Matteo Renzi viene contestato dai risparmiatori

Non sarà un Natale facile per molti lavoratori italiani, nonostante i proclami dell’ex premier del Partito Democratico Matteo Renzi.

L’ex premier nelle sue dichiarazioni appare ormai completamente slegato dal mondo reale, un segnale di crisi del Partito Democratico che dovrebbe far suonare il campanello d’allarme nei suoi dirigenti, ma questa è un’altra storia…

Cronaca di un disastro che coinvolge tutto lo Stivale

Soltanto nella città di Napoli, che già non gode di ottima salute occupazionale, il rischio è di ritrovarsi con oltre 200 famiglie prive di un contratto di lavoro da un anno all’altro. Se la chiusura  ormai certa delle attività della catena Trony nel quartiere Vomero porterà alla cessazione del contratto per 105 dipendenti, la chiusura minacciata dalla Coop Tirrenia in Via Arenaccia porterebbe in mezzo alla strada altri 108 lavoratori e relative famiglie.

La vicenda Coop inoltre si intreccia in maniera abbastanza torbida con la politica. La crisi di Coop Tirrenia non scoppia certo in questi giorni e va senz’altro addossata alla politica scellerata della Coop, alla quale è stato permesso di rilasciare prestiti ben oltre i propri capitali, diventando di fatto un istituto di credito. Negli ultimi anni la Coop Tirrenia ha subito una vera e propria corsa agli sportelli, nella quale ha perso dal 2014 al 2017 ben oltre 350 milioni di euro.

Una crisi che si aggiunge ai disastri compiuti dall’area della sinistra piddina, su tutti quella del Monte Paschi di Siena e di Banca Etruria. Scandali che hanno causato non pochi danni a un paese già fortemente colpito dall’austerità europea e della crisi dei subprime.

Restando al sud, continua invece il tira e molla sull’Ilva tra gli enti locali e il governo, fra la vendita ad Arcelor Mistral e le ipotesi di taglio dei dipendenti, la gestione pessima di una industria così importante del siderurgico rischia di aggiungere danni macroscopici ad un’area già martoriata come quella di Taranto. L’Ilva oltre a creare un indotto di circa 300 milioni l’anno che va a supportare le attività di tantissime aziende pugliesi, mantiene oltre 12 mila dipendenti.

Non migliora la situazione nel Centro Italia con l’ipotesi di taglio annunciata dalla multinazionale Nestlè. La multinazionale svizzera vorrebbe ridurre di 384 unità i dipendenti della Perugina, lo storico marchio del cioccolato fondato da Francesco Buitoni e Luisa Spagnoli.

Confermati anche a Genova gli esuberi della Ericsson annunciati nel mese di ottobre. La società svedese subisce la maggiore concorrenza nel settore mobile dei grandi colossi come Huawei e Samsung, e ha annunciato il taglio di 150 dipendenti, che rischiano di diventare addirittura dai 350 ai 450. Già senza lavoro sono invece i 127 dipendenti della Castelfrigo a Castelnuovo Rangone (Mo), vicenda che ha avuto anche altri risvolti, con le accuse di caporalato e sfruttamento, partite da sindacati e ex dipendenti.

A questi vanno aggiunti casi altrettanto clamorosi e gravi come la vicenda Atac a Roma, l’ennesima crisi Alitalia, le acciaierie Piombino, date per salve 3 anni fa dall’ex premier Renzi e in procinto di essere rivendute dall’attuale magnate algerino. Da non dimenticare neanche i casi della Ex Firema e della Ex Irisbus, anche loro date per salve da Renzi, ma mai effettivamente tornate in pieno servizio.

I dati macroeconomici smentiscono Renzi

Del resto anche i dati circolati negli ultimi giorni in chiusura di trimestre smentiscono ampiamente i proclami del segretario del Partito Democratico. O meglio dà ragione alle sue politiche economiche ordo e neoliberiste. Secondo l’ISTAT i livelli di disoccupazione faticano a tornare quelli precedenti alla crisi, tuttavia i livelli occupazionali sono in crescita rispetto al 2016 e anni precedenti dello 0,5%.

Tuttavia la qualità del lavoro creato dagli ultimi governi Pd è a nostro avviso insufficiente per parlare di ripresa in un paese ad economia avanzata. L’aumento registrato dell’occupazione, a guardare i numeri nel dettaglio, riguarda soprattutto il lavoro dipendente e in particolar modo il lavoro a intermittenza e quello dei somministrati, dovuti soprattutto all’abolizione dei voucher. A seguire il lavoro a tempo determinato, a dimostrazione delle disastrose conseguenze di una riforma come il Jobs Act.

Da sottolineare in particolar modo il calo del lavoro indipendente che raggiunge quota -22 mila unità (-0,4%) solo nell’ultimo trimestre, con una variazione tendenziale di -99 mila (-1,8%) rispetto all’ultimo trimestre del 2016. Su base annua invece si attesta a 60 mila il calo del lavoro indipendente.  Una carneficina per piccole e medie imprese e per la classe media del nostro paese.

