Il Ministro della Difesa del regime di Kiev, Oleksii Reznikov, ha affermato che il suo Paese starebbe accumulando un milione di combattenti per riconquistare le regioni meridionali dell’Ucraina. La prevista controffensiva, la quale, sempre a sentire il Ministro di Zelensky, dovrebbe venir condotta con armi occidentali, dovrebbe riprendere le regioni costiere dell’Ucraina a causa della loro vitalità per l’economia del Paese.
Queste affermazioni sono riportate come parole dello stesso Renzikov, dal prestigioso quotidiano londinese ‘The Times”. Nell’articolo in questione si legge, testualmente: “Comprendiamo che, politicamente, è un obiettivo oltremodo necessario per il nostro Paese. Il Presidente ha dato l’ordine al comando supremo di elaborare piani. in tal senso. Dopodiché lo Stato Maggiore si è messo in moto calcolando che per raggiungere questo obiettivo abbiamo bisogno di un tot di uomini e risorse”. “In base a questo compio il mio lavoro. Scrivendo lettere alle controparti nei paesi partner”.
L’ultima frase rivela “il senso” dell’intera faccenda. Reznikov cerca di fare ‘suasion’ su UE ed USA per ricevere più armamenti coi quali equipaggiare questo ipotetico “esercito segreto” da un milione di uomini, che sarebbe pronto, appena ne avesse ì mezzi, a cacciare le ‘orde russe’ dalle coste del Mar Nero.
La situazione ricorda l’aneddoto che Ian Fleming inserisce nel ‘prologo’ di “Dalla Russia con Amore”, laddove parla di un agitatore ucraino che convince gli Americani (il romanzo fu scritto nel 1957, quando Stepan Bandera era ancora vivo ed esule in Germania Ovest) di avere una ‘armata clandestina’ pronta ad agire contro i Sovietici chiedendo denaro per equipaggiarla.
“Non vi è alcuna indicazione che gli Ucraini abbiano né le truppe ne il materiale bellico per condurre un’offensiva del genere in questo momento”, ha detto alla testata americana Washington Examiner Tyler Weaver, autore, analista militare ed ex ufficiale dell’esercito statunitense.
“Attualmente stanno lottando per fornire, armare ed equipaggiare adeguatamente le forze nel centro-est del Paese, che ammontano a qualcosa di meno della metà delle dimensioni di questa ipotetica ‘forza controffensiva’. Gli aiuti occidentali e le nuove reclute che potrebbero iniziare lentamente a formare il nucleo di una tale formazione (sebbene di ben più modeste dimensioni) sono stati invece universalmente inviati in prima linea per tappare i buchi creati dagli accerchiamenti e dalle avanzate russe”.
Zelensky ha affermato che l’Ucraina aveva complessivamente 700.000 soldati effettivi in armi in un discorso televisivo a fine maggio, secondo Euronews. Altri analisti credevano che il numero reale fosse più vicino a 500.000. La BBC, evidentemente imbarazzata dalla selvaggia fantasia del volo pindarico di Reznikov ha ipotizzato che l’annuncio fosse “più un grido di battaglia che un piano concreto per una controffensiva”.
La regione costiera ucraina di Kherson, conquistata nei primi giorni della guerra, controlla il canale che fornisce acqua dolce alla Crimea. Da quando con un referendum conclusosi con una plebiscitaria maggioranza gli abitanti della penisola hanno preferito unirsi alla Russia piuttosto che languire nello Stato fallito creatosi col golpe del Maidan istigato dall’Amministrazione Obama, Mosca doveva rifornirla di cisterne d’acqua potabile ed irrigua. L’operazione militare speciale ha risolto questo problema, riallacciando la Crimea con la rete idrica di Kherson, ormai saldamente presidiata dall’Armata Russa.
La Russia ha precedentemente segnalato che intende rimanere nell’area. “La Russia è qui per sempre. Non ci dovrebbero essere dubbi su questo. Non ci sarà alcun ritorno al passato”, ha detto a maggio Andrey Turchak, un politico dl spicco nel partito Russia Unita del presidente Vladimir Putin.
