I Carabinieri del Ros di Palermo hanno eseguito nelle province di Palermo, Trapani, Caltanissetta e Brescia 15 fermi disposti dalla Direzione distrettuale antimafia e antiterrorismo del capoluogo siciliano. L’operazione è stata denominata “Abiad”.
Gli arrestati sono accusati, a vario titolo, di istigazione a commettere più delitti in materia di terrorismo, associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e al contrabbando di sigarette, episodi di ingresso illegale di migranti clandestini nel territorio nazionale e esercizio abusivo di attività di intermediazione finanziaria, reati questi aggravati dall’averli commessi avvalendosi del contributo di un gruppo organizzato impegnato in attività criminali in più di uno Stato.
Gli inquirenti hanno scoperto che venivano utilizzati potenti gommoni che trasportavano migranti dalla Tunisia a Mazara del Vallo in cambio del pagamento di 2.500 euro. Il capo dell’organizzazione è latitante.
Dalle indagini è anche emerso che “le risorse economiche venivano anche occultate in proprietà immobiliari e parte depositate in banche tunisine su conti fittiziamente intestati a soggetti residenti in Tunisia, circostanza questa che, per quanto emerso grazie alle intercettazioni svolte, avrebbe suscitato l’attenzione del Battaglione Anti-Terrorismo Tunisino il quale starebbe svolgendo delle investigazioni volte ad accertare la finalità di sospette operazioni finanziarie che vedrebbero coinvolto uno degli odierni fermati”.
L’organizzazione criminale avrebbe rappresentato “una attuale e concreta minaccia alla sicurezza nazionale”, secondo i magistrati della DDA, guidati da Francesco Lo Voi.
“Sussistono significativi ed univoci elementi per ritenere che l’organizzazione in esame costituisca un’attuale e concreta minaccia alla sicurezza nazionale poiché in grado di fornire a diversi clandestini un passaggio marittimo occulto, sicuro e celere che, proprio per queste caratteristiche, risulta particolarmente appetibile anche per quei soggetti ricercati dalle forze di sicurezza tunisine, in quanto gravati da precedenti penali o di polizia ovvero sospettati di connessioni con formazioni terroristiche di matrice confessionale”, scrivono i magistrati.
Uno degli indagati, risulta essere vicino “ad ambienti terroristici a sfondo jihadista pro Isis in favore di cui, attraverso la sua pagina Facebook, ha posto in essere una significativa azione di propaganda jihadista con incitamento alla violenza ed all’odio razziale”.
L’inchiesta, è nata dalla collaborazione con gli inquirenti del tunisino Arb Ben Said, coinvolto nell’attività della banda. L’uomo ha deciso di parlare per evitare, ha detto agli inquirenti, che ci si ritrovasse con “un esercito di kamikaze in Italia”.