fiorentina-inter rigore

L’ultimo weekend di febbraio, la giornata 25 di Campionato, parte dalla fine. O meglio, da oltre la fine. Perché Fiorentina-Inter, il posticipo, è stata la gara del tutto. Del goal più rapido della serie A degli ultimi 15 anni (appena 16 secondi dal fischio iniziale), di quello arrivato più in ritardo (al minuto 101), delle polemiche immense.

Diciamo la verità: l’Inter ha ragione a lamentarsi perché domenica è stata sfortunata. Soprattutto perché con la tecnologia che ci vantiamo di aver introdotto ed esportato oltralpe, certe cose non dovrebbero più succedere. Alcuni errori grossolani di iniziale valutazione – attenzione, perché in diretta il penalty viola pareva davvero evidente – si dovrebbero debellare, ma Abisso (fidatevi, ci ricorderemo a lungo del suo cognome, nonostante il mese di stop forzato che ha ricevuto) – non ha ritenuto di dover tornare sui suoi passi perché le immagini gli hanno lasciato qualche dubbio. Come non si sa. Ma il problema sta a monte. È giusto fischiare questi falli di mano? Ecco, allora, la questione. Il Var ha creato un mostro: l’eccessiva permalosità sugli interventi di mano. Non va bene così.

Con questo pareggio – il risultato è il più giusto, paradossalmente – i nerazzurri si trovano improvvisamente risucchiati nell’accesso alla Coppa Campioni, con un +2 sul Milan e un +3 sulla Roma che stanno venendo su. Un qualcosa di inaspettato rispetto a qualche settimana fa, ma reso possibile da un rallentamento degli ultimi mesi. Spalletti, però, può sorridere. La squadra continua a dare segnali di ripresa: fisicamente sta crescendo; il centrocampo, il reparto più rinforzato in estate e qualitativamente il migliore sta dando il suo contributo; Nainggolan e Perisic sembrano aver messo da parte i mal di pancia e le bambinate; compattezza nell’affrontare e andare oltre tutta la pantomima dell’affaire Icardi. Ma il mister di Certaldo ha bisogno che anche Lautaro Martinez faccia il suo dovere con continuità, altrimenti potrebbe farsi tutto più complicato.

Il resto del weekend non ha avuto molto da dire. Restando nella zona Champions, si viaggia davvero sull’asse Roma-Milano. Il Milan conferma il suo momento positivo sbarazzandosi dell’Empoli impegnandosi soltanto 10’ a principio di secondo tempo e resta al quarto posto. La Roma gli resta attaccata vincendo in pienissimo recupero contro un gagliardo Frosinone. Successi, questi, che hanno creato uno strappo non da poco con le altre contendenti. La Lazio – non ha giocato, però – è precipitata a -7. Così come l’Atalanta, ko per 2-0 contro la vera (nuova) sorpresa del Campionato, il Torino di Mazzarri.

E il prossimo turno è così strutturato: Cagliari-Inter (già venerdì), Milan-Sassuolo e Lazio-Roma. E in casa rossonera festeggiano anche il 20esimo compleanno di Gigio Donnarumma. Così piccolo e già oltre 150 presenze in prima squadra e 11 in Nazionale. Roba che neanche Gigione Buffon…

Parli di Buffon e inevitabilmente pensi alla Juventus a alla “lotta” per portarsi a casa il Tricolore. Anche qui nessun sussulto. I bianconeri hanno vinto a fatica in quel di Bologna (ben nove i tiri subiti nel primo tempo: mai così tanto in Stagione) con un guizzo di Dybala, al terzo centro stagionale e il primo in trasferta dopo 10 mesi.

I Campioni d’Italia non stanno bene, e si vede. Hanno un certo stress fisico e mentale da un paio di mesi, e l’Atletico Madrid lo ha solo ricordato. A parte qualche caso eccezionale, portano a casa il massimo risultato perché in patria non hanno rivali. Al “Dall’Ara”, per intenderci, Chiellini e compagni non hanno giocato meglio che in Spagna, ma il Bologna si chiama così non per caso. E si è fermato sui legni. Ventidue vittorie in 25 partite sono un record per il calcio italiano – un altro per Massimiliano Allegri – così come i 69 punti. E sono 29 le gare utili consecutive. E quattro punti rispetto all’anno scorso.

Sono sempre 13 i punti di vantaggio sul Napoli, che ha passeggiato a Parma messo al tappeto con un poker che non ammette repliche. Ancelotti arriva nel migliore dei modi allo scontro diretto di domenica sera e si gode ancora Milik, già al terzo centro su calcio di punizione diretto. Come lui soltanto uno sconosciuto: Lionel Messi.

Il patron partenopeo, Aurelio De Laurentiis, ha dato un bel 7 alla stagione dei suoi. Ha ragione? Beh, è difficile dargli torto. Non dimenticando che non si è fatto mercato. E anche che il periodo storico gli ha voltato le spalle. Nello Stivale difficilmente si farà scappare il secondo posto (sarebbe il terzo nelle ultime quattro annate) anche se deve recriminare per i tanti punti persi lontano da casa – un anno fa il beneamato Sarri aveva collezionato 10 punti in più, ma ad oggi sono gli stessi del primo anno del suo predecessore – e per l’uscita prematura dalla Coppa Italia. Ma nella città del Cristo velato hanno un sogno nel cuore: l’Europa League. E uno più immediato: battere i più forti.

In coda, per concludere, la lotta per la permanenza in serie A è davvero ampia. Sette squadre racchiuse in 14 punti. Alla faccia della noia.