Giuseppe Mazzini

Giuseppe Mazzini è senza dubbio, dei cosiddetti apostoli del Risorgimento, il più sconosciuto. Per generazioni ci si è limitati a parlare delle famose massime del suo pensiero “Dio e popolo” o “Pensiero e Azione”, preferendo dare maggior risalto a figure come Cavour o Giuseppe Garibaldi.

Eppure il pensiero mazziniano ha influenzato profondamente il pensiero politico italiano, andando a mettere uno sprazzo di sé in molti partiti e pensatori. Sin dopo l’unità il pensiero mazziniano era presente in alcune frange dell’estrema sinistra storica, precorritrice del movimento radicale. Tra questi il più famoso fu Felice Cavallotti, fiero oppositore sia della sinistra che della destra storica, le cui idee si basavano su concezioni di stampo egualitario e social liberale, entrò in contrasto con gli stessi repubblicani per le sue simpatie federaliste; da citare anche il meno noto Agostino Bertani anch’esso repubblicano e volontario durante la Repubblica Romana fautore del suffragio universale.

Con la fondazione del Partito Repubblicano Italiano ad opera di Giuseppe Gaudenzi, Eugenio Chiesa e Napoleone Colajanni i repubblicani, attestatisi su idee di estrema sinistra, concorreranno a lungo con i marxisti per la supremazia in campo operaio. La vittoria spetterà a questi ultimi, seppur una forte presenza repubblicana rimarrà forte nelle regioni del centro. Oltre che come partito, sul finire dell’800 e l’inizio del ‘900 il pensiero mazziniano comincia a farsi sentire anche tra le fila del Partito Socialista: allora il PSI, come d’altra parte anche Friedrich Engels sosteneva, aveva così tante correnti da essere a stento un partito marxista degno di questo nome e proprio con lo scoppio del primo conflitto mondiale i nodi verranno al pettine.

Tra i favorevoli alla guerra nell’area del socialismo italiano i socialdemocratici ricoprirono un ruolo importante, tra i quali ricordiamo il nome di Gaetano Salvemini che, pur essendo critico nei confronti dell’idealismo di Mazzini, ne fu innegabilmente ispirato, soprattutto nel periodo del secondo dopoguerra. Altri nomi importanti sono quelli di Cesare Battisti e Leonida Bissolati.

Anche nelle fila dei fautori del sindacalismo rivoluzionario, (ispirato dal pensiero di Georges Sorel, il quale anche egli sul finire del 1920 si sposterà su posizioni filomazziniane), già prima dello scoppio del primo conflitto mondiale, il pensiero mazziniano si farà sentire. Fu questo il caso di personaggi come Angelo Oliviero Olivetti e Filippo Corridoni, mentre la fede mazziniana si radicò in molti esponenti alla fine del conflitto, il più noto di questi fu Alceste de Ambris. Inutile dire che la maggioranza degli esponenti del partito repubblicano fu interventista così come i nazionalisti di Corradini.

Con la fine della guerra e l’ascesa del fascismo chi aveva combattuto per anni sulla stessa barricata si ritrovò separato dalle antiche amicizie, caso emblematico è quello di Benito Mussolini e Pietro Nenni. E così come il resto della politica italiana anche i mazziniani si divisero, chi aderì al fascismo, come il già citato Olivetti insieme a Sergio Panunzio o Arturo Labriola, e chi aderì all’antifascismo, come Carlo e Nello Rosselli, assassinati poi da sicari fascisti.

È innegabile che il  fascismo stesso si sia per molti versi ispirato al pensiero di Mazzini, soprattutto in campo ideale e filosofico. Non è un caso che il pensiero del filosofo di riferimento delle camicie nere, Giovanni Gentile, abbia profonde radici nelle idee del filosofo genovese, emblematico il caso del noto motto fascista “Libro e moschetto, fascista perfetto” il quale non è altro che una rielaborazione del motto “Pensiero e Azione”. Questi ideali si fecero più presenti nella Repubblica Sociale Italiana: nel discorso di fondazione, pronunciato su Radio Monaco il 18 settembre del 1943, un Mussolini ormai ombra di se stesso, sogna un improbabile ritorno al fascismo delle origini e nella formazione di un nuovo Stato, emanazione, per sua stessa dichiarazione, del pensiero dei filosofi risorgimentali in special modo, per l’appunto, di Mazzini.

Dall’altro lato della barricata, all’intero della Resistenza, pur essendo i suoi membri ispirati in gran parte dal pensiero marxista, non mancano anche formazioni ispirate al pensiero mazziniano come le repubblicane brigate Mazzini, così come buona parte delle brigate azioniste, esponenti di spicco furono: Federico Comandini, Ferruccio Parri, Giovanni Conti, Duccio Galimberti e Piero Calamandrei.

Nel secondo dopoguerra Mazzini sparirà quasi del tutto dalla politica italiana, rimanendo solo idealmente come simbolo del Partito Repubblicano, che intanto si era spostato su posizioni atlantiste e liberali con Ugo La Malfa e Giovanni Spadolini. Nel partito rimarrà per un certo periodo la corrente del cosiddetto socialismo mazziniano, formato da repubblicani di lungo corso come Alfredo Bottai, che si ispirava in sostanza alle idee del sindacalismo rivoluzionario.

Anche Palmiro Togliatti, segretario del Partito Comunista Italiano fino al 1964, durante una lezione alla Normale di Pisa, dimenticandosi delle sue precedenti dichiarazioni sul Mazzini precursore del fascismo, appellerà il pensatore genovese come “nostro” sottolineando addirittura il fatto che questi giganteggiasse all’interno della politica italiana.

Antonio Vitale