La Grecia è da anni il simbolo della sofferenza provocata dall’austerità economica e dalla mancanza di sovranità. Le riforme strutturali imposte dalla Troika, condizione inderogabile per la concessione di prestiti, rientrano nel novero delle cause di tanto strazio della popolazione e sono l’emblema di una programmazione economica decisa a migliaia di chilometri dalla capitale greca, ignorando gli effetti deleteri sulla cittadinanza.

Da tempo Atene invoca un cambiamento che interrompa definitivamente l’indigenza e lo scarso potere economico, ridotto al lumicino da riforme sanguinolenti imposte da FMI, Banca Mondiale e BCE. Il risultato delle elezioni di Gennaio 2015 pare quantomeno aver messo in chiaro e lanciato un segnale di rottura con il passato recente. E’ un tentativo, quello di Tspiras e di Syriza, di guardarsi realisticamente intorno a 360 gradi per esplorare nuove soluzioni ed opportunità. Ripagare il dovuto e contemporaneamente crescere economicamente evitando di indebitarsi ulteriormente a tassi impossibili pare essere il ‘nuovo’ mantra Greco. Scegliere i mezzi con cui attivare un recupero finanziario è sempre l’ostacolo maggiore. Traghettare il paese fuori da una crisi endemica che dura oramai da dozzine di mesi è divenuto imperativo, altrettanto riuscirvi senza legarsi ad ulteriori riforme imposte dalla Troika con effetti zavorra per l’economia. La sfida più difficile per Syriza è affrontare questo compito con un pizzico di realismo che imponga di accettare la volontà dei greci poco inclini a rinunciare all’Euro o all’unione Europea. Occorre quindi bilanciare bene strategie ed obbiettivi. Tsipras, con molta diligenza, pare aver compreso questo aspetto e con uno sguardo al presente e un altro alle opportunità che vanno a delinearsi, ha iniziato a costruire contatti e relazioni precedentemente inesplorati.

Le tensioni tra l’Europa e la Russia hanno paradossalmente moltiplicato le opzioni per Atene in termini di ripresa economica. Volgere lo sguardo ad est è ora divenuta una prospettiva da esplorare a tutti i costi. Mosca mette a disposizione di Atene capitali e accordi strategici sull’energia, ma a differenza di Bruxelles non cerca rimborsi vantaggiosi o l’imposizione di riforme deleterie, ma bensì allargare il solco tra la capitale greca e la nomenclatura Europea. L’annullamento del South Stream, decisione unilaterale europea, ha portato ad un riassetto delle priorità strategiche in termini energetici per molti paesi tra cui sicuramente quello Ellenico. Il collegamento tra il “Turkish stream” e la Grecia è una prospettiva che sviluppata in maniera intelligente può di fatto creare una forte alternativa all’attuale rifornimento energetico e produrre un notevole risparmio di denaro. In altre parole, se un prestito monetario proveniente da Mosca risulta essere un’esplicita interferenza nelle politiche europee, altrettanto non si può dire in relazione al cambiamento delle infrastrutture energetiche, favorendo quelle provenienti dalla Turchia.

La tattica pianificata dal binomio Mosca-Atene è di facile comprensione: sfruttare il più possibile le convergenze comuni per ottenere negoziazioni favorevoli con le controparti occidentali su argomenti più delicati. Gli accordi energetici su cui molti contano a Mosca rischiano di fruttare dividendi importanti da spendere su altri scenari, Ucraina e relazioni tra UE-UEE (Unione Eurasiatica) in primis. Il nuovo corso Atenese getta le basi soprattutto per rilanciare con altrettanto vigore trattative più favorevoli con la Troika. L’alternativa, grazie alle concrete possibilità offerte dalla Russia, resta uno scenario da incubo per Bruxelles: un’uscita greca dall’Unione Europea e un ingresso nella sfera di influenza Russa con conseguenza imprevedibili per la tenuta dell’UE.

Federico Pieraccini