Sorvolando su genesi e finalità delle improvvide dichiarazioni di Reznikov, le si può tuttavia usare come spunto per rendersi conto di quanto il conflitto russo-ucraino ormai stia marciando su un binario senza scambi o intersezioni, che porterà, a meno di incredibili (e improbabili) escalation, a uno ed un solo risultato. La completa distruzione dell’apparato militare di Kiev e della capacità ucraina di minacciare militarmente Mosca. Il che, se ci si pensa, 4 esattamente quanto dichiarato nel suo discorso di fine febbraio dal leader russo Vladimir Putin quando parlava di “demilitarizzazione dell’Ucraina”.
Non crediamo che in Occidente, complice ovviamente il diluvio di notizie tendenziose, distorte, manipolate, quando non semplicemente e puramente false, ci si sia resi conto, all’inizio dell’operazione militare voluta dal Cremlino, di che genere di compito titanico si trattasse.
Proveremo qui di seguito a spiegarlo, con l’aiuto di qualche dato facilmente verificabile e controllabile.
Il colpo di stato del Maidan del 2014 venne ordinato dalla Casa Bianca con una serie di obiettivi molto variegati, alcuni si riallacciavano alle politiche di ‘contenimento dell’URSS’ di era Brezinskiana, altri erano a queste collegate ma si inserivano nel solco della tentata ‘jugoslavizzazione’ dello spazio russo tentata negli anni ’90 sotto le amministrazioni Clinton, altri ancora erano legati all’aggressione alla Repubblica Araba Siriana e al tentativo di negare al Presidente Assad gli aiuti militari che la Russia imbarcava nella sua base navale in leasing a Sebastopoli e inviava via Mar Nero e Mediterraneo ai porti di Tartous e Latakia.
Per sgretolare lo spazio di sicurezza russo, l’Ucraina doveva essere messa in mano a una junta paranazista che idolatrasse Stepan Bandera e i collaborazionisti dell’UPA e della Waffen-SS Gren. Div. 14 “Galizien” esattamente come nei Paesi Baltici vengono onorati e idolatrati i massacratori delle unità collaborazioniste di Kaminski (gente così sanguinaria e brutale che arrivò a provocare la riprovazione, persino delle altre SS).
Questa “junta” doveva essere armata, armatissima, in otto anni (2014-22) l’Ucraina si trovò a ospitare la “Madre di Tutte le Armate per Procura”, una forza di oltre seicentomila uomini (tra esercito regolare e milizie ideologizzate con tanto di ‘rune’, ‘soli neri’ e altri simboli paranazisti) in possesso di 2596 carri armati da battaglia (l’Intero Esercito Italiano ne possiede 200), 12303 blindati cingolati e ruotati (Esercito Italiano e British Army, insieme, ne possiedono duemila di meno), 1060 unità di artiglieria mobile (il triplo di quanto ne posseggano, insieme, Bundeswehr, Armee de Terre, Esercito Italiano e British Army), 2040 complessi di artiglieria tradizionale (1700 in più degli eserciti tedesco, francese, italiano e inglese, combinati), 500 lanciarazzi multipli (il quadruplo di quanto ne posseggano, insieme, D, FRA, I e UK).
Affinché Mosca possa dire raggiunto il suo obiettivo i tre quarti di questa forza armata devono venire distrutti e messi in condizione di non nuocere. Finora gli Ucraini hanno subito tra le 100mila e le 150mila perdite (tra morti, feriti, dispersi e catturati) ma, ancora più importante, la situazione degli armamenti è completamente crollata a favore delle forze russe e delle milizie delle Repubbliche Popolari di Doneçk e Luhansk e non vi sono modi o maniere tramite cui i Paesi NATO possano riportarla a favore dei propri ‘ascari’.
Ci si chiederà con quali artifici, con quali tecniche, con quali manovre le forze russe, insieme alle unità di civili in armi (seppure induriti e resi veterani da otto anni di lotta per la sopravvivenza) delle Repubbliche Popolari siano riuscite a realizzare ciò. La risposta a tale quesito sarà il fulcro e il nocciolo del prossimo articolo di questa serie.