Due importanti avvenimenti hanno avuto luogo ad inizio aprile in Finlandia: il giorno 2, si sono svolte le elezioni legislative, mentre il 4 il Paese è ufficialmente divenuto il trentesimo membro della NATO. Una settimana rocambolesca, dunque, per il primo ministro socialdemocratico Sanna Marin, grande artefice della linea atlantista e novella donna simbolo della sinistra fucsia europea, ma allo stesso tempo punita alle urne, dove ha subito una sonante sconfitta da parte delle formazioni di destra.
A vincere le legislative è stata infatti il partito della Coalizione Nazionale (Kansallinen Kokoomus) di Petteri Orpo, compagine liberale e conservatrice, che ha conquistato il 20,8% delle preferenze e 48 dei 200 seggi che compongono l’emiciclo di Helsinki, denominato Suomen Eduskunta. La destra moderata precede di poco quella estremista del partito nazionalista Veri Finlandesi (Perussuomalaiset), guidato da Riika Purra, che per la prima volta nella storia ha superato la soglia dei venti punti percentuali (20,1%), eleggendo 46 deputati. Sebbene le contrattazioni per la formazione del nuovo governo si annunciano lunghe e tortuose, queste due formazioni sembrano candidate a guidare il nuovo esecutivo, anche se dovranno trovare il sostegno di partiti minori al fine di raggiungere la maggioranza.
In questa duplice vittoria della destra, il Partito Socialdemocratico di Finlandia (Suomen Sosialidemokraattinen Puolue) non va oltre il terzo posto, anche se il distacco in termini di preferenze è minimo. Paradossalmente, infatti, la formazione di Sanna Marin ha aumentato i suoi consensi rispetto alla vittoria del 2019, ma questa volta il 19,9% dei consensi e i 43 deputati eletti non risultano sufficienti per la vittoria.
In calo, invece, tutte le altre formazioni, a partire dal partito del Centro Finlandese (Suomen Keskusta), che elegge 23 deputati con l’11,3% delle preferenze. Soprattutto, a pagare lo scotto delle scelte guerrafondaie del governo Marin sono i suoi alleati di sinistra, ovvero gli ecologisti della Lega Verde (Vihreä Liitto) e l’Alleanza di Sinistra (Vasemmistoliitto), nata dall’unione di diverse forze, tra le quali il Partito Comunista di Finlandia (Suomen Kommunistinen Puolue). Gli ecologisti passano infatti da venti a tredici seggi, con il 7% delle preferenze, mentre la sinistra perde cinque scranni ed elegge solo undici deputati, nonostante abbia ricevuto qualche voto in più (7,1%).
A completare il novero delle formazioni che compongono il parlamento finlandese troviamo i nove deputati del Partito Popolare Svedese di Finlandia (Svenska folkpartiet i Finland), la formazione che difende gli interessi della minoranza svedese, i cinque dei Cristiano-Democratici di Finlandia (Suomen Kristillisdemokraatit) e l’unico deputato eletto dalla nuova formazione liberista Movimento Adesso (Liike Nyt), fuoriuscita dalla Coalizione Nazionale, oltre al rappresentante dell’arcipelago delle isole Åland.
Due giorni dopo le elezioni, come detto, la Finlandia è ufficialmente diventata il trentesimo membro della NATO. Una mossa chiaramente volta ad inserire un’altra spina nel fianco della Federazione Russa, nonostante le dichiarazioni rassicuranti del presidente Sauli Niinistö: “L’adesione della Finlandia [alla NATO] non è mirata contro nessuno. Né cambia il fondamento o gli obiettivi della politica estera e di sicurezza della Finlandia. La Finlandia è un Paese nordico stabile e prevedibile che cerca la risoluzione pacifica delle controversie. I principi e i valori che sono importanti per la Finlandia continueranno a guidare la nostra politica estera anche in futuro”, ha dichiarato il settantaquattrenne capo di Stato. Tuttavia, Niinisto si è smentito da solo affermando che l’adesione di Helsinki al blocco atlantista ha posto fine “all’era del non allineamento militare” nella storia della Finlandia, iniziata dopo la seconda guerra mondiale, e sottolineando che l’adesione della Finlandia alla NATO “non è completa senza quella della Svezia”, ancora in attesa di essere confermata per via del veto della Turchia.
Le contraddizioni della scelta finlandese sono state sottolineate dal vice ministro degli Esteri della Federazione Russa, Sergej Rjabkov, secondo il quale “la sicurezza di questi Paesi nordici non aumenterà, ma piuttosto diminuirà a causa della loro adesione alla NATO”. Il diplomatico russo, intervistato dalla rete televisiva Rossija-24, ha affermato che Mosca adotterà misure compensative nella sfera tecnico-militare: “Tutto sarà adattato all’ambiente che cambia”, ha detto. “Qualsiasi minaccia dal fianco settentrionale verso di noi sarà respinta”. Secondo Rjabkov, la Finlandia e la Svezia sono state vittime della “frenesia russofobica” e non sono riuscite a mettere i propri interessi davanti a quelli dell’Occidente collettivo a guida statunitense.
Konstantin Kosačev, deputato del partito Russia Unita, ha ribadito il punto di vista di Rjabkov, affermando che la mossa della Finlandia aumenterà la sicurezza dell’Europa, visto che una causa chiave del conflitto in Ucraina è legata alla NATO: “Il confine della Russia con la NATO raddoppierà, il che inevitabilmente aumenterà ai rischi di incidenti pericolosi. E questi non saranno incidenti russo-finlandesi, ma piuttosto cause di escalation tra potenze nucleari”. Il legislatore ha tuttavia sottolineato che la Finlandia non ha motivo di sentirsi minacciata dalla Russia, in quanto si tratta si un caso diverso rispetto a quello dell’Ucraina: “La Finlandia non ha praticato il genocidio dei russi. Non ha pianificato di impadronirsi dei territori russi con la forza. Non aveva armi nucleari o qualsiasi altra cosa che potesse sollevare preoccupazioni per la Russia. Allora perché Helsinki ha ‘importato’ una minaccia strategica? Il motivo è abbastanza semplice: fare un dispetto alla Russia. L’approvazione pubblica di questo atto sconsiderato è avvenuta nel mezzo di una campagna di crescente sentimento anti-russo”.
L’adesione della Finlandia alla NATO conferma dunque il progetto espansionista dell’imperialismo atlantista statunitense, che contemporaneamente sta causando un aumento delle tensioni tanto in Europa quanto nella regione dell’Asia-Pacifico, aumentando le tensioni tra Taiwan e la Cina continentale e tra le due Coree, nonché propiziando il riarmo del Giappone. Di fronte al pericolo di perdere il suo ruolo di prima potenza mondiale, gli Stati Uniti stanno rischiando di provocare un nuovo conflitto globale, dimostrando come sia l’esistenza stessa della NATO a mettere a repentaglio la pace in Europa e nel mondo.