Se la crisi politica in Macedonia, nata a causa delle pubblicazioni da parte del leader del partito d’opposizione socialdemocratico SDSM Zoran Zaev, sembra essere ormai al capolinea, grazie all’annuncio delle dimissioni del Primo Ministro Nikola Gruevski e la costituzione di un governo tecnico che guidi il Paese alle elezioni anticipate che, secondo gli accordi, dovrebbero sostenersi nel prossimo aprile, rimangono tuttavia irrisolte una serie di problematiche, interne ed estere.

Dichiaratasi indipendente dalla Jugoslavia nel 1991 senza alcuno spargimento di sangue, giacché gli interessi per la piccola Repubblica di Macedonia erano subordinati a quelli territoriali, etnici ed economici verso la Croazia e la Bosnia-Erzegovina, il Paese ha conosciuto la sua prima guerra nel 2001, quando le forze di polizia e militari macedoni si sono scontrate con membri dell’UÇK, l’Esercito di Liberazione Nazionale (parente prossimo del ben più noto omonimo UÇK, l’Esercito di Liberazione del Kosovo) della popolazione kosovara che, oltre a chiedere una maggiore possibilità di partecipazione della popolazione di etnia albanese alla vita pubblica e politica, non manca mai di mostrare interesse per l’annessione delle zone limitrofe alle città settentrionali di Gostivar, Tetovo e della più nota Kumanovo, oggetto di un attacco terroristico da parte di un commando albanese nello scorso maggio, che ha riportato le tensioni interetniche a un livello più preoccupante. A questa situazione già destabilizzante bisogna aggiungere la condizione economica assolutamente non positiva in cui si trova il Paese che non è derivata dalla crisi finanziaria che ha colpito il mondo intero, bensì da criticità strutturali con le quali la Macedonia vive dal giorno della sua indipendenza.

Se l’accesso all’Unione Europea e alla Nato viene precluso dal veto greco a causa della disputa sul nome Macedonia, dove il vicino greco sottolinea che la regione storica della Macedonia non ha alcuna correlazione con la popolazione slava abitante lì e che la denominazione rischia solo di provocare sentimenti nazionalisti e irredentisti verso la regione greca, l’economia non pare andare a gonfie vele: anzi, tutt’altro. Con la disoccupazione che si attesta al 27,60% (nell’area balcanica è inferiore solo al Kosovo, 30%, e alla Bosnia-Erzegovina, 43,60%), raggiungendo soglie preoccupanti per quanto riguarda la disoccupazione giovanile, mentre la popolazione che vive sotto la soglia di povertà è circa un terzo della popolazione totale, ossia circa 600.000 persone. Nel mentre, il governo guidato dal partito nazionalista VMRO-DPMNE e dal suo leader Nikola Gruevski, ha preferito investire circa 500 milioni di euro nella realizzazione di monumenti con la speranza di rinsaldare il nazionalismo nella popolazione macedone, come riporta il report dell’Institute of Social Sciences and Humanities di Skopje. Soldi che si potevano investire in altri settori ben più cruciali.

Ma la causa di tutto ciò non può essere solo ed esclusivamente il Primo Ministro, dimissionario nei prossimi mesi, Gruevski. È dal 1991 che la Macedonia sta affrontando numerose difficoltà sul versante della stabilizzazione, sia dal punto di vista interno che estero.

Il Paese è anche interessato da una forte emigrazione anche verso il nostro Paese, soprattutto nel Basso Piemonte. Ma spesso gli emigranti passano dalla padella alla brace, a causa proprio dei loro stessi connazionali. Come riporta Slow Wine, il periodico di Slow Food, nelle Langhe si è costituito un sistema di “caporalato” dove lavoratori macedoni vengono reclutati e sfruttati, per tre euro all’ora, da loro connazionali. Nel mentre, la Macedonia è attualmente attraversata da forti flussi migratori, quelli che l’agenzia europea Frontex chiama Western Balkan Route che, attualmente, ha superato per quest’anno i flussi marittimi attirano sicuramente di più l’opinione pubblica nostrana. Migranti che, passando per la Macedonia e la Serbia, cercando di entrare in Ungheria al fine di sfruttare gli Accordi di Dublino in materia di immigrazione clandestina.

Edoardo Corradi