Italia, la Disfatta Totale!
Lo scenario peggiore al quale nessuno voleva credere è divenuto realtà. La nazionale italiana non parteciperà alla competizione più prestigiosa, la coppa del mondo.
Russia 2018 doveva essere l’ennesimo banco di prova, un trampolino per rilanciare questa nazionale azzurra sempre troppo indietro rispetto alle compagini europee, e invece il percorso italiano si è interrotto proprio un istante prima, ai playoff con una Svezia tutt’altro che brillante.
Dopo la sconfitta dell’andata, match alquanto discutibile per il team di Ventura, ieri sera è arrivato il pareggio che ci ha condannato. La partita tra i due organici è stata per buona parte gestita dall’Italia, le statistiche finali non mentono, gli azzurri hanno mantenuto un 75% di possesso palla, sono arrivati al tiro una ventina di volte, si sono conquistati 8 corner e la Svezia invece ha atteso, si è difesa con le unghie e con i denti, come ci si aspettava. Niente di stupefacente, ciascuna ha fatto il suo, o forse no? L’Italia è scesa in campo con un 3-5-2, con l’inserimento inaspettato di Jorginho, sul quale lo stesso Ventura aveva serbato più di qualche dubbio ed è stato invece il solo assieme a Parolo a dare linfa a questa squadra.
Per mezz’ora l’Italia è stata lenta e prevedibile, ha agito a lungo per linee orizzontali, Candreva non è mai riuscito a sfondare dal suo corridoio, totalmente in confusione nell’uno contro uno, smerciava passaggi verso il centro senza cognizione di causa. Bonucci dopo la contusione stringe i denti e va avanti, prova ad impostare, ma non è stato esente da errori in marcatura. Chiellini copre ma non imposta, rimanendo fedele alla sua “identità” calcistica. Darmian e Florenzi piuttosto anonimi, gli attaccanti sono stati uno sfacelo.
L’Italia nel secondo tempo è partita con una punta di orgoglio, lo stesso che aveva riservato negli ultimi 10 minuti della prima frazione, essa però è andata a scemare con lo scorrere dei minuti.
Una nazionale azzurra che non ha avuto idee concrete, che ha atteso il miracolo per un lampo individuale, evidente la confusione che si respirava in campo al momento dell’avvicinarsi alla porta. Quando gli azzurri salivano, gli svedesi indietreggiavano e si chiudevano, partiva il cross alto dell’Italia che prontamente veniva respinto. Una ripetizione ossessiva del medesimo attacco solo da punti differenti. Gli svedesi difendevano schierati, le palle alte non erano un problema a fronte del loro stacco e dell’altezza di cui sono provvisti. Azzurri che a tratti si spaventavano con il passare inesorabile dei minuti, tornavano nella loro metà campo, si facevano chiudere e poi di nuovo la medesima ripartenza. Per l’Italia solo cross a vuoto, passaggi di prima senza uno schema preciso, tiri poco accorti. Le statistiche ci hanno dato ragione parlando meramente di numeri, ma il gioco prodotto era di scarsa qualità e il risultato finale ne è la prova.
A partita ormai conclusa si è visto un disperato Buffon alla ricerca del gol, un ultimo vano tentativo di non far crollare le residue speranze che erano riposte in questa nazionale. Nulla è servito. Il triplice fischio ha decretato la disfatta degli azzurri.
Quali i colpevoli?
Ventura è stato senza dubbio un killer silenzioso di questa nazionale. Le sue scelte errate e confuse, senza un vero progetto chiaro e delineato hanno portato inevitabilmente a questa sconfitta.
La questione del modulo tattico è sempre stato sul banco degli imputati, il tecnico ligure le ha provate tutte. Si è passati dal 4-4-2 al 3-5-2 e poi al 4-2-4. Quel 3-5-2 sul quale Ventura si era fissato, ha dimostrato la totale inadeguatezza funzionale dello schema a fronte di calciatori non idonei per caratteristiche tecniche. Scambi prettamente orizzontali, pochissima profondità, spazi ristretti tra gli attaccanti impossibilitati quindi ad essere precisi sotto porta e a perdere potenza al momento del tiro.
L’utilizzo della rosa a disposizione è stato uno scempio, da Verratti fuori fase nei precedenti incontri, all’inutilizzato Insigne in un doppio confronto nel quale la sua qualità tecnica sarebbe servita. Dall’inserimento all’ultimo respiro di Jorginho (migliore in campo con la Svezia), mai convocato per mancanza di un ruolo effettivo da ricoprire nelle idee strampalate del suddetto CT. Fino a mettere all’angolo un attaccante che avrebbe comunque aiutato se gestito con sapienza, ossia Balotelli.
