La Cina si è accordata col governo di Gibuti per installare una base navale nel paese, situato nel Corno d’Africa. Per la Cina si tratta della sua prima base all’estero. Ufficialmente lo scopo è quello di avere un supporto logistico per rendere più efficienti la flotta cinese che partecipa alla missione internazionale antipirateria. Tuttavia, come ha notato Stratfor (Agenzia di sicurezza nonché think tank molto legato all’establishment americano) Pechino finora ha partecipato a tali missioni senza che la mancanza di basi creasse problemi di sorta.
È quindi evidente che l base navale a Gibuti servirà anche ad altri scopi.
Innanzitutto, avere basi all’estero permette di proiettare a enormi distanze la potenza, militare ma anche diplomatica, di un paese. Ovviamente, non avendo Pechino altre basi, e distando questa quasi 8000 chilometri dalla Cina, dovranno comunque continuare a basarsi sulle navi da rifornimento. In effetti, la Cina è il secondo paese al mondo, il primo sono gli USA, per numero di navi di questo tipo. In generale, la flotta cinese è cresciuta moltissimo negli ultimi anni, indice chiarissimo della volontà, da parte di Pechino, di reclamare il proprio posto al tavolo delle Grandi Potenze.
La Cina ha numerosi interessi in Africa, realizzati in decenni di trattative, accordi commerciali, missioni di pace, e sostegno allo sviluppo; la base di Gibuti servirà (anche) a difendere tali interessi, oltre a permettere a Pechino di proiettare meglio la propria forza navale nell’Oceano Indiano.
Oltre a ciò, tale base permette di mettere un piede in Medioriente, cosa fondamentale dato che:
1) La Cina è affamata di petrolio e di gas naturale, di cui è fra i primissimi importatori. E il Medioriente è molto ricco di tali risorse. Non che la Cina intenda predarli: non è nello stile di Pechino. Tuttavia, visto come sono andati (letteralmente) in fumo gli interessi italiani e russi a seguito della distruzione della Libia e l’uccisione di Gheddafi, i cinesi avrebbero mille ragioni per essere preoccupati e per voler tutelare i propri interessi anche con mezzi militari.
2) Gli americani, diciamo a partire dalla seconda invasione dell’Iraq, hanno smesso di essere una forza sopratutto stabilizzatrice (per quanto nefasta per la sovranità di molti paesi, Italia compresa) in Medioriente, per assumere il ruolo di destabilizzatori in servizio permanente. Ricordate la «distruzione creativa» di cui si vantava Bush Junior? Non è un caso che, con l’avvento di Bush e Ramsfeld (il teorico degli eserciti «leggeri») si sia passati da un esercito stile Guerra Fredda, incentrato sui carri armati e vaste unità di fanteria e di mezzi di supporto (ottimo per vincere le battaglie campali, ma soggetto a pesantissimi attriti durante la fase di guerriglia che inevitabilmente seguiva alla vittoria, es. in Afghanistan o in Iraq) a uno con sempre più ampi settori affidati ai «contractor» (mercenari, per dirla in modo chiaro) fino ad arrivare alle guerre per procura di Obama, che ha rispolverato il vecchio cavallo di battaglia di Brzezinski, il cui maggiore successo fu la trappola afghana nella quale fece impantanare l’esercito sovietico.
Con Obama si ritorna all’antico anche per via dell’uso ormai intensivo delle «Primavere» i cui primi esperimenti vennero effettuati in Ungheria nel ‘56 e a Praga nel ‘68. Con la cosiddetta Primavera Araba, e l’uccisione di Gheddafi (in cui il ruolo occidentale fu comunque decisivo, ma limitato nei tempi e nei modi di esecuzione) la gran parte del Nord Africa e del Medioeriente viene destabilizzata, compresa appunto la Libia e la Siria.
Questo cambiamento di atteggiamento è legato anche al fatto che gli americani contano di affrancarsi almeno in parte dalla dipendenza dal petrolio e dal gas, grazie allo shale, e quindi hanno molto meno bisogno di importare dai paesi Mediorientali. Di conseguenza, possono destabilizzare l’intera aerea come mai prima di ora.
Ecco quindi che una presenza cinese servirebbe a controbilanciare questi influssi distruttivi.
3) Permette ai cinesi di supportare i governi amici in Africa e Medioriente, oltre alla Russia, importante partner strategico di Pechino
In effetti, Roma non divenne un vero impero finché non si dotò di una flotta superlativa che prima, durante la Prima Guerra Punica, le permise di raggiungere i cartaginesi nelle loro piazzeforti marine, poi, nella Seconda, di sbarcare in Africa e assediare Cartagine. Di lì in poi, Roma espanse la propria influenza e trasformò il Mediterraneo in un lago romano. La Cina era già potente prima, ma solo in difesa, dato che la sua era una flotta costiera. Negli ultimi anni, invece, l’ha trasformata in una flotta oceanica. Ovviamente, per proiettare la sua forza navale, occorrono tre cose:
1) Una forza navale adeguata e diversificata
2) Delle basi navali all’estero situate in punti strategici che permettano è i rapido controllo di certi punti chiave (es. Gibuti permette di controllare il Golfo di Aden e il Mar Rosso, oltre ad agevolare la proiezione nell’Oceano Indiano).
3) Delle stazioni di rifornimento intermedie o, in caso, un gran numero di navi per il rifornimento. Per la Cina vale il secondo caso, come già detto.
I prossimi decenni vedranno di certo una continua ascesa della Cina, sia in ambito economico che strategico-militare e diplomatico.