Per il primo ministro australiano Malcom Turnbull un “reset” dei rapporti fra Australia ed Indonesia, finora non proprio all’insegna della massima cordialità, potrebbe essere ben più che una buona notizia. Dal suo predecessore Tony Abbott, infatti, ha ereditato un braccio di ferro con Giacarta che gli risulta ormai di giorno in giorno sempre più sgradito e pesante da sopportare.

Questo fine settimana Turnbull ospiterà a Sydney il presidente indonesiano Joko Widodo. Insieme i due capi di Stato discuteranno di come ammorbidire le posizioni fra i loro paesi e cercheranno, soprattutto, di concordare una linea comune circa i pattugliamenti nel Mar Cinese Meridionale.

Tony Abbott, che è stato defenestrato dalla guida del Partito Liberale di centrodestra nel 2015 ma che è comunque rimasto un membro del Parlamento, briga già per le prossime elezioni ed ha presentanto per l’occasione un aggressivo manifesto politico, che ha nelle energie rinnovabili e nel controllo dell’immigrazione i suoi punti forti. Per Turnbull si tratta indubbiamente di un bel grattacapo, ed allentare le pressioni provenienti dall’esterno sconfessando così la linea politica del predecessore potrebbe essere una buona soluzione, o quantomeno una risposta non priva d’intelligenza.

In generale il panorama politico australiano conosce ormai da anni una certa qual fibrillazione: basti pensare che dal 2010 sono già stati cambiati ben quattro primi ministri. Mathias Cormann, l’attuale ministro delle finanze, ha appena “tradito” Abbott di cui fino ad oggi era stato uno dei più stretti alleati, e pare dirigersi ormai sempre più velocemente e decisamente verso Turnbull. Potrebbe dunque appoggiare anche la sua recente decisione di cercare un nuovo “modus vivendi” con l’Indonesia.

La pressione interna causata dal Partito Laburista da una parte e dal nuovo movimento antislamico dall’altra, l’One Nation Party, non può non richiedere una risposta politica da parte dell’attuale esecutivo. Intrattenere ed avviare un dialogo costruttivo col presidente della più popolosa nazione di musulmani al mondo (ma che al suo interno ospita anche numerose ed importanti minoranze di altre fedi, cosa importantissima e da non sottovalutare), l’Indonesia, lasciandosi alle spalle gli antichi attriti, dimostrerebbe non soltanto lungimiranza politica da parte di Turnbull, ma anche una più complessiva capacità della politica australiana di non lasciarsi condizionare da certe tentazioni e pressioni a dir poco becere. Si tratterebbe insomma di scegliere fra un antislamismo molto retorico ma che nel breve termine garantisce sempre un certo guadagno elettorale, ed una politica più costruttiva coi propri vicini ma per questo motivo anche bisognosa di un maggior tempo per venir compresa ed apprezzata.

Questa non sarà comunque la prima volta che Turnbull incontrerà Widodo. Quest’ultimo aveva già ospitato a Giacarta Turnbull sul finire del 2015, e già in quell’occasione i due avevano discusso una partnership economica e commerciale che nelle loro aspettative dovrebbe ricevere il suo coronamento proprio in questa nuova occasione.

Non sono state poche le tematiche che hanno diviso i due paesi: non soltanto questioni economiche e commerciali, ma anche il modo con cui l’Australia ha affrontato le richieste d’asilo di cittadini indonesiani, senza parlare poi della scelta dell’Indonesia di condannare due australiani accusati di narcotraffico. A gennaio, dopo un nuovo scandalo, l’Indonesia ha addirittura sospeso la propria collaborazione militare con l’Australia, una discreta tegola per Turnbull. Tuttavia, il presidente Joko Widodo, in un’intervista alla carta stampata, ha sempre dichiarato da parte sua la massima disponibilità a discutere con Turnbull di ogni cosa, compresi anche i pattugliamenti congiunti nel Mar Cinese Meridionale.