In molti avrebbero chiamato a gran voce persino Giovinco, ora in MLS a compiere magie, su questo ci si può trovare più o meno d’accordo, ma è chiaro che una possibilità gliela si poteva dare giunti a questo punto. Le valutazioni sul piano umano sono state pressoché tutte errate, compresa la soluzione folle di voler inserire De Rossi, centrocampista difensivo che nulla poteva dare in un momento così delicato. Il capitano giallorosso ha infatti sottolineato a gran voce tale insensatezza, puntando il dito invece al più consono Insigne. Sono situazioni come queste che fanno comprendere la mancata competenza di un CT.
Queste scelte, confusionarie e spesse volte scorrette, sono figlie della storia passata e quindi di un background inconsistente, privo di qualsivoglia esperienza internazionale e di match importanti che fanno realmente crescere un tecnico sportivo. Ventura in tutto ciò si era persino esposto a dichiarazioni al limite della strafottenza, come l’affermare la vittoria sicura contro la Spagna o la qualificazione già in tasca ai prossimi mondiali.
Sappiamo com’è andata a finire in entrambi i casi. Il CT si è sempre macchiato di incoerenza, cambiando moduli in corso d’opera, quindi smascherando il “non progetto” che aveva in mente, un tecnico che viveva alla giornata, a seconda di come tirava il vento in sostanza. Un tecnico “anacronistico” per stile di gioco e oltretutto inadatto persino nel creare legami con i propri giocatori.
Urge un cambio di mentalità ai vertici del calcio
La colpa più rilevante va senza dubbio ai vertici federali, responsabili di aver incaricato un allenatore di terza categoria senza arte né parte di sedere su una panchina prestigiosa come quella azzurra. Il motivo di tale scelta è da imputare molto probabilmente al costo “irrisorio” rispetto ad altri nomi papabili in circolazione, insomma un CT preso a risparmio.
La federazione però ha anche un altro macigno sulle spalle, quello di non investire da troppi anni sui vivai nostrani, di non impiegare denaro ed energie su impianti sportivi per favorire la crescita di calciatori talentuosi e di lasciare ai margini personaggi realmente competenti in materia calcio. Tutto questo va a inficiare negativamente sul complesso che rispecchia poi le terribili battute d’arresto che subisce la nostra nazionale.
Un buon punto di partenza sarebbe prendere ad esempio le due nazionali con la maggior evoluzione negli ultimi anni, Spagna e Germania. Quest’ultima ad inizio millennio invertì la rotta, cambiò stile di gioco, mandò in pensione impianti obsoleti, rivoluzionò il proprio sistema inappropriato e il risultato lo ebbero nel giro di un decennio. Fu uno sviluppo lento ma costante, e i frutti si videro poco per volta.
Nel post mondiale 2014 si sentirono processi sul ricambio calcistico italiano, parole al vento. Oggi però dobbiamo realmente cambiare la nostra mentalità, sradicando vecchi preconcetti e figure corrotte che appesantiscono il sistema, innovando infine tutto il nostro macrocosmo calcistico, dai campetti di periferia fino agli stadi di massima serie. Solo con un approccio simile, seminando in questo senso a più livelli, si avranno dei risultati concreti.
I danni della mancata partecipazione
La disfatta totale include altri due aspetti,come quello economico e psicologico. Quello che riguarda il mancato introito milionario nelle nostre casse dovuta alla mancata partecipazione e quello sul piano sociale. Il primo è una perdita esclusivamente materiale, il secondo invece è umano.
La prossima estate sarà diversa da tutte le altre, perché nessuno di noi si emozionerà guardando il mondiale in Russia, gli azzurri non saranno presenti e noi spettatori con loro. Le manifestazioni sportive sono un grande momento di aggregazione, di rivalsa per un popolo, ma anche un periodo nel quale la distrazione agonistica su un teleschermo diventa una vera e propria catarsi per il popolo di una nazione.
La passione, il tifo e le emozioni ci fanno prendere le distanze dai nostri conflitti interiori, mettono all’angolo la routine quotidiana, ci emarginano dai pensieri negativi che troppo spesso ci portiamo dietro come un peso incalcolabile sulle spalle. Lo sport in generale fa tutto ciò, il calcio qui in Italia come nel mondo ci riesce nel migliore dei modi.
Una mancata partecipazione mondiale pesa più di quanto possiamo immaginare, e ce ne renderemo conto presto…