In un comunicato stampa di qualche giorno fa, la Commissione Europea ha annunciato di avere avviato una “procedura d’infrazione contro l’Austria per l’applicazione della legge sulla lotta contro il dumping sociale e salariale nel settore dei trasporti stradali”.

Vienna ha la grave “colpa” di adottare delle misure di protezione del lavoro e dei salari che la Commissione Europea ritiene “un limite al mercato interno dell’Unione Europea”.

I padroni richiamano all’ordine i propri sottoposti per aver deviato dall’ortodossia iperliberista, vera e sola radice valoriale di questa UE.

La massima istituzione della UE, ha così motivato la procedura d’infrazione: “Pur sostenendo appieno il principio del salario minimo nazionale, la Commissione Europea ritiene che l’applicazione della legge austriaca a tutti i settori di trasporto internazionale che comportano un carico e/o uno scarico sul territorio austriaco rappresenti una restrizione spropositata al libero esercizio dei servizi e alla libera circolazione delle merci”.

“Restrizione spropositata”, avete letto bene.

Lo scorso 31 gennaio i ministri dei trasporti di Germania, Austria, Belgio, Danimarca, Francia, Italia, Lussemburgo, Norvegia e Svezia) avevano firmato una “Alleanza per l’Autotrasporto” per lottare contro la concorrenza sleale nel settore dei trasporti principalmente di Polonia, Bulgaria e Lituania.

Varsavia, sostenuta da altri dieci paesi, aveva protestato contro la “regolamentazione spropositata” imposta dalla Francia e dalla Germania in materia di salario minimo e la Commissione le aveva dato ragione.

La Commissione Europea, facendo leva sui trattati, interferisce ancora una volta negli affari interni di un paese e pretende il cambiamento di una legge ritenuta non in linea con i suoi dettami.

Vienna, che sta solo cercando di proteggere la salute, la dignità, i diritti e le tasche dei propri camionisti dalla pressione salariale e sociale al ribasso imposta dalla libera circolazione dei servizi e delle merci, subisce la ritorsione di Bruxelles.

Il “burocratese” stretto della nota non ne muta la sostanza: “Dopo uno scambio di informazioni con le autorità austriache e un’approfondita analisi giuridica delle misure adottate dall’Austria”, la Commissione Europea “ha deciso di inviare una lettera di diffida. Le autorità austriache hanno da oggi due mesi di tempo per rispondere agli argomenti presentati dalla Commissione nella sua lettera”.

E ancora: “in quanto custode dei trattati (la Commissione) deve […] vigilare affinché le misure legislative nazionali siano pienamente compatibili con il diritto dell’Unione Europea, e in particolare con la direttiva sul distacco dei lavoratori (direttiva 96/71/CE), con le prerogative in materia di trasporti, le libertà garantite dai trattati e specialmente il principio di libera circolazione dei servizi e delle merci, nonché con il principio di proporzionalità”.

I quattro pilastri della libera circolazione (capitali, merci, servizi e manodopera) e le loro ricadute sociali ed economiche, non sono in alcun modo negoziabili.

Il caso Austria dovrebbe dimostrare che quest’Europa, così com’è stata strutturata, non è riformabile, anche perché qualsiasi modifica dei trattati europei richiede l’unanimità dei paesi membri (art.48 del Trattato di Maastricht). Pura utopia.

Un’altra Europa può esistere: fuori da questa UE.