Ci sono molti modi per destabilizzare un governo, e certamente uno dei più noti ed attualmente in voga è quello delle cosiddette “rivoluzioni colorate”. Tuttavia, com’è recentemente avvenuto in Burundi e non solo, questo metodo può fallire e a quel punto i suoi committenti si ritrovano nella spiacevole situazione di dover comunque realizzare i loro obiettivi in una situazione molto più difficile, avendo già riportato una sconfitta. Il Presidente che si voleva destituire, in questo caso Pierre Nkurunziza, continua infatti a restare al potere, forte di un’elezione che pur non essendo plebiscitaria è stata comunque generosa e robusta, a dimostrazione ulteriore dell’ormai radicato regime democratico esistente in Burundi. Che fare, allora? Una soluzione, che però appartiene alla formula del giocare in rimessa, è data dal mettere i bastoni fra le ruote al vincitore, continuando a boicottarlo sul fronte interno e a delegittimarlo e demonizzarlo su quello esterno.

Così il Generale Adolphe Nshimirimana, capo dell’Intelligence del Burundi ed alleato chiave del Presidente Nkurunziza, è stato assassinato in un attentato nella capitale Bujumbura nella tarda serata di domenica. Secondo la rivista panafricana Jeune Afrique, l’alto ufficiale sarebbe stato ucciso con razzi anticarro sparati contro la sua auto. Nshimirimana, considerato da molti il numero due del “regime” di Nkurunziza, era stato colui che pochi mesi or sono, a maggio, aveva sventato proprio un tentativo di golpe contro il Presidente, impegnandosi poi a garantirne l’incolumità alle successive elezioni. Elezioni che, è bene ricordarlo, gli Stati Uniti si sono prontamente affrettati a definire alla stregua di una “farsa”, semplicemente perché non vinte dal loro candidato, ovvero il classico fantoccio che avrebbe fatto i loro interessi al posto di quelli del popolo burundese.

Giornalisti burundesi collegati all’opposizione filoamericana, tenuta in piedi con le regalie delle varie fondazioni statunitensi legate più o meno direttamente al Dipartimento di Stato per gli Esteri, alla CIA e alla NED (la National Endowment for Democracy, un organismo controllato dalla CIA), avevano già provato a delegittimare e a distruggere politicamente Nshimirimana, accusandolo d’essere il mandante dell’assassinio di tre suore italiane, Olga Raschietti, Lucia Pulici e Bernardetta Boggian. Le tre suore, a detta degli accusatori, erano state massacrate perché avevano scoperto i presunti traffici illeciti dell’alto ufficiale, ex Capo di Stato Maggiore del Burundi, che addirittura per il loro assassinio avrebbe sborsato 75 milioni di franchi. Ovviamente nulla è stato provato, e ben presto l’accusa è caduta nel dimenticatoio, con la speranza che nessuno più si scomodasse a ricordarla ai facinorosi che l’avevano sollevata.

L’omicidio è giunto a pochi giorni dal discorso di Obama contro i presidenti “for life”, categoria in cui la Casa Bianca ha voluto comprendere anche Nkurunziza. Quasi una lista di proscrizione, stilata da colui che ancora si considera l’uomo più potente della Terra senza in realtà esserlo più (e per fortuna!), volta ad eliminare chiunque semplicemente s’opponga alle ambizioni egemoniche degli Stati Uniti e delle loro corporations nel cosiddetto “Terzo Mondo”. Intanto Nkurunziza, a dimostrazione del fatto di non essere un dittatore e di voler perseguire soprattutto la pace e la distensione nel proprio paese, ha nominato Agathon Rwasa, principale leader dell’opposizione filo-occidentale, presidente del Parlamento. Una degna e dignitosa risposta a tutti i deliri di onnipotenza della Casa Bianca.