
Immediatamente dopo il risultato del voto di domenica, che ha sancito la consacrazione del Movimento Cinquestelle come primo partito, sono partite le prime considerazioni dei politici, ma soprattutto di opinionisti e giornalisti.
L’analisi del voto, prassi che ad ogni tornata elettorale giustamente occupa uno spazio molto ampio all’interno di telegiornali e talk show politici, stavolta si è incentrata su ragionamenti di tipo sociologico tutt’altro che complessi, anzi spesso potremmo dire rosicanti.
Perché le elezioni di domenica hanno sancito più di un vincitore e più di uno sconfitto. Al di là della sconfitta di Renzi che manda in crisi nera il PD, anche il centrodestra si sente defraudato dei voti che gli italiani hanno dato al Cinquestelle, in particolare al Sud. E allora ecco che mentre per la sinistra il nord leghista è pieno di evasori che non vogliono pagare di tasse e premiano i programmi a deficit o considerati irrealizzabili come quelli di Salvini sulla flat tax, per i leghisti il sud vota Movimento Cinquestelle perché pretende di ricevere i soldi a casa senza lavorare.
In realtà proprio questo pregiudizio di certa Italietta piccola piccola e spesso antipopolare unita all’incapacità da vent’anni a questa parte di mettere il nostro paese sulla strada giusta, dopo aver perso quel benessere che si incominciava a percepire durante gli anni Ottanta è già sufficiente come motivo per votare un partito nuovo, invece del solito vecchiume da Seconda Repubblica incompiuta.
Ma non solo le considerazioni di natura politica smentiscono certe illazioni da rosiconi, anche i numeri se analizzati bene e non come fanno certi giornalisti ci dicono ben altro rispetto ad uno scontro Nord-Sud o a un desiderio di nullafacenza. In primis in questi giorni sono circolate cartine dell’Italia nel quale si coloravano i collegi dell’Italia elettorale con la tinta corrispondente al primo partito/coalizione di quel collegio.

Cartine come questa che analizzano il primo partito di ogni collegio uninominale ha dato vita a delle speculazioni di tipo sociologico e politico da parte di molti, i quali hanno voluto far passare il messaggio di un Cinquestelle di estrazione meridionale. Se fuor di dubbio parliamo di un partito a trazione meridionale, il Cinquestelle ha raggiunto risultati che spesso sono inferiori soltanto a quelli della Lega al Nord, ed è addirittura primo partito se non consideriamo le coalizioni.
In Piemonte 1, il M5S ha strappato al PD la medaglia di primo partito pochi decimali: 28,54% a 28,06%, in Piemonte 2 il Cinquestelle è secondo a due punti di distanza dalla Lega: 26,33% 24,27%. In Liguria i grillini superano il PD di ben sei punti (30 a 24), mentre la Lega è addirittura terza. In Lombardia invece, la Lega la fa da padrone, ma in tutte e 4 le circoscrizioni il M5S mantiene percentuali superiori al 20%, tranne nel bergamasco e nel bresciano, che sono naturali feudi leghisti. Anche in trentino, se si esclude il partito tirolese, il Movimento è primo partito di poco sopra il 19%. Nel Veneto dopo il consolidato dominio leghista è sempre il Movimento a farla da padrone sempre con percentuali oltre il 20%, in Friuli la differenza tra Lega e Movimento è di un punto percentuale, i grillini sono anche nell’estremo oriente italiano secondo partito. Infine l’Emilia vede il M5S addirittura primo partito come in Liguria, nonostante le due coalizioni di centrodestra e centrosinistra siano arrivate davanti a agli uomini di Di Maio.
Stiamo parlando dunque di un partito che a differenza di cinque anni fa è ormai radicato dappertutto e prende milioni di voti, spesso piazzandosi al primo posto nelle regioni del nord. Quello che fa la differenza nel Meridione è che i partiti della Seconda Repubblica al sud si sono sfaldati già da un pezzo. Il PD in Campania da anni vive una crisi profonda con scandali infiniti tra primarie e vicende giudiziarie ed è ciò che ha permesso l’elezione e la riconferma di De Magistris come sindaco di Napoli, con un PD che addirittura è arrivato terzo alle scorse municipali. Al sud Lega a parte le destre restano in calo, chi vive al sud sa bene che mentre al nord le destre possono aver amministrato bene diverse città e regioni, da quelle parti il voto è spesso voto di scambio che specula sui problemi cronici di questa parte d’Italia. Non a caso Forza Italia ha preso attorno al 20% in Sicilia e in Calabria, ma nelle regioni del centro-nord ha faticato.
Analizzando infine i dati sul voto per classe sociale si può fare ulteriore chiarezza.
Stando a un sondaggio dell’IPSOS per il corriere della sera, eseguito lo scorso gennaio, il 40% degli operai aventi diritto al voto preferirebbe il Cinquestelle, mentre i disoccupati votano in maggioranza la coalizione di centrodestra che riceve il 37,6% di voti da questo segmento sociale contro i 27,5% del Movimento. Grande successo il Cinquestelle lo ha inoltre tra gli impiegati, che votano per il 33% grillino, cioè sono il primo partito in questo segmento sociale. In generale comunque si può dire che pensionati a parte il Movimento pesca bene in ogni strato sociale, compresi imprenditori e autonomi, segmenti che preferiscono di più il centrodestra, ma non di molto. Un sondaggio che quindi smentisce immediatamente i soliti insulti gratuiti verso il meridione e anzi sembra che il reddito di cittadinanza non sia nemmeno il problema principale, è anzi chiaro che molti italiani sono passati da PD a Cinquestelle soprattutto sul discorso del lavoro.
Il movimento di Grillo e Casaleggio è percepito come un movimento che difende maggiormente i lavoratori e piccole imprese, in modo non dissimile dalla Lega stessa. È la stessa ideologia dell’onestà, che noi troviamo non corretta, dà a molti italiani l’impressione che il Cinquestelle stia dalla parte di coloro che in questi vent’anni hanno sofferto le politiche europeiste e liberiste della Seconda Repubblica. Una classe dirigente seria e dei giornalisti seri, invece di insultare con giri di parole il sud dovrebbero avviare una profonda riflessione sugli ultimi 30 anni di repubblica.