In una contingenza favorevole per nostro paese a causa del calo del prezzo delle materie prime e dell’abbondante periodo di politiche fiscali espansive da parte della BCE (Quantitative Easing e tassi bassi) l’Italia non ha compiuto passi significativi e la crescita del Prodotto Interno Lordo si attesta non oltre lo 0,9% nelle previsioni più ottimistiche, ma si parla addirittura di un ribasso allo 0,6%.

L’estremismo ideologico ha condotto l’economia italiana in un vicolo cieco

Quello che si registra è soprattutto una mancanza di strategia economica dei governi centrali negli ultimi vent’anni. Dalle privatizzazioni dove si sono bellamente socializzate le perdite e privatizzati i guadagni all’abbandono e la svendita di gran parte delle aziende cardine del tessuto economico del paese, frutto dell’adesione ideologica dei partiti della Seconda Repubblica all’ideologia globalista.

L’involuzione del tessuto industriale italiano e la mancanza di qualsiasi velleità di rilancio economico basato su ricerca e innovazione hanno reso i destini dei lavoratori italiani e dell’Italia stessa dipendenti dai capricci e dai desiderata di multinazionali e magnati stranieri. Questo tipo di aziende tende ad investire in un paese finché le condizioni sono favorevoli, ma non hanno nessun legame con il territorio. Le attività di queste aziende in un mercato come quello italiano risultano spesso sacrificabili a fronte dei tanti mercati diversi da quello italiano nei quali riescono a essere presenti e che risultano in questo preciso momento storico più convenienti.

Del resto la pressione fiscale, vero limite a qualsiasi progresso negli investimenti e perciò a qualsiasi prospettiva di ripresa, resta il nodo cruciale. Da un’economia, quella italiana, da sempre segnata dalla piccola e media impresa, il capitalismo italiano sta assumendo sempre più i crismi di un capitalismo da paese in via di sviluppo, nel quale la sperequazione la fa da padrone a favore di pochi grandi ricchi, gli unici in questo momento storico a potersi permettersi il rischio imprenditoriale. Una situazione aggravata dall’incapacità degli ultimi governi di rinunciare all’austerity europea.

Questa fotografia della situazione economica e sociale italiana è corroborata ancor di più dall’aumento della povertà (9,3 milioni vivono al di sotto della soglia) e del lavoro dipendente precario, che va ad ingrossare le fila delle classi meno abbienti, in un sistema che somiglia sempre più a quello feudale, con signori e plebei, che ad un sistema socialmente flessibile, tipico di un’economia avanzata. Con una classe media, quella composta da autonomi, professionisti e piccoli imprenditori quasi del tutto in procinto di cadere in disgrazia.

La cronaca del 2017 ha rivelato una quadro allarmante

Alla triste situazione rappresentata dai dati macroeconomici si aggiungono quelle notizie e quegli aneddoti che non vorremmo mai sentire. L’anno 2017 è stato l’anno in cui sono tornate ad aumentare le morti sul lavoro (circa il 5,2% rispetto all’anno precedente), l’anno in cui gli italiani residenti all’estero hanno toccato quota 5 milioni, cifra record dagli anni ’70, ma anche quello dei licenziamenti comunicati su Whatsapp.

Infine il 2017 è stato l’anno in cui molti italiani non hanno visto la tredicesima (il 20% delle microimprese non riescono a pagarla) e dei dipendenti di un call center di Taranto pagati 90 euro al mese. È anche l’anno che ha rivelato la natura estremamente padronale dell'”Alternanza Scuola-Lavoro”, nel contesto del quale diversi sono stati gli studenti feriti e numerose le proteste.

UN COMMENTO

  1. Renzi ha fatto solo una propagannda becera alterando i dati e dicendo solo bugie, dimenticando che il suo governo e quello di Gentiloni hanno rimandato tutti gli interventi sostanziali al prossimo anno e ad un prossimpo governo, soprattutto interventi pesanti che un nuovo governo non piu’ a guida PD potrebbe avere difficolta’ a risolvere.
    Il PD e Renzi sa che il prossimo governo non sara’ a guida PD per cui ha lasciato TUTTE le magagna alla prossima legislatura.
    Un bugiardo incallito oltre che un azzecca garbugli.
    Nessun dato economico e’ veramente positivo ma tutti negativi se depurati dalle alchimie statistiche che in realta’ nascondono un sistema vessato dal fisco, il sud ormai agonizzante e lonanissimo da alcuna ripresa economica… 9,5 milioni di famiglie ormai al limite della soglia di poverta’ … l’elenco dei problemi e delle drammaticita’ e’ lunghissimo.
    Il 2018 sara’ un anno pieno di problemi e di agitazioni perche’ quando i nodi verranno inevitabilmente al pettine allora le scuse e le alchimie statistiche saranno inutili…la beffa sara’ che vedremo il PD e Renzi dire: “vedete noi sapevamo governare e questi non sanno cosa fare” senza dire che i principali responsabili di questaq situazione sono il PD e in modo particolare Renzi .
    Buon 2018

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