La holding giapponese Kawasaki Heavy Industries ha annunciato d’essere prossima a cedere la divisione motociclistica, confermando alcune voci che circolavano già da tempo. La divisione motociclista di Kawasaki è la quarta realtà giapponese del settore dopo Honda, Yamaha e Suzuki, ovvero la più piccola, e ormai da anni opera in joint-venture con la ben più grande divisione motociclistica di Suzuki. A causa della crisi mondiale di mercato dovuta al Covid, nel 2020 chiuderà con un passivo pari a 47 milioni di dollari, ovvero con un danno finanziario decisamente non trascurabile.
Ciò che sorprende dell’annuncio della capogruppo Kawasaki Heavy Industries è di voler procedere con lo “spin off” anche della divisione ferroviaria, quest’ultima ben più importante a livello mondiale e soprattutto ben più remunerativa, una vera e propria “fonte di profitti” ritenuta da sempre dagli analisti alla stregua di un “bene inalienabile”. Ma, se nel caso della cessione della divisione ferroviaria, vi potrebbe anche essere l’intenzione di concentrarsi sul resto, come ad esempio sull’aerospaziale, la robotica, le turbine o la cantieristica navale, dove Kawasaki Heavy Industries vanta decisamente una buona posizione a livello globale, non lo stesso si può dire per quella motociclistica.
Secondo quanto dichiarato dall’azienda e poi rilanciato dai vari media di settore, lo scopo sarebbe quello di sganciarla dal resto del gruppo per renderla più flessibile e rapida nel rispondere ai continui cambiamenti del mercato, ma al contempo è pure lecito domandarsi cosa potrà esserne della Kawasaki motociclistica una volta che si ritroverà sprovvista del solido retroterra finora garantito dalla holding madre. Quest’ultima, fino ad oggi, l’aveva mantenuta anche per ragioni di marketing, dato che con la sua vasta gamma di prodotti offerti in tutte le cilindrate e tipologie faceva pubblicità anche a tutto il resto del gruppo e alla sua immagine tecnologica.
Si potrebbe quasi dire che il mantenimento della Kawasaki motociclistica fosse una “pubblicità” a spese di tutto il resto del gruppo, ma dai costi e dalla convenienza non sempre dei più vantaggiosi. Non a caso, già anni fa sul suo futuro erano volate un po’ di voci non proprio delle più rassicuranti. La joint-venture con la divisione motociclistica Suzuki, siglata proprio in quel periodo, con l’avvio di vari prodotti condivisi e venduti con entrambi i Marchi, consentì a quel tempo di rimandare al futuro certi quesiti ai quali evidentemente ora tocca dare delle scelte un po’ più “dolorose” e “chirurgiche”.