
L’approccio del nuovo governo italiano in politica estera, su tutti una rinnovata alleanza strategica con gli Stati Uniti e l’intransigenza in tema di immigrazione e lotta al traffico di esseri umani, sta provocando un profondo rimescolamento degli equilibri politici all’interno dell’Unione Europea. Con conseguenze anche sulla politica interna della Germania, come si è visto nel caso del ministro degli interni Seehofer che nei giorni scorsi aveva minacciato di dimettersi in polemica con le politiche migratorie troppo permissive del governo Merkel.
Dopo aver salvato la tenuta del governo, la cancelliera tedesca ha ora l’esigenza di mediare tra le opposte pretese dei Paesi mediterranei, i quali auspicano il superamento del “Trattato di Dublino” e l’instaurazione di meccanismi di redistribuzione dei migranti tra tutti gli Stati membri dell’Ue, e dei Paesi del gruppo di Visegrad (Polonia, Repubblica Ceca, Repubblica Slovacca, Ungheria) più l’Austria, i quali non vogliono neppure sentir parlare di quote redistributive.
L’impellenza della Germania di salvare l’Unione Europea (è in gioco lo stesso trattato di Schengen) potrebbe addirittura spingerla a favorire la nascita di un inedito asse Berlino-Vienna-Roma, impensabile appena un mese e mezzo fa, quando l’ambasciatore italiano in Germania inviò una nota a Der Spiegel, all’indomani della pubblicazione, da parte del settimanale tedesco, di una copertina provocatoria ed irrispettosa nei confronti dell’Italia.
Conscia del fatto che un respingimento dei migranti dalla Germania all’Austria provocherebbe una misura analoga dell’Austria nei confronti dell’Italia, con Vienna che ha già minacciato di chiudere il valico del Brennero, il che rallenterebbe il cruciale traffico commerciale su quella direttrice con nuovi controlli doganali, Angela Merkel avrebbe pertanto tutto l’interesse a pervenire ad un giusto compromesso con Austria e Italia su un tema così rilevante.
Intanto il cancelliere austriaco Sebastian Kurz ha già dichiarato che giovedì 12 luglio ad Innsbruck i ministri degli Interni di Berlino, Vienna e Roma “si vedranno per lavorare insieme alla chiusura della rotta del Mediterraneo”, mentre Salvini e Seehofer si incontreranno anche il giorno prima del vertice.
Nell’attesa di verificare se alle parole seguiranno i fatti, vanno constatati diversi segnali di mutamento di prospettiva della Germania in politica estera, volta più al pragmatismo ed al realismo politico piuttosto che alla solita intransigenza frutto di un idealismo esasperato.
La questione migratoria, in effetti, è solo la punta dell’iceberg dei problemi che Berlino deve affrontare in sede di politica estera, dove sono in gioco il ruolo e l’identità stessa della Germania sulla scacchiera internazionale, non solo europea: Brexit, crisi dell’euro, riforma delle istituzioni europee (esercito comune compreso), Ucraina, Turchia, guerra commerciale con gli Stati Uniti, rapporti con Russia, Cina, Iran, tutti i nodi vengono al pettine in un Paese, da sempre gigante economico e nano politico, finora incapace di esercitare compiutamente il ruolo di Stato egemone, ovvero di far partecipare al proprio benessere la propria sfera d’influenza.
La miopia con la quale la Germania ha gestito la leadership continentale ha determinato, o accentuato, le attuali asimmetrie e divergenze interne all’Ue, sempre più profonde e difficili da colmare, inevitabili conseguenze della stessa architettura europea, ma potrebbe non essere troppo tardi per rimediare e riscattarsi, anche se gli eventi si susseguono ad un ritmo sempre più serrato.
Il dinamismo di Macron, intenzionato a riformare l’Unione Europea ad immagine e somiglianza della Francia, con la benedizione e l’appoggio di Trump, il quale, secondo il Washington Post, nel vertice di fine aprile alla Casa Bianca avrebbe addirittura offerto al presidente transalpino un conveniente trattato bilaterale in cambio dell’uscita dall’Ue, rappresenta una minaccia esistenziale per Berlino.
Washington infatti non può più tollerare il mastodontico surplus commerciale tedesco, oltre che l’aggiramento delle sanzioni antirusse da parte di Berlino, che con la Russia continua a stringere accordi commerciali, su tutti il North Stream 2, e se la Germania non dovesse più rispondere positivamente ai desiderata della Casa Bianca, quest’ultima potrebbe pertanto favorire un cambio di leadership nel Vecchio Continente, con la Francia pronta a subentrare alla Germania, a conferma della reale attuale inesistenza dell’asse franco-tedesco.
Per controbilanciare il sostegno di Washington a Parigi e tutelarsi da una probabile “hard brexit”, la quale penalizzerebbe notevolmente le esportazioni tedesche verso il Regno Unito, alla Germania non resterebbe che tentare di portare dalla propria parte il gruppo di Visegrad, costruire un asse con Austria e Italia per proiettare influenza geopolitica nel Mediterraneo, anche al fine di controbilanciare il rinnovato attivismo della Francia nel Sahel e più in generale in tutta la Françafrique (dove la presenza militare francese sarebbe parte di una strategia più ampia volta non già al contrasto del terrorismo islamico ed al controllo dei flussi migratori, ma bensì al raggiungimento di un più elevato controllo economico e politico di quei territori) e far ripartire la Ostpolitik, la politica verso est, cercando di instaurare nuovi proficui rapporti con la Russia.
Ma il tempo stringe: il 16 luglio Donald Trump e Vladimir Putin si incontreranno a Helsinki per discutere soprattutto di Siria, Iran e Medio Oriente, ma anche di Ucraina e Unione Europea, e il grande sconfitto di questo vertice bilaterale potrebbe risultare proprio la Germania, che rischia di rimanere schiacciata tra le due superpotenze.
La Germania vive il più profondo isolamento sullo scenario internazionale dalla fine della Seconda Guerra Mondiale ed è ora davanti ad un bivio decisivo: proseguire su una strada che ha già dimostrato mancare di lungimiranza ed ampio respiro oppure tentare un radicale cambio di paradigma. Che fare? Gli avvenimenti delle prossime settimane, o forse dei prossimi giorni, riveleranno la risposta a questa ricorrente ed ineludibile domanda.