aerei hanno bombardato (secondo gli americani per errore, ma altri in primis i russi hanno sollevato forti critiche nei confronti di Washington) le postazioni dell’esercito siriano causando decine di morti e feriti e favorendo in questo modo dell’ISIS.
Jaafari ha detto che “paesi come gli Stati Uniti, il Regno Unito, la Francia e i loro alleati in Medio Oriente come il Qatar, la Turchia e l’Arabia Saudita sono responsabili della tragedia siriana e della fornitura di armi ai gruppi terroristici, nonché dell’embargo imposto alla Siria, come Cuba e Venezuela”. La Siria ha sottolineato la gravità della guerra imposta all’Iraq nel 2003 che ha minato la diplomazia e il diritto internazionale.
Gli altri paesi
Degni di nota anche gli interventi di quei Paesi solitamente ai margini della scena internazionale e ignorati dai media, come la Repubblica Popolare Democratica del Laos, secondo cui sotto la guida del Venezuela il Movimento raggiungerà risultati concreti e rinnoverà la sua influenza nel mondo, e paesi africani come il Camerun, che auspica un ruolo più dinamico e intraprendente per l’organizzazione, e il Burundi, che ha espresso il suo rifiuto della politica interventista di alcuni Paesi negli affari interni di altri e ha esortato a lavorare per eliminare la povertà.
Conclusione del vertice
Alla fine di tutti questi interventi, nell’ultimo giorno del vertice è stato approvato in sessione plenaria il documento finale, la Dichiarazione di Margarita, che riassume le aspirazioni del Movimento e le linee guida da perseguire nei prossimi anni sotto la presidenza triennale del Venezuela e del presidente Maduro.
Come già detto, uno dei principali obiettivi è quello della riforma dell’architettura delle Nazioni Unite, da realizzare con l’alleanza delle potenze facenti parte del BRICS, e in generale di democratizzare la diplomazia internazionale e la gestione della risoluzione dei conflitti. Il documento contiene anche le direttive per uno sviluppo sostenibile e per contrastare le conseguenze dei cambiamenti climatici. Gli ultimi punti si riferiscono al sostegno alle legittime aspirazioni della Palestina, chiedono la fine del blocco contro Cuba, alla decolonizzazione di Porto Rico e alla lotta al terrorismo da applicare promuovendo la fine dei conflitti in Medio Oriente e il ristabilimento della sovranità nazionale dei singoli Paesi.
Il vertice ha anche respinto le sanzioni imposte al Venezuela dagli Stati Uniti nel 2015 e rinnovate nel 2016 che tra le altre cose colpiscono i funzionari dello Stato venezuelano che, così si legge nel decreto firmato da Barack Obama, rappresenterebbe una “minaccia” alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti: una motivazione a dir poco surreale, che è stata chiaramente deprecata dagli oltre 100 Paesi partecipanti al vertice.
Le critiche di media e opposizione
Il Venezuela bolivariano ha quindi raccolto un importante sostegno internazionale che purtroppo non può essere raccolto dalla gran parte dei media occidentali, che per volontà o ignoranza hanno completamente trascurato il XVII vertice del Movimento.
Anzi, alcune delle principali agenzie di stampa (Reuters, Associated Press, Bloomberg), se non hanno minimizzato l’evento, hanno posto l’attenzione esclusivamente sulla crisi del Venezuela, sui costi dell’organizzazione e sulle proteste dell’opposizione guidata da Henrique Capriles che ha cercato di mostrare il fallimento del vertice e di dimostrare un presunto isolamento del Venezuela, smentito dai fatti. Ovviamente le critiche si sono concentrate anche su quelli che per i mezzi d’informazione “democratici” sono degli Stati canaglia, come l’Iran, la Corea del Nord e lo Zimbabwe.
D’altronde la stampa prona al potere finanziario ha sempre preferito boicottare la cooperazione e i progetti politici tra le nazioni sudamericani, africane ed asiatiche e, quando questo non è possibile, ignorarla. In realtà il vertice è stato un incontro produttivo tra quelle nazioni, alcune più importanti ed altre meno, che aspirano a formare un nuovo ordine mondiale (chiaramente in contrapposizione all’unipolarismo americano di fine secolo scorso), sebbene il Movimento abbia in buona parte perso il significato che aveva negli anni ‘60,’70 e ’80 del secolo scorso, mancando di una coesione interna ed essendo stato incapace di evolversi in una vera e propria alleanza politico-militare sul modello della NATO o del disciolto Patto di Varsavia.
Il futuro del MNOAL
Attualmente per ovvie ragioni sono molte le differenze tra i 120 Paesi membri ed è quindi difficile che questi rimangano sempre compatti nel proporre iniziative concrete; tuttavia negli ultimi anni, in particolare con i vertici tenutisi a L’Avana, a Sharm el-Sheikh, a Teheran e adesso a Porlamar, c’è stata una sostanziale concordia nel ritenere che si debba promuovere il multipolarismo nelle relazioni internazionali e un modello economico differente e più equo.
Quest’ultima aspirazione è portata avanti con forza da quelle nazioni ideologicamente anti-imperialiste come l’Iran o che hanno governi socialisti come il Venezuela. Politici come Hugo Chavez e l’ex presidente iraniano Ahmadinejad hanno rivitalizzato il movimento, aggiungendosi così alla schiera dei Paesi storicamente non allineati come la Corea del Nord, la Siria e l’Algeria (senza contare le grandi potenze come l’India e la Cina).
Chavez in particolare è stato ricordato per il suo infaticabile contributo al dialogo tra i paesi del Sud del mondo e per la costruzione di un socialismo del XXI secolo: una statua in bronzo alta tre metri del compianto ex presidente e comandante della Rivoluzione Bolivariana è stata inaugurata nella Piazza Hugo Chavez a Porlamar nelle vicinanze del centro congresso che ospitava le riunioni diplomatiche. La scultura si ispira ad un gesto del leader bolivariano con il braccio alzato rivolto verso l’alto, durante la chiusura della campagna presidenziale dell’ottobre 2012, l’ultima a cui ha partecipato pochi mesi prima di morire.

Il XVII vertice del Movimento dei Paesi Non Allineati si è così concluso dopo cinque giorni di lavori che segnano un balzo di qualità nella promozione e nell’attuazione dei valori di sovranità, uguaglianza, sviluppo e multipolarismo.
Giulio Zotta