Il 24 febbraio, la Russia ha dato inizio ad un’operazione speciale volta alla denazificazione e alla smilitarizzazione dell’Ucraina. Oggi andremo a esaminare un aspetto del regime ucraino sapientemente taciuto dai media occidentali, ovvero il sito ucraino Myrotvorets e le conseguenze che esso potrebbe avere sulla sicurezza degli stessi cittadini europei.

Myrotvorets (che ironicamente si traduce in inglese come “peacemaker”, ovvero “pacificatore”) è un sito governativo ucraino in cui sono letteralmente schedate moltissime persone di diverse nazionalità: vi si trovano i loro nomi e cognomi, le loro foto e quante più informazioni dettagliate (talvolta persino i numeri dei loro passaporti, i loro indirizzi, le loro date di nascita e i loro luoghi di lavoro) gli ucraini siano riusciti a trovare. Si tratta di giornalisti, politici e attivisti che hanno come sola “colpa” quella di avere parlato in favore della Russia, di avere raccontato la verità, di avere visitato il Donbass o la Crimea, e che sono per questo considerati nemici e criminali dal governo ucraino.

Riportiamo di seguito la testimonianza di Adele (nome di fantasia, per proteggere la sua vera identità). Adele è cittadina di un paese dell’Unione Europea, ed è stata recentemente vittima di intimidazioni da parte ucraina.

Come e quando sei stata inserita nel sito Myrotvorets?

Sono stata inserita nel 2018, perché ho oltrepassato i confini della Russia per entrare nel Donbass “occupato” (parole dello stesso sito). Nel sito in questione è scritto nero su bianco per cosa mi condannano, ovvero mi condannano per aver scritto quello che vedevo con i miei occhi. Io sono andata nel Donbass solo come giornalista, e ho sempre e solo riportato ciò che ho visto. Gli ucraini non tolleravano e non tollerano che venga riportata la verità.

Raccontaci di ciò che è successo in questi giorni, anche in relazione ai social media.

Hanno tentato tre volte dal 20 febbraio di entrare nella mia pagina Facebook. Le altre volte hanno tentato il giorno 1 e il 4 marzo. Fortunatamente non ci sono riusciti, però Facebook ha iniziato a censurare tutte le notizie che postavo tratte dai media russi. Le etichettava come “fake news”.

Come sono iniziate le intimidazioni?

È da lunedì scorso (28 febbraio – ndr) che chiamano a casa mia tutti i giorni. Parlano in russo con accento ucraino. Chiedono di vari nomi femminili, aspettandosi che io dica loro il mio. Ma non lo farò, perché si tratta di una questione di sicurezza. Questo si può accidentalmente collegare con il fatto che una persona che ha un’associazione filo-russa nel mio paese ha postato pubblicamente sulla sua pagina Facebook, esattamente circa una settimana fa, un elogio nei miei confronti per essere andata direttamente nei luoghi di guerra per testimoniare la verità. Il fatto che questa persona abbia aggiunto su questo social che io compaio su quel sito ha probabilmente acceso la miccia, ha risvegliato l’interesse degli ucraini. Adesso ci sono molti ucraini che stanno entrando nel mio paese, e ora temo per me stessa e per la mia famiglia.

Adele ha riportato le violenze e gli attacchi dell’esercito ucraino contro la popolazione civile del Donbass. Il governo ucraino ha inserito Adele, come altri giornalisti di varie nazionalità che si dissociano dalla propaganda di regime ucraina e occidentale, nella “lista nera”.

Ricordiamo inoltre il fotoreporter italiano Andrea Rocchelli, ucciso nel maggio del 2014 dall’esercito ucraino mentre stava documentando la vita dei civili nel Donbass. Insieme a Rocchelli è stato ucciso anche il giornalista russo Andrej Mironov.

Nel 2017, le indagini sull’omicidio hanno portato all’arresto di Vitalij Markiv, militare della Guardia nazionale ucraina col grado di vice-comandante al momento dell’arresto e soldato semplice all’epoca dei fatti. Markiv, di cittadinanza italiana, è stato arrestato al momento del suo rientro in Italia ed è stato anche accusato dentro e fuori l’aula del tribunale di Pavia, dove si è svolto il processo, di simpatie neonaziste. In Ucraina, per contestarne l’arresto, gruppi di estrema destra avevano organizzato delle proteste di fronte all’Ambasciata italiana di Kiev.

Nel febbraio 2019, l’interprete che si occupava delle traduzioni dall’ucraino all’italiano, come le intercettazioni ambientali in carcere, ha rinunciato all’incarico. In seguito, una testimone ha dichiarato che il motivo della rinuncia da parte dell’interprete sarebbe stato il fatto che la donna fosse stata minacciata al telefono da un ignoto in ucraino, il quale le avrebbe chiesto di ritrattare le proprie traduzioni.

Nel luglio 2019, la corte penale di Pavia ha giudicato Markiv colpevole per concorso di colpa nell’omicidio di Rocchelli e Mironov, e l’ha condannato a 24 anni di carcere.

Nel novembre 2020, la Corte d’Assise d’appello di Milano, pur ritenendo colpevoli le forze armate ucraine dell’omicidio del fotoreporter e del giornalista, ha assolto Markiv per un vizio di forma processuale.

Sia Rocchelli che Mironov erano schedati sul sito Myrotvorets, che ha successivamente applicato ai loro profili la scritta “Liquidato”.

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Reporter di politica russa interna ed estera. Vive in Russia dal 2014.