C’è una lucida schizofrenia di tipo moralistico che si sta impadronendo degli Stati Uniti: l’ossessione per la bandiera confederata. Per qual motivo una bandiera può diventare un simbolo contro il quale tutti, sembra, vogliano accanirsi indistintamente? Il misunderstanding oltre al quale nessuno vuole proprio andare è costituito dal significato della bandiera: è opinione diffusa che la bandiera confederata sia un simbolo di discriminazione e di odio nei confronti delle minoranze, in particolare verso quella di colore.

Questa percezione, deriva però da una sbagliata concezione della storia, che vedeva gli stati Confederati come unici perpetratori della schiavitù e delle politiche di segregazione. Tale lettura, semplicistica e del tutto infondata, non può far altro che far sorgere degli interrogativi sulle reali conoscenze storiche degli statunitensi, riguardo ad eventi non troppo distanti come la Guerra di Secessione, e dell’intero mondo accademico e dello spettacolo, che prono ad una visione politicizzata della storia, si accoda a lanciare strali sul cattivo redneck, e si affrettano, di contro, ad incensare a tutti i costi i “buoni e i democratici”.

La Guerra di Secessione, fu un conflitto anzitutto economico, che vedeva contrapposte due economie completamente differenti, quella del sud, legata alla coltivazione, e quella del nord capitalista, basata sul settore dell’industria. Le esigenze del Nord per l’espansione della propria industria e delle proprie aree commerciali, si concretizzarono in una vera e propria guerra di aggressione nei confronti del pacifico sud, che non aveva né i mezzi, né la voglia necessari a sostenere un conflitto di lunga durata. In seguito alle tensioni create dal Nord, e all’esplosione di “focolai” di guerra, che poi saranno puntualmente insabbiati ed omessi dalla storia ufficiale, la guerra iniziò nel 1861, con un ingente dispendio di uomini e mezzi da entrambe le parti. Questa dolorosa ferita venne “chiusa” (per modo di dire) nel 1865, con la vittoria dell’esercito del Nord sull’Esercito Confederato.

Si vide subito che la liberazione della gente di colore non era che un pretesto, considerato che fino alla metà degli anni ’60 del XX secolo la gente coloured non poté godere degli stessi diritti dei bianchi, anche nell’oramai consolidato stato nordamericano impegnato a combattere non più sul suo territorio, ma in giro per il mondo. La bandiera del Nord, come la bandiera USA, non sono mai state, in quegli anni, sinonimo di libertà per le persone di colore, quindi una riduzione a “nemico” assoluto della bandiera confederata, dovrebbe apparire, agli occhi dell’opinione pubblica, come un’operazione “commerciale” volta a distogliere l’attenzione dai problemi reali della nazione e incrementare la divisione tra persone. Pare assurdo che nella cosiddetta land of freedom, un telefilm degli anni ’70 possa andare in contro a censura a causa di una bandiera sudista sul tetto di una macchina, come che le bandiere sudiste esposte in luoghi storici debbano essere ammainate in segno di rispetto.

“Heritage not Hate” è uno dei motti che contraddistinguono i sostenitori della libertà di circolare con bandiere sudiste, per esempio, libertà anche di personalizzare la targa della propria vettura, cosa molto comune negli Stati Uniti, con l’emblema son of confederate veteran. Nel web, purtroppo, si assiste continuamente ad azioni terroristiche contro i simboli sudisti, ad accese discussioni, che troppo spesso sfociano in insulti, o anche in casi di pestaggi reali, come avvenuto poco tempo fa ai danni di una coppia che aveva la sola colpa di sfilare con una bandiera confederata. Facendo un piccolo paragone storico, sembra quasi un contrappasso per la storia del profondo Sud, che il South Carolina, primo stato ad aver voluto la secessione il 20 dicembre 1860, sia stato lo stesso che prima si è arreso alle politiche moralistiche che hanno fatto della “caccia al sudista” uno degli sport più ambiti e praticati dai buonisti fedeli al Partito Repubblicano.

Questa mossa, letta in un contesto in cui in America si stanno palesemente acutizzando le tensioni sociali, sembra un vero e proprio assist di insensata violenza, servito su un piatto d’argento, al solo fine di esacerbare l’odio e continuare a perseguire, senza alcuna fondatezza storica in background, un “nemico” interno da cui i “democratici” devono difendersi. Il nuovo nemico è il sudista, rappresentante per eccellenza di un legame stretto con la propria terra e la propria tradizione, i nemici numeri uno di un mondo che aborre le radici e il concetto di patria.

di Mark Nocera